Sono davvero molti i benefici attributi alla cannabis: permette di lottare contro la depressione, contro i dolori cronici, avere proprietà anticancerogene e la possibilità addirittura di migliorare la vista di notte. La maggior parte delle sue proprietà lenitive e antidolorifiche sono dovute a due sostanze attive contenute nella foglia di cannabis, il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CDB). Ma i ricercatori dell’Università di Guelph (Canada) hanno coperto due molecole, la cannaflavina A e la cannaflavina B, che avrebbero un effetto antiinfiammatorio 30 volte più potente dell’aspirina, così come fanno sapere in uno studio pubblicato su Phytochemestry.
Questi flavonoidi, unici rispetto alla cannabis sono in realtà conosciuti dagli anni 1980, ma siccome si erano manifestati in quantità molto piccole in rapporto agli altri componenti (appena lo 0,14% del peso della foglia), non avevano creato molto interesse in ambito medico.
La cannaflavina A e la cannaflavina B sono presenti in piccole quantità nella cannabis e possiedono una potenza anti-infiammatoria.
Tariq Akhtar e i suoi colleghi hanno oggi identificato i geni responsabili della produzione delle cannaflavine, cosa che potrebbe permettere la loro biosintesi e condurre degli sviluppi per futuri farmaci antidolorifici. “Contrariamente agli antidolorifici attuali, le cannaflavine non hanno effetti secondari”, dice Tarq Akhtar. Si sa per esempio che il paracetamolo è tossico per il fegato e che l’aspirina aumenta i rischi di emorragia e che i FANS fanno male al cuore. Queste molecole potrebbero ugualmente costituire un’alternativa interessante agli oppioidi perché agiscono alla radice stessa dell’infiammazione e non a livello di recettori del cervello. I ricercatori hanno intanto depositato un brevetto per un futuro sviluppo commerciale.
(articolo di Céline Deluzarche, pubblicato su Futura-ACTU del 29/07/2019)