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Legalizzare sì. Liberalizzare no.

Cannabis in Parlamento

Legalizzare sì. Liberalizzare no. E’ il contenuto principale della proposta di legge che arriverà alla Camera lunedì 25 luglio, il cosiddetto “testo Giachetti”, ovvero il testo redatto da un gruppo trasversale di deputati e senatori coordinato dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova. Possibilità di tenere fino a 15gr di Cannabis senza il dovere di comunicare ad enti e autorità il possesso se si è in casa, fino a 5gr se si è fuori dalle mura domestiche. Possibilità sia di auto coltivazione fino a 5 piantine di sesso femminile sia di coltivazione in forma associata sul modello dei Cannabis Social Club spagnoli.

Quindi? Tutto bene? Non troppo. Infatti, sulla proposta di legge si è espressa anche la Direzione Nazionale Antimafia che se da un lato “esprime parere positivo per tutte le proposte di legge che mirano a legalizzare la coltivazione, la lavorazione e la vendita della Cannabis e dei suoi derivati” dall’altro specifica che “la legalizzazione, affinché sia davvero funzionale, deve mantenersi in binari chiari e pragmatici”. Quindi, legalizzazione sì, ma con tanti se e altrettanti ma. Andiamo ad analizzarli.

Prima di tutto, la questione della produzione. La DNA in proposito è molto precisa: “Appare sicuramente condivisibile l’idea di inquadrare la Cannabis tra i generi di Monopolio. Esiste una rete già nota, collaudata, sicura e conosciuta di rivenditori di generi di monopolio e non si vede perché non si possa ricorrere alla stessa. Appare, invece, assolutamente non condivisibile l’idea di autorizzare la coltivazione in forma associata“. Dunque, produzione sì, ma solo sotto il controllo e i vincoli del monopolio di Stato tant’è che, secondo la DNA, “deve esaminarsi la previsione della legalizzazione della coltivazione individuale e domestica di un quantitativo ridotto di Cannabis per uso personale la cui liceità sarebbe subordinata ad una previa, mera, comunicazione da parte del consumatore/produttore ai Monopoli di Stato”. Non solo. La produzione domestica, se svolta in rete, per la DNA, “rappresenta un rischio concreto di creazione di un mercato illegale e clandestino”.

Inoltre, anche la coltivazione in forma associata è, secondo la DNA, da criticare in quanto potrebbe permettere alla criminalità organizzata di avviare e governare associazioni ‘fantasma’ composte da persone ignare e spesso inconsapevoli. Insomma, perché produrre, si chiede la DNA, se lo Stato riesce a garantire la fornitura necessaria di Cannabis per il mercato interno? “Deve osservarsi che l’auto produzione si è sviluppata nel contesto di un sistema proibizionista. Essendo vietata la vendita di Cannabis, attualmente, il consumatore che non vuole entrare in contatto con il sistema criminale che la traffica e la spaccia, si produce da solo la Cannabis necessaria per il suo consumo. Ma tutto ciò non avrà più senso in un sistema in cui il consumatore di Cannabis, al pari di quello delle sigarette, potrà comprare un prodotto sicuro”.

  1. Un capitolo viene destinato anche alle condotte punibili e alle sanzioni penali. La DNA parte dal presupposto che “lo strumento penale vada usato con cautela e come extrema ratio in considerazione dei suoi elevati costi sociali, economici e personali” e stabilisce sei linee principali per garantire “un assetto equilibrato del sistema penale in materia, che salvaguardi il principio del Monopolio di Stato e la salute pubblica e non ingolfi il sistema processuale con fatti bagatellari”. Per i casi di minore entità, come la consumazione in luoghi vietati, “solo e soltanto severe sanzioni amministrative”;

  2. Per la detenzione sopra i limiti, se si tratta di Cannabis nella confezione e l’etichetta dei Monopoli di Stato, e dunque acquistata in un esercizio commerciale abilitato, la sanzione sarà di tipo amministrativo; se si tratta di Cannabis prodotta e venduta illegalmente, ovvero fuori dal Monopolio, “non potrà che farsi ricorso alla deterrenza delle sanzioni penali, ad eccezione dell’ipotesi di detenzione per uso personale nei limiti quantitativi di 5 grammi (o 15 grammi presso il proprio domicilio) che deve rimanere immune da sanzione penale ma essere punita solo amministrativamente”;

