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La prima fiera della canapa in Italia

Negli ultimi due anni è esploso il fenomeno della cannabis light, con le conseguenze positive e negative sotto gli occhi di tutti. Tra queste...
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La prima fiera della canapa in Italia

Negli ultimi due anni è esploso il fenomeno della cannabis light, con le conseguenze positive e negative sotto gli occhi di tutti. Tra queste ci sono il proliferare di fiere ed eventi a tema canapa, a dire il vero non sempre all’altezza delle aspettative.

Dalle più grandi e longeve, fino alle feste locali. Le fiere “storiche” come Indica Sativa trade, Canapa in Mostra o Canapa Mundi nascono con il mondo dei growshop per arrivare a rappresentare il mondo della canapa a 360 gradi. Tutto ha inizio da questi curiosi negozi.

I growshop in Italia nascono alla fine degli anni novanta, il primo aperto a Torino. Si trattava di un’associazione che importava lampade e diffondeva informazione sull’autoproduzione più che di un vero e proprio negozio, dopo questo antesignano nacquero numerose realtà commerciali e si diffusero decine di negozi in tutta Italia, soprattutto nelle grandi città.

I personaggi storici di quegli anni si contano sulle dita di due mani, quando si parla di quei tempi ci definiscono “i pionieri”, tra noi ci conosciamo da più di 15 anni.

Eravamo giovani, pochi e molto decisi, sicuri che da lì a poco avremmo ottenuto una piena legalizzazione. La prima t-shirt del mio growshop sfoggiava una scritta: “Prohibition, the end is coming”. Correva l’anno 2002, con il senno di poi era uno slogan troppo ottimista anche per il 2019.

A modo nostro eravamo uniti, ci incontravamo nelle fiere all’estero e capitavano anche delle belle cene tutti insieme in occasione di questi eventi, quante volte abbiamo sognato una fiera in Italia.

Uno dei personaggi più attivi era già allora un medico toscano Fabrizio Cinquini, che attraverso amicizie nel mondo dei growshop decise di organizzare la prima fiera della canapa in Italia. Il luogo prescelto fu Pescia, nel mercato dei fiori. Bisogna ammetterlo, fu un fallimento. La manifestazione fu un fiasco talmente clamoroso che la considerammo come una bella gita fuoriporta. La partecipazione del pubblico pagante era probabilmente inferiore rispetto al numero degli stand presenti eppure fu proprio quella occasione a far scattare una molla: infuse quella coscienza e determinazione che ci hanno accompagnato fino ad oggi.

Nonostante questo episodio, credo che tutti i partecipanti conservino un ricordo romantico di quell’evento che in qualche modo ha realizzato la consapevolezza che stavamo per costruire qualcosa di grande, ognuno con le sue forze e tutti insieme saremmo arrivati a farci notare.

Non mancarono episodi esilaranti in una situazione abbastanza surreale. Il mercato dei fiori di Pescia è un capannone immenso, tra i più grandi mai visti. La fiera della Canapa era composta da circa 10 stand che si perdevano nel vuoto del suo spazio, tutti disposti uno accanto all’altro. Appena arrivammo cominciammo a fumare, come era nostra abitudine fare in quel periodo, in qualunque posto. Ma dopo qualche minuto ci rendemmo conto che eravamo circondati da poliziotti in borghese, che rimasero tutto il giorno ad osservarci a una distanza di 3 o 4 metri, loro da una parte, noi dall’altra dentro gli stand a guardarci reciprocamente.

Eppure ricordo una certa euforia e l’entusiasmo da parte dell’organizzazione fu comunque apprezzabile. Per ravvivare il clima, qualcuno di noi passava ogni ora con un vassoio di biscottini alla ganja meravigliosi, i migliori che io abbia mai mangiato. A memoria, ricordo che erano delle intere cimette immerse in qualcosa di zuccheroso e poi cotte, chissà se davvero era così. Vi assicuro che erano squisite, e soprattutto stupefacenti. Passavano con questo vassoio e mangiavamo i dolcetti beatamente, di fronte la polizia, che allora non poteva immaginare quanto eravamo avanti.

Il vassoio era posto sotto il bancone di uno degli stand. Purtroppo, non passò inosservato a Ben, l’adorabile cane del mio vicino e subito mascotte di tutti noi. Un cane meraviglioso, buonissimo con altri cani e persone, ben educato, ma come tutti i cani, molto goloso. Ben si infilò sotto il tavolo e lontano da sguardi indiscreti fece incetta dei biscottini. Quando ci accorgemmo della cosa era già troppo tardi. Guardammo il furbacchiotto in lontananza che camminava lento mentre si aggirava tra gli stand barcollando, gli occhi erano come chi è appena uscito da un coffeeshop di Amsterdam prima di fare il check-in in albergo, con ancora la valigia con sé. I poliziotti in borghese lo guardavano e facevano battute scontate: “Oh, pure il cane sta fatto!”, non potevano immaginare che il cane era per errore davvero sotto l’effetto di una massiccia dose di THC. Una volta tranquillizzati da un veterinario per la sua salute, ci divertimmo molto a osservarlo, anche per esserci assicurati che non avesse effettivamente conseguenze negative. Ben faceva movimenti strani, sguardi languidi, improvvisi riposini; si gettava a terra con forza facendo un tonfo talmente grande da rimbombare nel capannone. Per fortuna superò alla grande l’esperienza e visse felice per molti anni.

Una delle esperienze più belle di quei due giorni è sicuramente la sera a cena in un casale nelle campagne toscane dove alloggiavamo. Eravamo circa 10 pionieri da tutta Italia e i personaggi più in vista di quel momento; qualcuno sfiorava il mito per noi. Tra gli altri conobbi lì per la prima volta Franco Casalone, che con i suoi libri aveva insegnato a tutti noi i rudimenti della coltivazione indoor, per molti un maestro in quel momento e in quel luogo. Cenammo con la ricetta che fu definita “la carbonara del growers”, una carbonara in versione vegetariana.

A quei tempi Casalone aveva ancora la sua casa in India e viveva diviso tra i due paesi, ci allietò con le sue prelibatezze e con le sue storie incredibili fatte di contadini indiani, di tradizione, di tecniche di estrazione e di coltivazione.

Tornammo da quell’esperienza segnati in positivo nonostante il fallimento di pubblico. L’anno successivo la fiera si trasferì a Bologna e fu un successo per quei tempi. E’ anche grazie a quell’esperienza e al caro Fabrizio Cinquini che oggi esistono fiere come quella di Roma con numeri di partecipanti e metri quadri, molto vicini ai più longevi eventi europei.

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