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Quanto è difficile curarsi con la cannabis terapeutica in Italia

Nonostante sia legale da più di dieci anni, curarsi con la cannabis in Italia è un percorso che richiede molta pazienza e perseveranza, una conoscenza approfondita delle leggi e l’incontro con medici informati e disposti ad aiutarti. In una parola: un calvario.

Eppure, nonostante tutte le difficoltà, i pazienti che richiedono di essere curati con la cannabis sono in aumento. Un esempio? Il Piemonte dove i pazienti son triplicati. Nel 2017 i malati trattati con cannabis erano stati 639 (con un incremento rispetto al 2016 del 205,74%) per un totale di 2.683 prescrizioni. Di queste, 770 sono state effettuate da medici di medicina generale (28,70%) e 1.913 da medici specialisti (71,30%). Nel 2016 erano stati 209 per un totale di 483 prescrizioni. La spesa totale registrata del 2017 è stata di 193.089 euro, con un incremento del 107,07% rispetto al 2016. In questa regione oltre il 70% dei trattamenti riguarda la cura del dolore cronico o neurogeno.

Questi dati hanno portato anche a lanciare la prima esperienza in Italia di uno studio clinico, condotto su 90 pazienti, sull’efficacia e sulla sicurezza dei trattamenti con cannabis terapeutica (una ricerca che sarà finanziata dalla Regione Piemonte e promossa dall’azienda ospedaliero-universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino).

In Italia i prodotti della cannabis terapeutica– prescrivibili esclusivamente dal medico – trovano impiego, spiega il ministero della Salute, “nella terapia del dolore per gravi patologie quali la sclerosi multipla e le lesioni midollari, ma anche nella cura dei tumori per alleviare i sintomi causati dalla chemio e radioterapia”. I benefici sono molteplici, per questo c’è molta richiesta che, però, non viene essere soddisfatta dalla produzione nazionale.

Da dove viene la cannabis terapeutica italiana?

La cannabis terapeutica ‘made in Italy’ comincia il suo viaggio verso i pazienti dalle serre dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Al momento la capacità produttiva è di 100 kg annui, ma nel 2017 il fabbisogno nel nostro Paese ha avuto un’impennata e si lavora per incrementare anche la produzione. Obiettivo: arrivare a quota 300 kg e oltre. Ancora troppo poco, visto la grande richiesta. 

L’attuale legislazione prevede che oltre alla produzione nazionale, ci sia la possibilità di importare il farmaco dall’estero, soprattutto dall’Olanda. Un paradosso visto le conoscenze – l’Italia negli anni ’40 del secolo scorso era il secondo produttore mondiale di canapa con 100mila ettari coltivati -, la disponibilità e le condizioni climatiche, che consentirebbero a molti di coltivare una cannabis di qualità.

Ma nonostante la doppia fonte di approvvigionamento, il sistema risulta assolutamente insufficiente nel garantire ai pazienti italiani un accesso soddisfacente di qualità e a basso costo.

La scarsità di scorte porta anche a ritardi e disservizi, mentre l’importazione dall’estero significa muovere economie altrui. A chi giova il Monopolio di Stato? Sono ormai molti gli studi che certificano il beneficio economico generato dalla produzione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti. Si parla addirittura di un business da 1,4 miliardi di euro e almeno 10mila posti di lavoro generati lungo tutta la filiera.

Perché continuare con questa ottusità? Perché impedire ai pazienti di trovare conforto in una farmaco naturale?

Si moltiplicano gli appelli delle associazione di malati che denunciano la mancanza di questi farmaci, nonostante sia un diritto. Pazienti in cura oncologica, con malattie neurodegenerative e con dolori cronici che hanno dovuto abbandonare il solo farmaco che spesso induce loro sollievo o a mettere in atto una vera e propria ‘disobbedienza civile’, contro uno Stato incivile.

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