Un giro d’affari di 4,7 miliardi di euro all’anno, inclusi 2,8 miliardi di entrate per lo Stato e 1,36 miliardi di risparmi per costi legati alle spese di polizia e a quelle legali. È questo l’effetto dirompente che potrebbe avere la legalizzazione della cannabis sul bilancio federale tedesco, secondo un recente studio pubblicato dal Financial Times e realizzato dall’Università Heinrich Heine di Düsseldorf.
Uno scenario che potrebbe presto diventare reale, dato che la Germania potrebbe essere il secondo Paese europeo – dopo Malta, che l’ha fatto poche settimane fa – a legalizzare il possesso e la vendita di cannabis a scopo ricreativo, diventando di fatto il primo mercato al mondo. Con una popolazione di 80 milioni di abitanti e una tale potenza di fuoco a livello economico, neppure il Canada o l’Uruguay o i 18 Stati americani che hanno imboccato questa strada reggerebbero il confronto.
Ma perché in Germania si è arrivati a parlare di legalizzazione con questo livello di concretezza? È molto semplice: perché è stato il governo a farlo. Anzi, per essere precisi, il nuovo governo, quello formatosi dopo le elezioni federali dello scorso settembre. Il primo esecutivo senza Angela Merkel alla guida dal 2005 ad oggi. A presiederlo è il socialdemocratico Olaf Scholz e a sostenerlo c’è una coalizione formata, appunto, dalla SPD (il partito di Scholz), i Verdi e i Liberali della FDP.
Tre partiti che non sono in sintonia su tutto (dai temi economici a quelli ambientali, dalla sicurezza ai diritti), ma che – come consuetudine nella politica tedesca – si sono seduti intorno ad un tavolo e, prima di cominciare a governare, hanno messo nero su bianco, semplificando potremmo dire in forma di contratto, un accordo sulla base del quale intendono guidare il Paese più grande, ricco ed importante d’Europa nei prossimi cinque anni.
Ebbene, tra i punti contenuti nel programma di governo, c’è scritto a chiare lettere che i tre partiti concordano sull’introduzione di una legge che consenta “la distribuzione controllata di cannabis per adulti, destinata all’uso ricreativo, attraverso una rete di negozi controllati”. L’obiettivo, oltre al già citato impatto di tipo economico e alla necessità di togliere ossigeno alla criminalità organizzata che controlla lo spaccio di stupefacenti, è quello di garantire la qualità dei prodotti, prevenire il traffico di sostanze contaminate e tutelare i minori.
Ma se le intenzioni sono chiare e non lasciano spazio ad interpretazioni, la domanda che necessita di una risposta, a questo punto, è solo una, anzi due: come e, soprattutto, quando la legalizzazione potrebbe diventare realtà? A questo interrogativo, ovviamente, sono legate anche diverse altre questioni: chi sarà autorizzato a commercializzare cannabis? Quale quantità sarà possibile acquistare e detenere? Quali saranno le regole per il possesso? Chi potrà coltivare cannabis e a quali condizioni?
Le risposte a tutto questo saranno il vero fattore chiave che determinerà il successo dell’intera operazione. Quel che è certo è che al momento non esiste ancora una data precisa a partire dalla quale sarà consentita la vendita controllata di cannabis in Germania. Possiamo dire con ragionevole certezza che, anche alla luce del dilagare dell’emergenza Covid, lo sviluppo di un calendario preciso richiederà ancora molto tempo. È stato calcolato che in Germania un processo legislativo si esaurisce in media in 175 giorni, quindi più o meno sei mesi. Ma è ragionevole pensare che da qui a sei mesi non avremo ancora una legge. L’orizzonte, infatti, è quello dei quattro anni di mandato del cosiddetto governo Ampel (che in tedesco significa semaforo, dal colore dei tre partiti che lo formano).
Sia Sebastian Fiedler, deputato della SPD, che il liberale Andrew Ullmann hanno detto chiaramente che al momento le priorità sono altre, in primis la lotta alla pandemia. Ma Anne Spiegel, ministra della Famiglia (Verdi) si è detta sicura che i tre partiti della coalizione riusciranno a trovare “una buona strada” per l’approvazione della legge. “Ci sono ottimi esempi nel mondo – ha detto – che ci dimostrano come la questione possa e debba essere presa in considerazione quanto prima”. Ad opporsi, ovviamente, l’ala più conservatrice del Bundestag, rappresentata dalla destra cristiano-democratica della CDU e dagli estremisti di Alternative für Deutschland.
Appurato che i tempi non dovrebbero essere brevissimi, resta da capire quali saranno i modi. Da questo punto di vista, è facile immaginare che verrà creata una rete di negozi (o caffetterie) controllati e che le condizioni di commercializzazione saranno piuttosto stringenti. La quantità di prodotto che si potrà vendere sarà quindi limitata e gli acquirenti dovranno certamente essere (almeno) maggiorenni. Potrebbero anche essere le farmacie, che già distribuiscono cannabis medica, ad entrare nella rete dei rivenditori. Queste ultime partirebbero avvantaggiate dal fatto di poter garantire, più di altri, la qualità del prodotto e l’assenza di contaminazioni. Da capire se verrà introdotto un limite massimo di THC e come verrà regolata la questione della coltivazione, anche domestica. In questo senso il ministro federale della Giustizia Marco Buschmann (FDP) non ha molti dubbi: “Se ci sono negozi che possono vendere legalmente cannabis, allora devono esserci anche produttori che possano coltivarla e venderla legalmente”.
Parole di buon senso, non c’è che dire. Ecco, è esattamente ciò che il fronte antiproibizionista si aspetta che derivi da tutto ciò che accadrà in Germania: un cambio di approccio alla materia, meno ideologico e più razionale, meno disinformato e più scientifico. Prendiamo il caso dell’Italia: è bastato che da Berlino arrivasse la notizia dell’accordo di governo sulla cannabis per far dire al ministro del Lavoro nostrano, il democratico Andrea Orlando, che forse è ora di affrontare il discorso della legalizzazione delle droghe leggere in maniera più laica. Sembra una cosa scontata, ma non lo è. E potrebbe rappresentare un’ulteriore spinta in avanti anche in ottica referendum.
Ecco perché la Germania potrebbe essere il vero “game changer” del dibattito aperto sulla legalizzazione. Più della Spagna, più del Portogallo, più degli stessi Paesi Bassi. In definitiva, non è esagerato dire che la strada verso la piena presa di coscienza della politica passa proprio da Berlino. La storia, insomma, passa di qui. E sarebbe certo la prima volta.
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