  3. Per la produzione illecita, “ovvio che debbano trovare applicazione gli stessi principi visti in tema di detenzione illecita di Cannabis prodotta al di fuori del controllo statale e, quindi, in violazione del regime di Monopolio”;

  4. Per l’illegale importazione, esportazione, trasporto e passaggio in transito di quantità superiori ai 5 grammi vale la stessa distinzione relativa alla produzione: se la Cannabis è dei Monopoli, la sanzione sarà solo amministrativa, nel secondo caso si prevede lo strumento penale (con pene da 1 a 4 anni per quantitativi entro i 200 grammi; da 2 a 6 anni con quantità tra i 200 grammi e i 5 Kg; dai 4 ai 12 anni se si hanno oltre 5 Kg);

  5. In merito alla cessione gratuita, se è entro i 5 grammi, è considerata lecita (ovviamente se è Cannabis prodotta dai Monopoli di Stato, in caso si tratti di Cannabis illegale si avranno pene detentive da 1 a 4 anni);

  6. Anche per i casi di offerta, vendita e cessione dietro pagamento, quindi con un mercato che va al di fuori dell’unico consentito, vale la regola della produzione: se si tratta di Cannabis prodotta dai Monopoli avrà una sanzione amministrativa; se si tratta di Cannabis illegale, secondo la DNA, siamo di fronte a “condotte particolarmente gravi che ledono contestualmente la salute pubblica e interessi finanziari dello Stato. Ovvio che la sanzione penale dovrà essere, a seconda dei quantitativi commerciati, in linea con le pene previste” (con pene da 1 a 4 anni per quantitativi entro i 200 grammi; da 2 a 6 anni con quantità tra i 200 grammi e i 5 Kg; dai 4 ai 12 anni se si hanno oltre 5 Kg, ndr).

La lettura della DNA, dunque, è molto precisa: il punto nevralgico è il Monopolio di Stato e il guadagno. In questo senso la legalizzazione potrebbe portare “a una rilevante liberalizzazione di risorse umane e finanziarie in diversi comparti della Pubblica Amministrazione (Forze dell’Ordine, Polizia Penitenziaria, funzionari di Prefettura ecc…), ad una importante liberalizzazione di risorse nel settore della Giustizia; ad una perdita secca di importanti risorse finanziarie per le mafie; ad una contestuale acquisizione di risorse finanziarie per lo Stato; al prosciugamento di risorse per il terrorismo; ad un vero rilancio all’azione strategica di contrasto” al narcotraffico.

Da un lato si risparmia nelle spese della giustizia, dall’altro si guadagna dalle tasse che i consumatori, comprando la Cannabis dei Monopoli, verserebbero allo Stato. La chiave di lettura, va da sé, è, ancora una volta, quella economica e del profitto. Regole che, come in altri casi si è visto, vanno, però, a scapito della qualità dei prodotti venduti e della salute dei consumatori. Una logica, questa del profitto e del Monopolio, che verrebbe messa in discussione dalla coltivazione domestica e dalla libertà dei singoli di auto produrre, dal momento che l’auto produzione mette in crisi sia il narcotraffico che lo Stato e quindi il Monopolio. In questo senso, anche le perplessità espresse in merito alla coltivazione in forma associata vengono a cadere se si vanno a vedere nel dettaglio i Club spagnoli che, con il loro sistema a circuito chiuso e la loro cultura di utilizzo consapevole dei soci all’interno della sede e non in luoghi pubblici, contribuiscono a limitare la diffusione della Cannabis all’esterno, riducendo notevolmente, rispetto alle tabaccherie, la possibilità di reperire la sostanza da parte dei più giovani (l’accesso ai club spagnoli è consentito ai maggiorenni, e in alcuni casi a partire dai 21 anni d’età). Interessante, infatti, che in tutta la relazione della DNA poco accenno si faccia al consumo e alla facilità di accesso dei minori alla sostanza.

Fonti:
Osservazioni su DNA di Cannabis Legale Org
Articolo del Corriere sulla dichiarazione del DNA

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