Una capitale viva e identitaria, perdersi tra le sue vie è un privilegio. L’orientamento vaga in estasi dei sensi annebbiato dall’euforia della birra, dai profumi dolci e dai ritmi che si sovrappongono rimbombando soavi ad ogni angolo della città. Dublino vive di musica, ambrosia scura e gentilezza. Piccola e accogliente trasforma il quotidiano in un’avvincente “Odissea moderna”: chiunque si identifica in Leopold Bloom girovagando per le sue strade. Ci si immerge spontaneamente in una realtà autentica dove le nuove esperienze si fondono con il fluire dei propri pensieri, diventare “dubliner” per qualche giorno è più di un viaggio, è un’esperienza.
Così inizia la scoperta della capitale irlandese, coinvolti dagli innumerevoli divertimenti che la animano e dalle suggestioni letterarie che la identificano nell’immaginario collettivo. Dublino è considerata una città della letteratura che ispirò la fantasia di grandi maestri dell’olimpo della scrittura come Oscar Wilde, Jonathan Swift, Samuel Beckett, Bram Stoker, George Bernard Shaw e James Joyce, il più amato dai dubliners. L’autore giganteggia su tutte le figure letterarie irlandesi nonostante il suo amore odio indissolubile per la città. Basti pensare al capolavoro Ulisse che nelle sue pagine descrive Dublino sin nei minimi dettagli: “Voglio dare un’immagine così completa che se un giorno dovesse improvvisamente sparire dalla faccia della terra, potrebbe essere ricostruita sulla base del mio libro”.
Una vocazione letteraria che affonda le sue radici nella storia. Già nell’antichità l’Irlanda era una terra di santi ed eruditi grazie alle università monastiche sorte in tutta l’isola per diffondere la fede cristiana e formare l’élite d’Europa. Un sapere brutalmente interrotto nella seconda metà dell’800 d.C. con la conquista dei Vichinghi che imposero la loro cultura, intollerante al sapere riconducibile ad un unico Dio. Il germoglio letterario fiorì nuovamente alla fine del 1600 trasformando l’isola in un atollo della cultura. Durante l’epoca della Dublino georgiana, la lingua inglese si arricchì combinandosi ad alcuni termini derivanti dal gaelico, l’idioma natale irlandese. Questa simbiosi linguistica creò uno stile unico, squisitamente “irish”, il comune denominatore dei suoi autori nonostante la spiccata personalità di ciascuno.
La letteratura come identità, non è un caso se tra le mete principali della città spicca la prestigiosa Old Library del Trinity College, considerata una delle biblioteche più belle al mondo. Un enorme microcosmo popolato da 250.000 manoscritti antichi, ordinati alfabeticamente e per categoria. Il tesoro più prezioso di questo mondo di parole è il Book of Kells, il libro miniato più famoso del pianeta. Si tratta di un codice medievale realizzato dai monaci dell’isola intorno all’800 a.C. che illustra e descrive con dovizia di particolari i quattro vangeli attraverso una scrittura magistralmente articolata e dei colori brillanti nonostante i secoli, una gloria dell’arte celtica e della fede cristiana.
Dopo i silenzi della Old Library che sembrano cristallizzare il tempo, la scoperta di Dublino prosegue a ritmo di reel, la tradizionale musica irlandese. Le notti scorrono veloci al Temple Bar, il quartiere del divertimento per eccellenza dal fascino bohémien. Passeggiando per le sue vie lastricate si può assistere ad un insolito concerto degli artisti di strada, dove il sound di solisti accompagnati da una fida chitarra e di gruppi di percussionisti dalle reminiscenze esotiche si intrecciano in un’ armonia scomposta. L’atmosfera effervescente vive anche all’interno dei locali, jukebox instancabili di musica dal vivo carburati da fiumi di birra alla spina. Il più famoso è l’omonimo del quartiere, l’iconografico pub dalle facciate rosse davanti al quale tutti desiderano scattare una foto ricordo.
Un viaggio a Dublino va oltre gli stereotipi ancorati ad una realtà fuori dal tempo, offre scorci di mondanità raffinata come quella di Grafton Street, il quartiere più glamour di tutta l’Irlanda, oppure gli agglomerati moderni della zona di Docklands e del Grand Canal dove hanno sede operativa numerose multinazionali. Da terra di emigrazione a terra promessa per numerosi giovani irlandesi e per quelli che arrivano volenterosi da tutta Europa.
Una capitale sempre più orientata al futuro che non dimentica le proprie radici e leggende. Si narra che alla St Patrick’s Cathedral, San Patrizio battezzasse gli irlandesi convertiti nell’acqua in un pozzo senza fondo considerato la porta d’ingresso per le anime del Purgatorio. Questo luogo del credo, tra testimonianze storiche e fervida immaginazione, è stato convalidato come uno dei siti cristiani più antichi e venerati d’Europa. L’attuale struttura in stile gotico risale agli inizi del XII secolo, uno dei luoghi identitari della città da non perdere, come il castello di Dublino. Distante dalle aspettative anticipate dal suo nome, questa struttura è un insieme di palazzi nobiliari risalenti al XVIII secolo. La Record Tower è unico baluardo della struttura originale anglo-normanna risalente al XIII secolo che rimanda al concetto di castello.
Dublino racconta il presente e il passato a nord e a sud del Liffey, il fiume scuro come la sua birra che taglia in due la trama urbana valorizzata dagli spazi verdi dei suoi parchi. Dall’immenso e periferico Phoenix Park dove si trova lo zoo più antico d’Europa, al centralissimo St Stephen’s Green, il più frequentato dai cittadini che amano passeggiare o rilassarsi tra le aiuole di fiori e vecchi palchi d’orchestra d’epoca vittoriana, a rivalsa di un passato sporco e misero. Alcuni alberi secolari del parco sono testimoni delle flagellazioni pubbliche, dei roghi e delle impiccagioni che si svolgevano in questo cuore verde della città. Tutt’altra narrativa quella del Merrion Square che vide il giovane Oscar Wilde correre spensierato sui prati e nascondersi tra gli alberi. Il celebre autore nacque in un’elegante casa georgiana a poca distanza e trascorse gran parte del tempo libero della sua infanzia in questo luogo, oggi considerato identitario per gli irlandesi. Nell’angolo nord ovest del parco, la statua del dandy campeggia con espressione ironica, come un monito alla spensieratezza, un inno alla vita. Gli irlandesi vivificano il suo ricordo tra musica e boccali di birra nella leggerezza degli attimi condivisi, epifanie del quotidiano come le avrebbe definite il dubliner per eccellenza, James Joyce.