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La legge del ‘Buon Samaritano’ per tutelare la salute e la civiltà

Il 31 agosto è la giornata mondiale contro l’overdose ed anche in Italia è una occasione preziosa per fare un bilancio sul numero di...
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La legge del ‘Buon Samaritano’ per tutelare la salute e la civiltà

Il 31 agosto è la giornata mondiale contro l’overdose ed anche in Italia è una occasione preziosa per fare un bilancio sul numero di decessi per abuso di sostanze e su come si può ancora intervenire con nuovi provvedimenti che vadano a miglior tutela della vita umana.

Se è vero che i dati statistici indicano che il numero di vittime non è più quello assolutamente emergenziale della fine degli anni novanta, è triste dover rilevare come, negli ultimi tre anni, si sia registrato un nuovo sensibile aumento dei casi.

Cosa causa, ancora nel 2020, un numero non irrilevante di morti nel nostro Paese? Siamo davvero sicuri che le leggi vigenti, di stampo marcatamente proibizionista, vadano in primo luogo a salvaguardare della salute del cittadino?

Sappiamo per certo che un gran numero di casi di overdose da stupefacenti potrebbero non risultare in un automatico decesso se ci fosse un pronto intervento de parte di personale medico presso una struttura sanitaria adeguatamente attrezzata, eppure in pochi sono a conoscenza di come le nostre leggi disincentivino in ogni modo possibile il rapido ricorso a tali strutture ed il soccorso tempestivo.

Infatti, per chi ha un malore dopo aver assunto una dose eccessiva di droga o per chi sia in sua compagnia, correre al Pronto Soccorso è sicuramente la cosa più giusta da fare, ma avrà altrettanto certamente delle conseguenze che difficilmente, oggigiorno, vengono sottovalutate.

Il personale sanitario, ad esempio, è obbligato a segnalare ogni caso clinico causato dall’abuso di stupefacenti alle autorità competenti che, a loro volta, sono tenute ad aprire un’indagine investigativa. Recarsi in ospedale con una overdose in atto rappresenta già di per sé, secondo il nostro ordinamento, una flagranza di reato e i risultati più diretti di ciò sono perquisizioni, corporali e domiciliari, ed interrogatori per amici e parenti. Qualora durante le investigazioni si venga trovati in possesso di altre sostanze stupefacenti, ad esempio in tasca, nell’auto o presso la propria residenza, le conseguenze sono quelle previste dal testo unico stupefacenti: amministrative nel caso la quantità di droga rientri nei parametri del consumo personale, quindi sanzioni, il ritiro della patente, del passaporto o del permesso di soggiorno (per i cittadini stranieri), oppure addirittura penali, e quindi ben più rilevanti, nel caso la dose rinvenuta sia maggiore.

Sono, paradossalmente, le nostre stesse leggi ad essere quindi i maggiori deterrenti al pronto soccorso in questi casi.

È per porre rimedio a questa ennesima conseguenza nefasta del proibizionismo che un gruppo di avvocati dell’associazione torinese StraLi ha elaborato una proposta di legge chiamata “del Buon Samaritano”. Queste tipologie di leggi non sono una novità, ne esistono già in diversi Paesi esteri e si sono rivelate, ovunque, molto efficaci nel tutelare prima di tutto la salute pubblica.

La proposta di legge prevede che le forze dell’ordine, dopo avere ricevuto la segnalazione da parte dei medici, debbano verificare in primo luogo il cosiddetto nesso di casualità. Qualora questo non esista, ovvero qualora non sia l’accompagnatore ad avere fornito al soggetto la sostanza responsabile di avere indotto l’overdose, egli non possa essere ulteriore oggetto di indagini né possa sussistere, per lui, la flagranza di reato in virtù del fatto che sta salvando una vita umana. Avere una legge simile nel nostro Paese sarebbe un progresso enorme ed affermerebbe inequivocabilmente un principio fondamentale che le leggi italiane dimostrano spesso di dimenticare: la repressione di un qualsiasi illecito non può in nessun caso andare a discapito della salute del cittadino.


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