Si tratta di fare impresa, di avere la libertà di farlo. Stiamo parlando di questo, niente di più, niente di meno. Ma purtroppo i pregiudizi sono ancora troppi. C’è infatti chi continua a pensare che canapa e stupefacenti siano sinonimi e ad usare questo retaggio ideologico per bloccare un intero settore. Niente di più sbagliato e fuorviante.
Come superare questo misunderstanding? La strada migliore per dare risposte a chi non conosce questo mondo è seguire le regole e chiederne altre, certe e stabili, per rendere il tutto sempre meno ambiguo.
Il Consorzio nazionale per la tutela della Canapa, presentato in Conferenza stampa alla Camera dei deputati, nasce proprio con questo obiettivo. Alla presenza dei relatori, l’avvocato Giacomo Bulleri, esperto nel settore della canapa industriale e terapeutica, dei parlamentari Sara Cunial (M5S), Silvia Benedetti (Misto), nonché dei dirigenti del Consorzio, si è cercato di spiegare il senso di questa importante operazione.
A cosa serve il Consorzio?
Nato con lo scopo di dare concreta ed effettiva attuazione alle finalità della Legge n.242/2016 sulla promozione della filiera della canapa, intende garantire la piena esistenza e conformità alla ratio della normativa vigente. Come farlo? Certificando i prodotti affinché siano sicuri, prima di tutto per i consumatori, ma anche per gli imprenditori che decidono di investire in questo settore e hanno bisogno di certezze, e per i rivenditori.
Ma non solo.
“Il consorzio – spiega l’avvocato Bulleri – si pone l’obiettivo di diventare il soggetto giuridico mancante all’interno della filiera, che va dalla coltivazione alla trasformazione e per finire alla commercializzazione, che rappresenta il grande vulnus della 242. Il fine del consorzio è nella sua stessa denominazione. Tutela nei confronti degli investitori, dei coltivatori, dell’attività delle istituzioni. Un centro di interessi – conclude Bulleri – che raggruppi tutta la filiera in grado di accentrare tutte le istanze”.
Per superare lo scoglio culturale che frena lo sviluppo di un settore ancora fragile, in fase embrionale, ma dalla grandissimi potenzialità, sottolinea la presidente del Consorzio Ornella Palladino, “serve creare un pensiero positivo attorno al mondo della canapa. Ci siamo resi conto che troppe volte parlare di cose che lontane dall’agricoltura limita la fiducia nel nostro settore. Non si può più prescindere dalla necessità di certificare il prodotto, sia a livello di qualità sia a livello di tracciabilità. Vogliamo che siano enti terzi a controllare, pensiamo all’applicazione di un marchio di qualità che possa essere interpretato come un valore aggiunto”.
I filoni lungo i quali si svilupperà il lavoro del Consorzio saranno essenzialmente due: quello che riguarda tutta l’attività agricola e quello che invece affronterà le questioni legate alla commercializzazione.
“Il consorzio – spiega il vicepresidente Davide Galvagno – si occuperà dell’approvvigionamento delle varietà certificate alla fonte, a dei prezzi accettabili, per tutte le realtà agricole. Vogliamo sensibilizzare le associazioni attive perché abbiamo un problema a livello europeo con le varierà certificate, dato che non risultano adatte ai prodotti del terzo millennio. Sono varietà migliorabili sotto tutti i punti di vista. Si cercherà di andare a sensibilizzare il Crea e Bruxelles per cominciare a parlare di riproduzione agamica”.
E poi la formazione, prosegue Galvagno, “che troppo spesso è latente. Daremo assistenza alle aziende agricole, con l’aiuto di associazioni di settore, creando opportunità che ora mancano. Sarà fondamentale mettere tutta la filiera in condizione di operare in piena legalità, e da questo punto di vista occorre trovare una soluzione al tema delle analisi, dove manca un protocollo uniforme e un metodo standardizzato”.
Per Galvagno, però, il nodo cruciale sarà quello della salubrità. “Il punto di forza dell’idea di questo consorzio – specifica – è fare sì che tutte le confezioni in commercio abbiano un numero seriale univoco. Sapremo dove si trova ogni confezione e da chi è stata venduta. Chiediamo più controlli, non meno controlli, in modo che anche quando le forze dell’ordine faranno i propri, non ci sarà nessun problema”.
Secondo il direttore generale del Consorzio, Stefano Zanda, “stiamo parlando di un mercato che è solo all’inizio, si prevede un giro d’affari di 28 miliardi in Europa entro il 2021. Il nostro compito è seminare un po’ di fiducia nel mondo istituzionale, tra i chi vende e chi consuma. Oggi come oggi – sottolinea Zanda – i media parlano solo di sequestri, restituendo un’immagine ingrata e falsata di un mondo che lavora legalmente, dando vita a prodotti di altissima qualità e salubri”.
Per questo, aggiunge, “è fondamentale creare un sistema chiaro, facilmente leggibile sia dalle forze dell’ordine, sia da chi commercializza, che coinciderebbe con un sigillo brevettato e anti-effrazione. Con questo progetto vogliamo provare a portare in Italia la possibilità di sviluppare davvero il settore della canapa, un mercato in espansione incredibile, in cui fino a pochi decenni fa eravamo i secondi player al mondo”. Così, conclude, “di quei 28 miliardi, anche facendo leva sulla forza del Made in Italy, possiamo provare a portarne a casa 7 o 8”.
Certo, tutto questo non può prescindere da un adeguamento normativo che vada a colmare le zone grigie della legge 242 del 2016 in materia di commercializzazione dei prodotti. E da questo punto di vista serve uno scatto da parte della politica. “Si sta parlando di un modo di fare impresa – spiega la deputata Silvia Benedetti, prima firmataria della risoluzione presentata in tal senso in commissione Agricoltura – di un comparto produttivo. Non tutti i colleghi (offuscati dai pregiudizi ideologici, ndr) capiscono cosa significhi. Quello che ho cercato di fare con la risoluzione e provare a dare certezze al settore della canapa industriale“.
Avrà successo? Solo il tempo lo dirà. Intanto, però, c’è tutto un settore che aspetta risposte concrete e rapide per spiccare finalmente il volo.