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Quali lampade scegliere per le proprie coltivazioni indoor?

Il test di CentoFuochi mette a paragone i più rinomati marchi e toglie qualche dubbio
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Quali lampade scegliere per le proprie coltivazioni indoor?

HORTILUX, GAVITA, DIMLUX, LUXX; quattro tra i più rinomati marchi di luminarie per orticoltura, abbiamo testato le loro HPS DE 1000W di punta; ecco i risultati.

L’idea di questo test é nata per caso quando abbiamo contattato LUXX per avere informazioni riguardo i loro prodotti. Questo é il più giovane tra i produttori di luminarie quì menzionati, ma si sta velocemente guadagnando una reputazione tra i coltivatori di Cannabis negli USA e non solo. Resa popolare dai Jungle Boys (ed a mio modesto parere direttamente riconducibile a questi ultimi) LUXX produce lampade specificamente studiate per la coltivazione di Cannabis in assenza di luce solare (indoor); basso profilo ed impronta di cielo enorme (ovvero la sagoma della lampada osservata dal basso), possiedono inoltre tutti gli optional divenuti oramai popolari nel settore, tra i quali; funzione dimming a manopola e porta di collegamento per controller, bolla per verificarne l’allineamento orizzontale in fase di montaggio ed anche un design accattivante. Siamo stati i primi a riceverle e testarle in Italia e ci hanno fatto da subito una buona impressione.

Hortilux-Schréder, dal canto suo, é una multinazionale con decenni di attività e reputazione nel settore dell’agricoltura; le si attribuisce il merito dell’invenzione (o l’implementazione in agricoltura) nientepocodimenoche delle lampade Double End. Conosciuta oltremare come PL Lighting é per lo più presente in questa Italia baciata dal sole nel segmento hobbistico attraverso una sua sussidiaria chiamata Lights Interactions che commercializza i Brand D-Papillon & E-Papillon. In azienda utilizziamo le loro HSE NXT 2 disegnate specificamente per l’utilizzo in serra, prive di optional oltre alla bolla di allineamento e dall’impronta di cielo ridotta al minimo per coprire la luce solare quanto meno possibile.

Gavita, un nome, una garanzia. Si tratta di un brand di impostazione ibrida per così dire, le cui lampade si prestano sia all’utilizzo in serra nell’agricoltura comune sia nell’industria della Cannabis in cui ha un’ottima reputazione dovuta al fatto di essere stato il primo produttore di un certo tipo di tecnologia a targettizzare questa nicchia di settore. 
A differenza di Hortilux (a cui pare si siano liberamente inspirati per la produzione delle proprie luminarie ndr) infatti, questo relativamente giovane marchio non ha avuto remore di sorta a proporsi come soluzione per i coltivatori di Cannabis moderni sin dagli albori della propria attività. Abbiamo utilizzato le lampade Gavita per molti anni e con risultati soddisfacenti.

Dimlux, altro marchio olandese dall’inconfondibile livrea nero/oro, ha letteralmente invaso il mercato olandese dalla sera alla mattina quando, circa sei anni fa se ben ricordo, un cambio di legislazione dei Paesi Bassi impose delle limitazioni e controlli sulla vendita di attrezzature per la coltivazione indoor. In quello stesso frangente correva voce che il proprietario della Gavita fosse alle prese con problemi legali e questo, unitamente al cambio legislativo di cui sopra, mise l’azienda nella posizione di dover vietare la vendita dei propri prodotti in territorio olandese al fine di negare l’accusa mossagli dal Governo di promuovere e favorire la produzione di sostanze stupefacenti. Da un momento all’altro l’azienda bloccò tutte le forniture a rivenditori olandesi e quando questi terminarono gli stock in magazzino venne Dimlux a colmare il vuoto lasciato da Gavita nella fornitura di lampade sofisticate e ricche di optional per la coltivazione indoor. Un bel colpo senza dubbio. La fortuna è quando la preparazione incontra l’opportunità.

