La questione delle restrizioni italiane sulla canapa industriale e sul cannabidiolo (CBD) resta un tema di grande discussione all’interno delle istituzioni europee. Nonostante l’interesse e l’urgenza del caso, la Commissione europea ha deciso di non prendere una posizione definitiva, rinviando la valutazione delle norme italiane a causa della complessità del tema. Questo è quanto emerso dal confronto avuto lo scorso 17 marzo tra la commissione Petizioni (Peti) del Parlamento europeo, la Direzione Generale Agricoltura dell’esecutivo Ue e il presidente di Canapa Sativa Italiana (CSI), Mattia Cusani, primo firmatario della petizione.
La petizione e il sostegno delle associazioni italiane ed europee
Nel settembre dello scorso anno, Mattia Cusani ha lanciato una petizione che ha trovato il sostegno di numerose sigle agricole italiane ed europee, tra cui Confagricoltura, Cia, Copagri, Cna Agroalimentare e l’Associazione europea della canapa industriale (Eiha). La petizione chiede all’Unione europea di verificare la compatibilità delle normative italiane con il diritto comunitario e di sollecitare l’intervento della Commissione europea per garantire il rispetto della libera circolazione delle merci e della concorrenza leale, principi sanciti dai trattati europei.
In particolare, le associazioni italiane hanno puntato il dito contro due provvedimenti: un emendamento al Ddl Sicurezza, che vieterebbe la produzione e il commercio delle infiorescenze di canapa e dei suoi derivati (anche con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%), e un decreto del governo italiano che, entrato in vigore lo scorso 5 agosto e sospeso un mese più tardi dal Tar del Lazio, equipara il CBD per uso orale a sostanze stupefacenti, limitandone la vendita alle sole farmacie con prescrizione medica.
Le preoccupazioni della filiera della canapa
Mattia Cusani, intervenuto alla seduta della commissione Petizioni, ha espresso preoccupazione per il futuro della filiera italiana della canapa, che potrebbe subire danni irreparabili se tali norme venissero attuate. Secondo Cusani, le restrizioni italiane violano i principi europei di libera circolazione delle merci e concorrenza leale, e sono in contrasto con la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia europea, come dimostrato dalla recente sentenza Biohemp (4 ottobre 2024). Questa sentenza ha stabilito che gli Stati membri non possono limitare la coltivazione della canapa industriale senza prove scientifiche concrete che giustifichino tali restrizioni, specialmente in assenza di rischi per la salute pubblica.
A rischio, secondo Cusani, ci sono oltre 2.000 aziende agricole e commerciali, nonché migliaia di posti di lavoro. Le restrizioni potrebbero danneggiare settori economici vitali come la cosmesi, il florovivaismo, gli integratori alimentari e l’erboristeria, dove la canapa trova ampio impiego.
La posizione della Commissione europea e il futuro della questione
Durante il dibattito, Oliver Sitar, capo unità alla Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione europea, ha confermato l’importanza della canapa per settori come l’edilizia, il tessile e la carta. Tuttavia, per quanto riguarda il CBD, ha sottolineato che la Commissione non può intervenire direttamente finché non ci sono prove scientifiche unanimi e che la regolamentazione del CBD resta di competenza degli Stati membri, sulla base di motivi di salute pubblica. In sostanza, la valutazione è ancora in corso, e la Commissione europea non può aprire indagini formali finché le normative italiane non entreranno in vigore definitivamente.
Nel caso del CBD per uso orale, Sitar ha ricordato che l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare (Efsa) non ha ancora incluso il CBD nel regime dei novel food, a causa della mancanza di consenso scientifico sulla sua sicurezza. Tuttavia, la decisione del governo italiano di equiparare il CBD a sostanze psicotrope come le benzodiazepine ha suscitato forte preoccupazione tra gli operatori del settore.
Le reazioni politiche in Europa
Nonostante la posizione cauta della Commissione, il dibattito all’interno del Parlamento europeo resta acceso. Le eurodeputate italiane Cristina Guarda (Avs) e Valentina Palmisano (M5S) sono state in prima linea nel sostenere la petizione e nel criticare le normative italiane, ritenute ingiuste e irragionevoli. Guarda ha definito l’azione della destra al governo come “ideologica e oscurantista”, mentre Palmisano ha evidenziato che tali norme ignorano il potenziale economico, ambientale e occupazionale della filiera della canapa.
La maggioranza dei membri della commissione Petizioni ha deciso di mantenere la petizione aperta e di inviare una lettera di reclamo alle autorità italiane, dando al governo italiano 90 giorni di tempo per rispondere. Sebbene non siano previste conseguenze dirette in caso di mancata risposta, la decisione di mantenere la petizione aperta dimostra l’impegno del Parlamento europeo nel monitorare attentamente la situazione.
Un futuro incerto per la filiera della canapa in Italia
La vicenda rimane aperta e la filiera della canapa industriale in Italia è in attesa di una valutazione finale da parte della Commissione europea. Tuttavia, la continua pressione delle associazioni e degli eurodeputati, unita all’attenzione della Commissione europea, potrebbe portare a una revisione delle restrizioni italiane. Nel frattempo, le piccole e medie imprese coinvolte nella canapa restano in bilico, sperando che le istituzioni europee possano garantire il rispetto delle normative comunitarie e la tutela di un settore che rappresenta una risorsa economica, ambientale e occupazionale fondamentale per il Paese.