Oggi mi chiedo cosa significa essere un canapologo? Essere un canapologo significa annotare le parole di ogni persona che mi parla di un suo ricordo legato alla canapa, scrivere la data in cui ci siamo incontrati e riportare questo incontro sul diario canapologico e poi condividere questa cultura con il maggior numero di persone possibili.
Come il 3 febbraio, al mercatino a Rovereto, quando ho conosciuto Alice e Marina di Biella che mi hanno recitato una filastrocca:
Batista fila la rista
la rista sa scianca
Batista s’la panca
la panca as rump
Batista s’al punt
al punt al droca
Batista as la cioca
la cioca la fa din-don
Batista as caga an man.
*La rista è la canapa
Essere un canapologo significa pensare a quando, alla biblioteca dell’Istituto Agrario San Michele, tra libri antichi sulle piante industriali mai aperti, su vecchie riviste ho trovato la pubblicità di un’altra cosa che si può fare e che si faceva negli anni ‘30 con la canapa: le gomme dove scorre l’acqua verso le piantine che crescono nell’orto. Acqua che scorre in tubi di canapa invece che tubi di gomma!
Essere un canapologo significa anche verificare alcune informazioni come quella di una ragazza laureata in storia dell’arte, che la mamma chiama la madonnara, incontrata ad un mercatino. Parlando di canapa mi ha raccontato della Madonna di Guadalupe apparsa ad un contadino messicano di origine azteca. La Chiesa di allora non credette alle sue parole, inconcepibile che Maria apparisse ad un povero contadine azteco! Mi narra che in seguito l’immagine di Maria apparse sul suo mantello di canapa, una immagine misteriosa perché non disegnata ma impressa sulle fibre del mantello. La storia della Madonna di Guadalupe, è una storia affascinante: molti esperti dichiarano che nessuno a quel tempo conosceva la tecnica dell’impressione di un’immagine!
Voglio saperne di più e leggo alcuni articoli; scopro così che il mantello era fatto di una fibra ricavata dalle foglie di agave, e quindi non si tratta di un mantello di canapa. Il mistero rimane perché la fibra di agave è una fibra che dura pochissimo, 20 anni circa, mentre questo mantello è rimasto inalterato per più di 300 anni. E l’immagine è stata impressa nelle fibre con una tecnica sconosciuta. Storia affascinante ma la canapa non centra!
Essere un canapologo significa raccontare di quella volta a Merano, quando al mercatino ho venduto due libri: una copia ad una donna sui 50 anni che ha detto di non conoscere molto l’argomento ma che vuole informarsi; l’altra a Johannes, insegnante delle medie di educazione artistica e manuale che mi ha raccontato di un attivista storico di Bolzano, che si batte per fare cultura intorno a questa pianta, conosciuto da tutti come HanfPeter, hanf significa canapa!
Immagino il giorno in cui sarò conosciuto come CanapaIvan!
Verso sera una coppia anziana ha preso in mano il libro esposto sul banco, l’uomo mi ha detto di conoscerla. Incuriosito ho chiesto informazioni e mi ha raccontato che la sua famiglia ha coltivato canapa fino al 1963, ricorda la mamma battere i fusti: “Seminavamo due tornature, corrispondenti a circa 6000 metri quadrati, a Rimini. La raccolta avveniva a mano, le piante tagliate lasciate qualche giorno appoggiate a dei filari per fare maturare il seme… la mamma posizionava un asse di legno in piedi tra le gambe e iniziava a battere i fusti sull’asse, il canapone, per fare cadere i semi.Il terreno doveva essere liscio, compatto e livellato per poi raccogliere i semi e non bisognava pestarci sopra altrimenti i semi sprofondavano nella terra”. Chiedo perché non mettessero lenzuola o teli a terra, la sua risposta è stata: “Perché non li avevamo!”.
I semi, dopo essere stati ventilati, venivano raccolti in sacchi e portati al consorzio che li testava con un’asta, sacco per sacco, per misurare la qualità; non sa dirmi a cosa venivano utilizzati i semi, cosa ne facesse il consorzio. Ricorda però che il papà nei giorni in cui si batteva la canapa era molto nervoso.
Non sapevo della coltivazione dei semi e della loro raccolta negli anni ‘60, devo indagare. La canapa è un campo di studi infinito!
Qualche sera fa sono stato ad una conferenza in cui si parlava della salute della Sarca, il fiume che attraverso il Trentino dalla Valle Rendena fino al Lago di Garda, oggetto ogni anno di una giornata di pulizia organizzata dalle associazioni del territorio. Sul palco si sono avvicendati vari esperti e mentre ascoltavo le loro parole la mia mente pensava alla canapa come mezzo per risolvere le criticità che questi esperti presentavano: per l’erosione e l’inquinamento degli argini immaginavo di seminare la canapa sulle sponde della Sarca, in quanto la pianta è capace di pulire i terreni contaminati estraendo dal terreno ciò che lo inquina (per questo è stata usata a Chernobyl ed in altri siti industriali contaminati con grande successo); per la presenza di plastica e microplastica evidenziata dalla giornata di pulizia, chiamata La Sarca tutta nuda, immaginavo un mondo dove la plastica non esistesse più sostituita da polimeri ottenuti dagli scarti vegetali della produzione di canapa da seme o da fibra e di altre colture, polimeri completamente degradabili nell’ambiente; per il problema dei cambiamenti climatici che modificheranno la portata del fiume, in quanto la temperatura più alta porterà una diminuzione della neve sulle montagne e di conseguenza una diminuzione dell’acqua nel fiume, di seminare canapa nei molti terreni incolti del territorio, in quanto la pianta durante la sua rapida crescita assorbe moltissima anidride carbonica, a parità di superficie la canapa assorbe 4 volte più anidride carbonica di in bosco di 30 anni.
Essere un canapologo significa comprendere che la canapa è un’amica antica e che tornerà ad essere coltivata dappertutto per soddisfare i nostri bisogni. Essere un canapologo significa immaginare un futuro diverso!