GLI STRUMENTI, LE VARIABILI

Per condurre questo test abbiamo deciso di considerare due fattori principali; la potenza di emissione di radiazioni fotosinteticamente attive (PAR, che costituiscono il 41% della radiazione solare totale) e la distribuzione delle stesse su una superficie prestabilita, che in questo caso misura 150 cm x 150 cm ovvero l’area comunemente coperta da una lampada da 1000W nella coltivazione di Cannabis indoor.

Per rilevare questi parametri abbiamo utilizzato un misuratore di quanti Apogee SQ-520, che é il più accurato tra gli strumenti disponibili sul mercato a costi ragionevoli, ed una grow tent del tipo Mammoth lite 150. La scelta di una tenda dagli interni riflettenti é dovuta alla considerazione che volevamo cercare di catturare quanto più possibile delle radiazioni emesse dalle luminarie, e se vero é che in un ambiente aperto parte di questa luce andrebbe in altre direzioni é anche vero che la stessa superficie sotto alla lampada riceverebbe a sua volta parte della luce emessa dalle lampade vicine…perciò questa ci sembrava la scelta migliore.

Un test del genere é soggetto ad essere influenzato da una serie pressoché interminabile di variabili, tra le quali ci sono la tensione effettiva della rete, assorbimento effettivo della luminaria, temperatura, umidità, pressione atmosferica, stato d’uso delle lampade e dei bulbi, modalità di calcolo etc etc. Ne consegue che volendo si sarebbe potuto complicarlo all’infinito. Abbiamo deciso di prenderla con filosofia, così come veniva, di pubblicare tutti i dati raccolti e le variabili rilevate e lasciare che ciascuno ne traesse le proprie conclusioni senza pretendere di fornire risposte incontrovertibili e definitive.

Abbiamo effettuato questo test nell’arco di circa tre ore, in una calda mattinata di inizio estate con 26° C di temperatura, umidità relativa al 60% ed utilizzando per l’alimentazione delle lampade una linea trifase notoriamente instabile la cui tensione effettiva varia dai 400V nominali fino a 370V rilevati spesso e volentieri. Delle luminarie testate solo le Hortilux hanno alimentazione trifase bipolare, mentre per le altre tre é stata utilizzata un’unica delle tre fasi industriali a disposizione sulla linea.

Del nostro meglio é stato fatto per ridurre al minimo il fattore “errore umano” come potrebbero essere errori di posizionamento del rilevatore ed errori di approssimazione delle letture rilevate, e sebbene questo sarà inevitabilmente presente possiamo garantire che lo stesso sia stato distribuito piuttosto democraticamente ed in maniera trasversale lungo l’intera durata del test.

Lo stato di utilizzo effettivo delle luminarie é il seguente;

Hortilux; usata poco più di un semestre, riflettore nuovo.

Gavita; usata molto e a lungo, difficile dire esattamente quanto ma indicativamente vicina al fine vita di due anni, ergo ben oltre il fine vita di un anno per il bulbo originale. Riflettore nuovo.

Dimlux; usata poco e sporadicamente, poche ore di funzionamento all’attivo, praticamente nuova.

LUXX; nuova, appena uscita dallo scatolo e mai accesa prima (pertanto bulbo non maturato, per maturazione del bulbo si intendono circa 40 ore di utilizzo continuativo).

Tutte le luminarie sono state testate impostando il dimmer su 1000W e senza verificare quale fosse l’effettivo assorbimento; appendendole in posizione centrale all’interno della tenda, con il bulbo a circa 123 cm di altezza dal pavimento, mentre la sonda del misuratore di quanti si alza di circa cinque o sei centimetri dal pavimento. Abbiamo suddiviso il pavimento in 25 quadrati, marcandone e numerandone il centro di ognuno da 1 a 25; abbiamo posizionato la sonda sul punto n. 1 ed acceso la lampada aspettando che si riscaldasse abbastanza (10-15 minuti) da non rilevare ulteriori innalzamenti della lettura in posizione 1, dopodiché abbiamo chiuso la zip della tenda, preso nota della rilevazione in posizione 1, riaperta la zip, spostato la sonda in posizione 2 e ripetuto la procedura fino a raggiungere la n. 25 per ogni lampada.

