Orto in Balcone: la Piantaggine. Durante il corso della storia dell’uomo, sono cambiate di molto le abitudini alimentari, le tecniche di trasformazione del cibo e la domesticazione delle piante, ma la raccolta delle erbe spontanee a scopo nutritivo e terapeutico è un elemento comune a tutte le epoche e regioni geografiche. La nascita dell’agricoltura viene datata all’incirca 5000 anni prima di Cristo, quando ebbe inizio la domesticazione delle piante selvatiche: il processo si avviò casualmente fino ad arrivare a una vera e propria razionalizzazione delle tecniche. L’agricoltura permise all’uomo di svilupparsi in civiltà, modificandone permanentemente il comportamento; fino al secolo scorso l’essere umano ha comunque mantenuto un fortissimo legame con la natura spontanea, garantendosi in più occasioni, come in casi di gravi carestie, la sopravvivenza. La necessità alimentare fu la principale guida istintiva che portò l’uomo alla curiosità per le piante selvatiche e alla loro addomesticazione, questo fatto è legato profondamente anche ad un uso terapeutico delle stesse.
I nostri antenati erano in grado di riconoscere ogni tipo di pianta ed erbaccia, grazie ad una minuziosa cultura orale basata sull’esperienza diretta di svariate generazioni di uomini: il neologismo tanto in voga oggi, la nuova ala di ricerca scientifica conosciuta come nutraceutica, è in realtà un insieme di saperi antichissimi che sono stati pressoché confermati da studi di laboratorio. L’esempio più lampante è l’impiego da parte delle industrie farmaceutiche di piante o di estratti di esse per la preparazione di farmaci specifici. La tendenza del momento è però quella di un ritorno ad un approccio più naturale alla malattia, soprattutto nei casi di malesseri generici o che interessano più organi dello stesso apparato, in cui le piante danno il massimo degli effetti desiderati associato al minimo della probabilità di avere effetti collaterali.
In particolare, la nutraceutica propone di curare e prevenire determinati disturbi attraverso un’alimentazione quotidiana naturale ed equilibrata, atta ad escludere i prodotti lavorati industrialmente.
Nel Settecento, questa “nuova” scienza fu preceduta dalla fitoalimurgia, letteralmente «pianta che toglie la fame», lo studio comprendente molti trattati, come il De Alimenti Urgentia, sulle piante selvatiche di cui si nutrivano i popoli durante i periodi di carestia. In Italia, a cavallo tra le due guerre mondiali, furono prodotti diversi documenti a riguardo e, nonostante le abbondanti provvigioni, l’esercito americano possedeva diversi manuali di fitoalimurgia per far fronte alla più critica delle situazioni. Oggi non c’è più una reale urgenza alimentare (per il momento), ma conoscere, raccogliere o coltivare, e consumare le erbe selvatiche dona l’opportunità di non perdere quell’imprescindibile contatto con la natura, permettendo anche di comprendere il vero gusto del cibo ripartendo dai sapori autentici, a cui non siamo più abituati.
La Piantaggine.
Nome scientifico: Plantago lanceolata L., famiglia: Plantaginaceae; nomi comuni: Piantaggine lanceolata, Lingua di cane, Piantaggine minore.
La piantaggine, pianta euroasiatica, è diffusa nelle campagne ed in tutti i centri urbani. Protagonista di storie e leggende curiose, segue l’uomo ovunque vada, anche nel Nuovo Mondo, dapprima sconosciuta alla popolazioni indigene: è infatti una pianta fortemente sinantropica. Considerata erba magica da molti popoli, tra cui gli inglesi, vanta molte proprietà curative ed è da sempre presente nelle preparazioni cotte e crude.
Cenni botanici.
È una pianta perenne molto comune, la facilità con la quale si incontra l’ha resa protagonista di molti piatti e può facilmente sostituire le verdure di uso quotidiano, grazie al suo sapore gradevole, non distante da quelli a cui siamo abituati. È facile trovarla nelle aiuole o ai bordi dei marciapiedi e, al momento opportuno, cioè da aprile a giugno si possono raccogliere i suoi semi per poi piantarla in ambienti più protetti.
Le sue foglie sono disponibili anche d’inverno e sono semplici da riconoscere per via della forma a punta, sono dritte, disposte a rosetta e presentano da 3 a 5 nervature verticali. Quando si prepara alla fioritura, analogamente al Tarassaco, il gambo del fiore punta verso l’alto, segnalando la propria posizione: il fiore è composto da un’infiorescenza marroncina, circondata da petali biancastri e da antere (fiori maschili) molto evidenti. I suoi frutti sembrano delle piccole capsule e contengono semi di dimensioni inferiori al millimetro.
La piantaggine lanceolata è simile alla sorella piantaggine maggiore, più tonda e tozza, anch’essa è commestibile ma di statura più piccola: raggiunge al massimo i 15 cm mentre la lanceolata può arrivare fino a 50.
Coltivazione.
E’ molto facile da coltivare e rispecchia il profilo della verdura ideale da coltivare in balcone anche dai meno esperti o nell’orto. La semina può benissimo avvenire a spaglio, distribuendo i semi a mano in maniera casuale in vaso o in terra piena, senza bisogno di semenzai e trapianti di sorta. Si adatta a tutti i tipi di terreno ma predilige quelli basici, necessita di una posizione soleggiata e in balcone sono sufficienti 3 ore di luce diretta al giorno.
Raccolta e conservazione.
