Recentemente è stato pubblicato il trattato Nel Mirino della Legge, un’analisi approfondita che esamina il quadro normativo attuale dopo la recente revisione dell’articolo 187 del Codice della Strada sui consumatori di cannabis. Quali sono le criticità dei test di rilevazione? Quali le implicazioni giuridiche e scientifiche e le possibili strategie di riforma?Ne abbiamo parlato con l’autore Steven Weaponrise, Coordinatore Politico dell’Associazione FreeWeed.
Il tuo nuovo trattato, Nel Mirino della Legge, pubblicato su Amazon in collaborazione con l’Associazione FreeWeed, di cui sei Coordinatore delle Attività Politiche, si concentra sulla revisione dell’articolo 187 del Codice della Strada, che ha avuto un impatto significativo sulla legislazione riguardante la cannabis. Puoi spiegarci brevemente di cosa si tratta e quali sono le principali implicazioni della nuova formulazione?
Grazie a voi per l’opportunità, è un lavoro a cui tengo molto ed al quale ho dedicato quasi tre mesi per la realizzazione: la recente revisione dell’articolo 187 ha introdotto un cambio radicale, eliminando la valutazione dell’effettiva alterazione delle capacità psicofisiche di un conducente. Ora, l’attenzione si concentra esclusivamente sulla presenza di tracce di THC nell’organismo, considerandole come prova sufficiente per sanzionare pesantemente il consumatore. Questo approccio, seppur apparentemente orientato a garantire maggiore sicurezza stradale, si basa su premesse distorte. La scienza, che approfondiremo in modo importante all’interno del trattato, ci dice che non esiste una correlazione diretta tra la semplice presenza di THC e l’incapacità di guidare in modo sicuro. La legge, invece, presume colpevolezza senza un effettivo accertamento delle capacità reali del conducente, e questo è un grave errore giuridico che credo sia necessario sottolineare e contestare apertamente.
Cosa significa tutto ciò per i consumatori di cannabis e come questa legge incide sulle loro vite quotidiane?
Le conseguenze per i consumatori sono devastanti. Prima di tutto, la presunzione di colpevolezza è una violazione di diritti fondamentali. Le persone che vengono trovate positive al test salivare per THC rischiano pesanti multe, la sospensione della patente e procedimenti penali, il tutto senza che le loro capacità di guida siano alterate. La legge, infatti, non tiene conto del fatto che il THC può rimanere nel corpo per giorni o settimane senza compromettere le capacità psicofisiche, aggiungendo a questo molteplici variabili fisiologiche. Inoltre la scienza evidenzia come la correlazione tra presenza di THC nel corpo e compromissione delle abilità di guida sia completamente infondata. Questo significa che anche chi consuma cannabis senza essere in alcun modo alterato al volante, si troverà prima o poi vittima di un sistema giuridico che non rispetta le evidenze scientifiche. Le conseguenze si estendono alla vita lavorativa, familiare e personale delle persone, creando un circolo vizioso di penalizzazioni ingiustificate.
Parli spesso di “presunzione di colpevolezza” nel tuo libro. Potresti approfondire come questa logica si scontra con i principi giuridici della nostra Costituzione?
Certamente. La Costituzione italiana stabilisce un principio fondamentale: l’innocenza fino a prova contraria. Questa legge, invece, ribalta tale principio. Se non c’è un’effettiva prova che la persona sia alterata e incapace di guidare, non dovrebbero esserci sanzioni. Contrariamente invece, la nuova formulazione dell’articolo 187 considera la sola presenza di tracce di THC come prova sufficiente per emettere sanzioni pesanti. Si tratta di un’invasione e violazione dei diritti individuali senza un fondamento scientifico solido. Ma il tutto viene affrontato in profondità all’interno del trattato, lavorando su piani etici, filosofici e politici.
Hai accennato ai test salivari e ai falsi positivi. Quali sono le problematiche legate a questi test e come possono influenzare la giustizia di questa legge?
I test salivari, sebbene ampiamente utilizzati, presentano diversi limiti. In primo luogo, non sono in grado di determinare l’effettiva alterazione del conducente, ma solo la presenza di THC. E questo può essere un problema enorme, dato che il THC può rimanere nel corpo per un lungo periodo, ben oltre il tempo in cui l’effetto psicoattivo è svanito, che già di per sé non dovrebbe essere comunque prova sufficiente di compromissione, come appunto afferma la scienza. Oltre al fatto che una persona può risultare positiva al test senza essere effettivamente sotto l’effetto della cannabis, magari solo per aver consumato giorni prima, esiste anche il rischio di falsi positivi dovuti all’interazione tra sostanze, che nel trattato vengono illustrate. Questo crea un sistema di giustizia che non è affidabile e che mette in pericolo i diritti di chi, purtroppo, si trova in una situazione di ingiustizia legale.
Cosa proponi, quindi, come soluzioni per correggere queste problematiche e migliorare la sicurezza stradale?
La chiave per una riforma efficace sta nell’introduzione di test più affidabili e linee guida specifiche per valutare le reali abilità di guida dei consumatori di cannabis. All’interno del trattato viene proposto un nuovo Protocollo TSCS che potrebbe migliorare l’affidabilità dei test stradali, rendendo più giusto l’approccio. È essenziale che vengano sviluppati metodi di test che valutino l’effettiva alterazione psicofisica, invece di concentrarsi solo sulla presenza di THC. Solo così possiamo assicurare una giustizia vera, che tuteli sia la sicurezza stradale che i diritti dei cittadini. Occorre un cambiamento normativo che, in primo luogo, prenda in considerazione le evidenze scientifiche e non solo l’ideologia politica o i pregiudizi sociali.
