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Dalla Hemp Body Car alla casa di canapa

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“Il carburante del futuro sta per venire dal frutto, dalla strada o dalle mele, dalle erbacce, dalla segatura, insomma da quasi tutto. C’è combustibile in ogni materia vegetale che può essere fermentata e garantire alimentazione. C’è abbastanza alcool nel rendimento di un anno di un campo di patate, utile per guidare le macchine necessarie per coltivare i campi per un centinaio di anni”.

Potrebbe tranquillamente passare per il discorso di un attivista dei nostri giorni, invece a parlare è il magnate dell’industria automobilistica americana: correva l’anno 1925 e, in un’intervista rilasciata al New York Times, Henry Ford avanzò l’ipotesi che si sarebbero potute costruire automobili realizzate con fibre naturali alimentate con combustibili ecologici a basso impatto ambientale.

Non sorprende, allora, che sia stato proprio l’inventore della catena di montaggio a realizzare sedici anni dopo la vettura ecologica ante litteram, un’auto dieci volte più leggera di un’auto d’acciaio, la cui carrozzeria era realizzata in fibra di Canapa ed era alimentata da etanolo di canapa. Era il 1941 e la Hemp Body Car, elegante, massiccia e bianca, sfilava davanti alle cineprese in uno spot realizzato sotto il palazzo della Ford, si fermava e un gentiluomo in cappotto e cravatta tirava fuori un martello e iniziava a colpirne pesantemente il cofano che rimaneva incredibilmente intatto, nemmeno un graffio!

La portata straordinaria di quell’invenzione era, però, il carburante, l’Hemp Body Car camminava soltanto grazie a un distillato di canapa, l’impatto inquinante, di conseguenza, era praticamente pari a zero. Peccato che la Hemp Body Car risultasse un’idea irrealizzabile per i magnati dell’industria dell’acciaio e di quella petrolifera; Henry Ford morì sei anni dopo la sua invenzione e nel 1955 in America venne proibita la coltivazione della canapa. Correvano gli anni in cui le politiche economiche erano esclusivamente interessate al profitto di pochi a discapito della salute del pianeta, e tra quei pochi c’erano gli stati del petrolio e dell’acciaio.

Oggi l’interesse per la salvaguardia ambientale è più vivo, ma, soprattutto, la crisi petrolifera sposta l’attenzione verso nuove risorse. In un’intervista rilasciata a Millionaire, Felice Giraudo, presidente di AssoCanapa, dichiara: «Pare che gli aerei costruiti in lana di canapa sarebbero più leggeri: un risparmio di migliaia di euro di carburante per le compagnie aeree.

La costruzione di una casa con materiali a base di canapa emette 11mila kg di CO2 rispetto ai 21mila di una casa tradizionale. Chi volesse iniziare a rischiare da subito potrebbe già investire con la coltivazione di un ettaro e darsi da fare per cercare investitori: un impianto per la lavorazione costa sui 500mila euro».

A Città del Capo, in Sudafrica, è stata costruita la prima casa realizzata interamente con fibre e materiali derivanti dalla canapa. Si tratta di una casa completamente biocompatibile e bioefficiente, in grado di migliorare la qualità dell’aria sia al suo interno sia al suo esterno poiché la canapa è in grado di assorbire l’anidride carbonica. Per la sua realizzazione, inoltre, non è stato necessario utilizzare sostanze chimiche come isolanti, i biomattoni di fibra di canapa, infatti, hanno un elevato potere isolante.

Se in Sudafrica, però, per realizzare la casa di canapa è stato necessario importare la materia prima dalla Francia, poiché i governi locali non ne permettono la coltivazione, in Italia grazie a una circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2002, è possibile coltivare canapa che non contenga livelli rilevanti di THC.

Negli ultimi tempi inoltre, il settore è in forte crescita, e anche in Italia vengono realizzati lavori di ristrutturazione impiegando la Canapa insieme alla calce, e si costruiscono piccole chiese (Alto Adige) e case antisismiche come nel caso di un paesino nel modenese, dove è stata realizzata la prima casa di canapa e calce durante la ricostruzione post terremoto del 2012.

In un pianeta saturo di agenti inquinanti, con un’industria petrolifera in crisi, la canapa si presenta come una valida e significativa alternativa, nonostante che risenta di strascichi di pregiudizi e disinformazione che ancora ne rallentano la diffusione.

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