Vino alla cannabis e senza alcol. In California hanno cominciato a farlo (anche) così. Ed è già un trend, che sta nascendo sull’onda della legalizzazione per un uso ricreativo che contenga una quantità ridotta di principio attivo, il Thc. Il primo produttore a inventarlo è stato Chip Forsythe, che l’anno scorso ha messo sul mercato il “Rebel Coast Cannabis Infused Sauvignon Blanc”. E che grazie a questa innovazione (ma non solo) è stato scelto tra i Top 40 Under 40 tastemakers of 2019 da Wine Enthusiast.
Ma di che stiamo parlando? Di un vino che non è tecnicamente vino, bensì un cannabis infused beverage. Circa 20 milligrammi di Thc a bottiglia garantiscono – scrive la winery sul sito web – niente “hangover” (il mal di testa da solforosa) e poche calorie, meno di un terzo rispetto al vino tradizionale. Le uve provengono dai vigneti della contea di Sonoma, una regione nota per il suo clima di coltivazione particolarmente adatto. E anche la cannabis, che ama lo stesso clima dell’uva, viene dallo stesso “terroir”. Entrambe le piante sono coltivate nello stesso terreno e si raccolgono nello stesso periodo, tra settembre e ottobre.
E c’è di più. La cannabis ha la stessa complessità del vino e molte somiglianze negli aromi e nei sapori. Tanto che l’anno scorso un’agenzia governativa della California, il Department of Food and Agriculture, ha lanciato il “CalCannabis Appellations Project” per permettere e promuovere la denominazione di origine. Ma non solo. Visto il boom del settore, a gennaio di quest’anno ha stabilito una regolamentazione per concedere le autorizzazioni, organizza corsi di formazione ed eventi. I coltivatori di cannabis sono professionali e appassionati, proprio come i viticoltori sono appassionati e orgogliosi dei loro vini, e per loro poter identificare il prodotto con il territorio è un valore aggiunto così come lo è per i produttori di vino.
Ma come si fa un cannabis infused beverage (questo il nome vero, perché come si fa a parlare di vino se l’alcol non c’è)? Semplificando, si rimuove l’alcol e si aggiunge l’estratto di Thc quando il vino è parzialmente fermentato utilizzando la tecnologia HydroPS, una soluzione solubile in acqua usate per infondere i cannabinoidi. Il procedimento è complesso, ma il risultato più che soddisfacente. Il prodotto ha una buona acidità, non sa di “canna” bensì ha sentori di agrumi e dà un effetto di ebbrezza simile a quello di un bicchiere di vino tradizionale. Il prezzo è di 60 dollari a bottiglia.
Se Rebel Coast è stato il primo winemaker a intuire il business, i grandi gruppi del beverage hanno iniziato già da un po’ ad investire sul settore della cannabis ricreativa: Constellation Brands, ad esempio, un anno fa ha messo in vendita i marchi di vino meno redditizi investendo, al contempo, ben 3,8 miliardi di dollari sull’azienda canadese di coltivazione di cannabis Canopy Growth, mentre Stephanie Honig, proprietaria in California di Honig Vineyard and Winery, è anche a capo della Napa Valley Cannabis Association, sintomo di un rapporto sempre più intrecciato, economicamente e non solo, tra due settori basilari dell’economia californiana. Un altro brand del cannabis infused beverage è CannaVines nella Napa Valley, che di bottiglie ne ha due: un Red Blend & Headband (Jeremy) e uno Chardonnay & Sour Diesel (Jayde), anche se il principio attivo di cannabis utilizzato è il Cbd e non il Tch.
Il nuovo business promette bene, anzi di più. Secondo un’analisi di Giampaolo Gavioli, direttore commerciale di Caviro, negli Stati Uniti nel 2025 la cannabis avrà lo stesso valore di mercato in termini di fatturato del mercato del vino. Finora, dieci Stati degli Usa e il Canada hanno legalizzato l’uso della cannabis per adulti e con una quantità tale da non essere psicoattiva, e la Nuova Zelanda dovrebbe farlo l’anno prossimo. Anche in Italia c’è spazio. In base al rapporto “The European Cannabis Report”, pubblicato in gennaio da Prohibition Partners, società di consulenza e raccolta dati sui mercati legali della cannabis fondata a Londra nel 2017, il mercato europeo della cannabis varrà 123 miliardi di euro entro il 2028: 58 miliardi per il settore medico-farmaceutico e 65 miliardi per l’uso ricreativo.