Come giudichi l’attuale dibattito parlamentare sulla cannabis, soprattutto in relazione alla cannabis ad uso terapeutico e quella a basso contenuto di THC, temi che affronterai nel trattato?
Il dibattito parlamentare è, purtroppo, ancora troppo polarizzato e privo di una visione scientifica e pragmatica. Per quanto riguarda la sola cannabis ad uso terapeutico, essa è ancora oggetto di molte resistenze, nonostante i benefici documentati, e soprattutto di incongruenze normative, che penalizzano i pazienti ed anche i consumatori, come affrontato nel trattato in un capitolo dedicato. Dall’altro, la cannabis a basso contenuto di THC pur essendo sviluppata dal quadro normativo della legge 242 del 2016 vive ancora in un limbo politico; tra l’altro proprio i prodotti venduti regolarmente nel mercato legale potrebbero far risultare un test salivare positivo, creando ulteriore confusione.
Il tuo trattato propone cinque direttrici di intervento per migliorare la regolamentazione della cannabis all’interno del Codice della Strada, tra cui l’introduzione di nuove linee guida per i controlli stradali. Queste proposte fanno parte di un progetto più ampio, il Manifesto Collettivo. Puoi spiegare come questo testo di legge rappresenti una proposta complessiva per la regolamentazione della cannabis in Italia e quale impatto potrebbe avere sulla legislazione nazionale?
Il Manifesto Collettivo rappresenta un passo fondamentale verso una regolamentazione più giusta e scientificamente supportata della cannabis in Italia. Le proposte contenute nel trattato, tra cui quelle per i controlli stradali, sono solo una parte di un quadro molto più ampio, che mira a rivedere l’intero approccio normativo sulla cannabis. Il Manifesto Collettivo non si limita a un singolo aspetto, ma propone una visione complessiva che riguarda la regolamentazione completa della cannabis, la tutela della salute pubblica ed anche la promozione della sicurezza stradale. Questo progetto comprende modifiche sostanziali alla legislazione, inclusi test più affidabili e linee guida precise sui controlli stradali, ma anche una revisione delle leggi che criminalizzano ingiustamente i consumatori di cannabis. L’obiettivo finale del Manifesto è quello di promuovere una regolamentazione che si basi su principi scientifici, lontano da pregiudizi politici, che possa finalmente garantire la sicurezza per la società senza ricorrere a misure punitive sproporzionate. L’approccio del Manifesto, quindi, non solo mira a creare una legislazione più equilibrata, ma propone anche una nuova prospettiva sulla cannabis in Italia, che potrebbe avere un impatto positivo sia sulla società che sulla gestione della sicurezza pubblica.
Il saggio Nel Mirino della Legge include le prefazioni di diverse figure di spicco dell’attivismo e della politica. Qual è il contributo che queste personalità apportano al trattato e quale significato ha la loro presenza nell’opera?
Le prefazioni presenti nel saggio offrono un valore aggiunto fondamentale, poiché forniscono una prospettiva diretta da parte di chi, a vari livelli, ha affrontato la questione della cannabis sotto il profilo politico, giuridico e sociale. La presenza di esponenti come Michele Sodano e Matteo Mantero, entrambi firmatari del Manifesto Collettivo in Parlamento, dimostra come il dibattito non sia relegato a una dimensione puramente accademica o attivista, ma abbia già trovato spazio nelle istituzioni. Allo stesso tempo, il contributo di figure come Valentina Varisco, Marco Maffione, Andrea Marangi, Mattia Cusani e Lisa Gandini rafforza il legame con l’attivismo di base, portando avanti una narrazione che non si limita alla teoria, ma che si fonda su esperienze concrete e sull’impegno quotidiano nella lotta contro la discriminazione legata alla cannabis. Ogni prefazione arricchisce il saggio con un punto di vista specifico: da chi ha vissuto in prima persona le difficoltà legislative e sociali, a chi lavora per la diffusione di informazioni corrette e scientificamente fondate. Il loro contributo testimonia l’urgenza di riformare la normativa attuale e di adottare soluzioni che rispecchino le reali esigenze della società, rendendo Nel Mirino della Legge non solo un trattato di analisi, ma un progetto politico di cambiamento supportato da una rete di esperti e attivisti.
Infine, quale messaggio desideri che i lettori traggano dal tuo trattato?
Il mio obiettivo è stimolare una riflessione profonda sui diritti individuali e sulla giustizia. La cannabis non è il nemico, ma il pregiudizio che la circonda, sì. Spero che i lettori comprendano che le leggi devono essere basate su prove scientifiche, non su ideologie politiche, e che i consumatori di cannabis non debbano essere trattati come criminali, ma come cittadini che meritano rispetto e giustizia. Il mio trattato è un invito a cambiare mentalità e a costruire un sistema che sia veramente equo e informato. Spero che il nostro lavoro possa davvero portare a un cambiamento concreto! Il trattato è disponibile su Amazon (anche con spedizione Prime) al link: https://www.amazon.it/dp/