Cannabis: dal fascismo a oggi. 100 anni dalla marcia su Roma

Era il 14 ottobre del 1936 quando andava in onda una puntata del Giornale Luce e milioni di italiani potettero ascoltare queste parole dalle loro televisioni: “La coltura della canapa si afferma sempre di più apportando nuovi benefici all’agricoltura nazionale e contribuendo a risolvere il programma di autarchia economica segnato dal Duce”. Un vero e proprio elogio al settore canapicolo italiano che ha vissuto il suo periodo di massimo splendore proprio nei primi anni ’20, in periodo fascista, quando era celebrato addirittura come “eccellenza autarchica”.

Un successo made in Italy che è stato travolto dal nascente proibizionismo americano, importato dallo stesso Mussolini in Italia che prima dichiarò l’hashish “nemico della razza” e “droga da negri” per poi inserire la cannabis nella tabella delle sostanze stupefacenti del Codice penale che ne vietava la vendita e il consumo, mandando così in fumo quell’eccellenza che ci aveva reso i primi produttori mondiali con oltre 90mila ettari di canapa coltivata nel nostro Paese. Dopo aver colpito e fatto fallire attività imprenditoriali, il proibizionismo ha iniziato a criminalizzare sempre di più i propri cittadini fino a far diventare la “lotta alla droga”, come abbiamo tristemente assistito nella recente campagna elettorale, un vero e proprio simbolo per le destre proibizioniste e conservatrici.

Non sorprende quindi che Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, in tempo record, ha presentato la sua prima proposta di legge che punta a inserire un divieto per l’uso ricreativo nella legge del 2016 sulla cannabis light, ignaro del fatto che quella legge non ne prevede l’uso ricreativo ma un gesto che alimenta lo stigma verso le oltre 3000 imprese in Italia che lavorano con la cannabis e pagano regolarmente le tasse. 

Quello che ci dovrebbe sorprendere, invece, è che dopo cento anni la nostra classe politica continua a non rendersi conto che, da Mussolini ad oggi, le politiche sulle droghe in Italia sono state un totale fallimento.