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La Canapa, una risorsa per eliminare l’inquinamento

Canapa per risanare terreni inquinati

Aree di Trento nord: uno degli oltre 40 SIN (Siti di Interesse Nazionale) situati nel nostro Paese. Uno di quei luoghi, cioè, classificati più pericolosi dallo Stato a causa dello stato di inquinamento, e quindi una di quelle aree che hanno bisogno di una bonifica a 360gradi: del suolo, del sottosuolo, delle acque di superficie e di quelle sotterranee.
A Trento Nord ci sono 180 tonnellate di piombo tetraetile e il terreno sottostante la fabbrica è inquinato fino a una profondità di 15 metri. Come ripulire il tutto? La risposta è con la Canapa, una pianta dalla straordinaria capacità di assorbimento sia degli inquinanti del terreno (metalli pesanti, inquinanti organici) che della Co2 dall’aria.

Ma facciamo un passo indietro. L’attività industriale nell’area di Trento nord inizia nel 1905 con la Premiata Fabbrica di Lavorazione Asfalti e Bitumi per Opere Stradali e Impermeabilizzazioni. Un nome lunghissimo che nel tempo si è trasformato in Asfalti SpA, Prada Chimica SpA e Carbonchimica Italiana. Un’attività partita con la distillazione del catrame che si è poi allargata alla produzione di naftalina, di oli per l’impregnazione del legno, di pece per elettrodi, di anidride ftalica e acido fumarico. All’inizio degli anni ’80, comincia la fase finale delle attività e la crisi del settore, l’impossibilità di deputazione delle acque e la difficoltà di sostenere gli investimenti portarono alla chiusura dello stabilimento.

Problema risolto? Niente affatto. L’inquinamento sul terreno, la cui proprietà è divisa ora tra le quattro società immobiliari Tim, Imt, Mit e Fransy, è ancora lì, 33 anni dopo. La bonifica avrebbe dovuto partire nel 2013 e avrebbe dovuto essere pianificata in fasi diverse. Prima la decontaminazione delle rogge demaniali, poi la bonifica dei terreni, per un costo totale di 100 milioni di euro e oltre 3 anni di lavori. Risultato: la bonifica non si fa.

Oggi sono tre consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle a proporre la soluzione, che si chiama Canapa, parlando di fitorisanamento e fitorimediazione, importanti tecniche che il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sta mettendo a punto fin dai primi anni 2000. Tecniche in cui la Canapa svolge un ruolo da protagonista in quanto pianta intollerante ai metalli pesanti, con radici resistenti e una forte capacità di acclimatamento. Caratteristiche chiave che la rendono una pianta da bonifica perché assorbe e detossifica i terreni dai materiali inquinanti. E il tutto con costi bassissimi, basti già solo pensare al fatto che non ci sarebbe bisogno di trasportare e smaltire le tonnellate di materiale nocivo altrove. Non solo. Con la fito-bonifica cresce la fertilità dei suolo e si contrasta desertificazione e deforestazione.

Tante qualità positive che pesano sul piatto della bilancia e che hanno portato i tre consiglieri a proporre di “attivare un progetto di bonifica dei terreni con tale sistema, monitorando terreni, falde e piante almeno per tre cicli vegetativi. Qualora le piante raccolte avessero buone caratteristiche, si potrebbero inoltre conferire per il loro utilizzo industriale o tessile abbattendo ulteriormente i costi dell’intervento”.

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