Lavorare trent’anni per l’organizzazione simbolo della lotta contro le droghe e poi scoprire che la marijuana non è poi così “brutta e cattiva”? Pare sia possibile. E’ la storia di Matt Murphy, ex agente speciale della Dea (Drug Enforcement Administration), l’agenzia famosa in tutto il mondo perché da sempre rappresenta il baluardo americano nella battaglia contro il narcotraffico. Quella delle serie tv Narcos ed El Chapo, tanto per capirci.
Ebbene, dopo trent’anni di onorato servizio, Murphy ha scelto una nuova strada, prima come consulente per aziende farmaceutiche e oggi come esperto alla Kiron, un’azienda canadese che sta investendo sullo sviluppo di prodotti medicali a base di marijuana.
Intervistato da Maria Pula Suarez Navas per il circuito Metro, Murphy ha spiegato cosa gli ha fatto cambiare approccio sul mondo della cannabis: “Nella Dea si facevano corsi di formazione che valevano sia per le indagini su organizzazioni criminali dedite al traffico di droga che per quelle che distribuivano illecitamente farmaci da prescrizione. Non mi sentivo abbastanza coinvolto rispetto a molti aspetti della salute e dell’industria farmaceutica. Negli Stati Uniti, i farmaci oppioidi sono diventati una emergenza sanitaria nazionale. Credo che la cannabis terapeutica sia un trattamento efficace in alcune condizioni e possa essere un’alternativa ai farmaci tradizionali da prescrizione per il trattamento di dolore, disturbo da stress post-traumatico e molte altre malattie“.
E sui miti da sfatare nel mondo della cannabis, Murphy pronuncia parole inusuali per un agente di un’agenzia antidroga: “La gente sta ancora associando la cannabis con droghe e trafficanti illeciti. Col passare del tempo, questo cambierà. Dobbiamo fare di più in termini di educazione. Dobbiamo investire nell’istruzione per informare pazienti e medici sulla cannabis medicinale. Col passare del tempo, le persone supereranno lo stigma della cannabis e lo legittimeranno e sarà considerato un trattamento credibile“.
E infine un pensiero personale: “È stato estremamente gratificate per me lavorare alla creazione di un’azienda di cannabis medica in Colombia, con gli stessi standard utilizzati nell’industria farmaceutica Usa. Oggi vedo la Colombia in un modo molto diverso da quando ero un agente della Dea“.