Questi i risultati;

Come potete vedere abbiamo rappresentato all’interno di queste griglie ognuna delle letture rilevate per ogni lampada. La somma di tutte queste costituisce il totale, che diviso per 25 offre una media.

Evidenziata la lettura più alta e quella più bassa per ognuna é possibile calcolare il fattore di uniformità di distribuzione prendendo la cifra maggiore e dividendola per quella minore; ne risulta un numero che nel caso delle Hortilux é 1.55 e significa in pratica che il punto di maggiore irradiazione luminosa rilevato sotto questa lampada é superiore del 55% a quello di minore irradiazione rilevato.

CONCLUSIONI

I brand che escono vincitori da questo test sono evidentemente LUXX con un’intensità di emissione demenziale, sebbene distribuita peggio di come ci aspettavamo; con un fattore di uniformità di 1.99 rileviamo infatti che i “punti caldi” ricevono praticamente il doppio della luce di quelli meno illuminati. Dimlux é stata invece una sorpresa in positivo; seconda solo alla LUXX come emissioni (inferiori di circa il 10%) può però vantare la migliore uniformità tra tutte le lampade testate, con un eccellente rapporto di 1.26. Piuttosto deludente il risultato della Hortilux, che probabilmente paga il prezzo di una tensione di rete instabile e dell’utilizzo al di fuori da quanto suggerito dalla casa madre. Queste HSE NXT 2 sono lampade che a dire della Hortilux dovrebbero essere sospese a non meno di 150 cm sopra gli apici della Cannabis, e mentre questo migliorerebbe sicuramente l’uniformità di distribuzione della luce francamente non riesco a vedere come questi dati di intensità rilevati potrebbero essere considerati ottimali per la produzione di infiorescenze.
Grande delusione infine per il risultato di Gavita, che ad onor del vero ha partecipato a questo test nella forma più svantaggiata di tutte, con lampada e bulbo praticamente ai tempi supplementari della loro service life. Niente male affatto in termini di uniformità, ma evidentemente la degradazione derivante dall’utilizzo di questo strumento ha un ruolo fondamentale nei dati di emissione rilevati. Proveremo in seguito a testarla nuovamente con un bulbo nuovo, magari proprio quello della LUXX, ed in futuro anche a testare una luminaria interamente nuova per vedere come si compara con questa.

Questo test ci ha riservato diverse sorprese; ci aspettavamo sì qualche risultato forte, ma tutto considerato ci saremmo aspettati una minore disparità di risultati. La tecnologia HPS a trasformatore elettronico non é nulla di nuovo, anzi; si tratta di una tecnologia utilizzata in modo estensivo in diversi settori e per molto tempo, il che significa che praticamente tutte le occasioni di miglioramento ed ottimizzazione del sistema sono state individuate e sfruttate prima da uno e poi dall’altro produttore, facendo così raggiungere a questo tipo di lampade una sorta di plateau del proprio sviluppo/evoluzione. Il risultato é che fondamentalmente tutti i migliori marchi se la giocano al foto finish per così dire, e non esistono o non sono stati attualmente individuati ulteriori margini di significativo migioramento per questa tecnologia inventata da Arthur H. Compton nel 1920; quasi un secolo fa.

Sentiti ringraziamenti a LUXX per aver fornito le proprie lampade e bulbi e ad INDOORLINE per aver fornito l’interessante luminaria DIMLUX e per la partecipazione al test.

Faremo presto altri test di lampade CMH e di un’ampia varietà di bulbi CMH, MH e HPS.

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