Le prime foglie sono le più tenere e le più adatte alle insalate, possono essere raccolte tutto l’anno prima della fioritura, periodo in cui le foglie diventano leggermente più fibrose ed acquistano un sapore più deciso, più adatto alle ricette cotte. Si raccolgono tagliandole alla base con coltello o forbici, la radice non si deve estirpare, così potrà continuare a produrre foglie. La raccolta dei semi va eseguita ad infiorescenza completamente secca ed è meglio raccogliere tutta la spiga per non disperderli. Le foglie più tenere si possono scottare in acqua bollente per qualche minuto per poi essere conservate in freezer; a quelle più mature è meglio asportare le nervature incidendole con un coltello. Nel periodo da giugno ad agosto possono essere raccolte ed essiccate per farne tisane ed infusi depurativi e diuretici.
Proprietà.
La pianta è ricca di vitamine A e C e vanta diverse proprietà: antibatterica, espettorante, emostatica, astringente, antinfiammatoria, depurativa e diuretica. Applicando il suo succo fresco sulle ferite funge da battericida, in caso di piccole escoriazioni durante passeggiate nel bosco, può essere applicata la foglia leggermente incisa direttamente sulla ferita. È usata per calmare effetti tipici della dissenteria, bronchite, mal di gola e tosse e infiammazioni del cavo orale in generale. I semi sono ricchi di mucillagine che ha blandi effetti lassativi e di anacubina, un glucoside che stimola la secrezione di acido urico dalle articolazioni, possono quindi essere perfetti medicamenti anti gotta. Il succo della piantaggine si può usare anche per combattere il raffreddore e la sinusite in quanto aiuta ad eliminare le secrezioni di muco dalle alte vie respiratorie. Non a caso, l’industria farmaceutica lo adopera per produrre sciroppi per la tosse.
Ricette.
La piantaggine è molto ricca di fibre, ha un sapore molto gradevole e sapido con punte di amarognolo quando si avvicina la fioritura. Perfetta sia cotta in padella che nelle zuppe, può essere consumata alla stregua degli spinaci anche se è superiore in qualità organolettiche soprattutto se consumata da cruda, quando conserva tutte le vitamine.
Ricetta – Torta di Piantaggine
250g di farina
300g di foglie di piantaggine
una cipolla
2 patate medie
olio, sale e pepe.
Lessare la piantaggine per pochi minuti in acqua bollente, scolarla molto bene eliminando il liquido in eccesso e fare raffreddare. Nella stessa acqua di cottura lessare le patate ben lavate e con la buccia, sbucciarle e schiacciarle con una forchetta. Nel frattempo, preparare la sfoglia (pasta matta) mettendo in una ciotola la farina con 2 cucchiai di olio e dell’acqua tiepida, quando basta per ottenere un impasto liscio, omogeneo e non appiccicoso.
Farlo riposare nella ciotola coperto da un canovaccio pulito per una mezz’ora. Intanto preparare il ripieno, saltando in padella la piantaggine tritata con la cipolla e un filo d’olio, amalgamare poi alle patate condendo il tutto con sale, pepe e peperoncino a piacere e se necessario ancora olio. Stendere la pasta con un mattarello in un unico foglio spesso non più di un millimetro oppure servirsi della nonna papera per ottenere più lingue di pasta sottilissima (metodo consigliato). Ungere una teglia capiente e coprire tutte le sue superfici con le lingue di pasta, facendole avanzare anche dai bordi. Livellare bene il ripieno, che non dovrebbe superare lo spessore di un centimetro e mezzo, sulla sfoglia. Infine, ricoprire il ripieno con la pasta avanzata dai bordi e con altre lingue,lasciando scoperto un rettangolo (facoltativo).
Spennellare la superficie della pasta con poco olio ed infornare a 180 gradi per circa mezz’ora: la pasta sfoglia dovrà risultare leggermente dorata e croccante.
Ricetta – Rotolo di piantaggine
La torta di piantaggine è sublime ma se non siete pratici con mattarello e nonna papera si può provare a fare un semplice rotolo.
200g di foglie di piantaggine
4 patate
300g di farina
un uovo (facoltativo)
50g di grana (facoltativo)
olio, sale e peperoncino in polvere a piacere.
Lessare le patate, sbucciarle e passarle nello schiacciapatate, unire la farina e l’uovo, salare ed amalgamare. Lavorare l’impasto finché non sarà omogeneo, quindi stenderlo su un foglio di carta da forno a formare un quadrato o un rettangolo spesso un centimetro. Fare rosolare la piantaggine con olio e peperoncino almeno per 15 minuti. A fine cottura tritare la piantaggine ed aggiungere il grana per amalgamare e distribuire il composto sulla base di patate. Arrotolare il tutto, aiutandosi con la carta da forno (ovviamente senza lasciarla in mezzo) ed infornare a 180 gradi per circa 30 minuti.
Ricetta – Piantaggine al vino bianco
300g di foglie di piantaggine, 50g di burro o due cucchiai di olio, un bicchiere di vino bianco, pepe, sale e peperoncino in polvere a piacere.
Sciogliere in padella il burro e farvi rosolare la piantaggine, unire il vino bianco, salare e pepare. Coprire con un coperchio e cuocere per almeno 15 minuti a fiamma bassa. Un’altra versione prevede di scolare bene la piantaggine dal liquido di cottura, da lasciare in padella per poi aggiungervi 20g di farina da fare addensare a mo di besciamella e, con la salsa ottenuta, accompagnare la piantaggine precedentemente saltata.
Pubblicato originalmente in BeLeaf 1, gennaio 2017