Basta calcoli, basta cinismo, basta gioco della parti, basta popcorn: portate il disegno di legge in Parlamento e votatelo. Così, una volta per tutte, si capirà chi sta dalla nostra parte e chi no.
Diciamolo subito, il tempo delle chiacchiere è finito. In una legislatura che sembrava indirizzare il dibattito politico e pubblico solo verso una nuova ondata di insensato proibizionismo ideologico, i disegni di legge sull’autocoltivazione ad uso terapeutico e ricreativo della cannabis, presentati dai senatori del Movimento 5 Stelle Matteo Mantero e Lello Ciampolillo, hanno avuto il merito di squarciare il dominio mediatico dei Salvini e dei Fontana, neo-paladini del securitarismo nostrano.
Ora, però, bisogna passare dalle parole ai fatti. Altrimenti anche queste iniziative politiche resteranno, come già successo in passato, delle vuote dichiarazioni d’intenti.
La situazione non è semplice, inutile negarlo. Se si può riconoscere un merito ai leghisti, almeno in questa vicenda, è quello di aver parlato subito chiaro: loro quel disegno di legge non lo voteranno mai e si appellano al fatto che “non è previsto nel contratto di governo”. Non solo per voce di Salvini, hanno già fatto capire che un’eventuale forzatura dei Cinque Stelle potrebbe portare alla fine dell’esperimento gialloverde.
Questa presa di posizione di Salvini e soci si presta a due contestazioni: la prima è che nel contratto di governo, a quanto ci risulta, non c’era scritto neppure di inasprire le leggi contro il possesso, né di cominciare una guerra senza quartiere all’innocua cannabis light. La seconda è che, per fortuna, la nostra Costituzione assegna ancora al Parlamento il ruolo di legiferare.
E qui entrano in gioco i Cinque Stelle da una parte e le altre forze politiche dall’altra. I primi sono chiamati a prendere una posizione chiara, cosa non ancora avvenuta, visto il silenzio dei leader sulla questione. Delle due una: o le iniziative di Mantero e Ciampolillo (appoggiate esplicitamente da Beppe Grillo, non proprio l’ultimo arrivato) sono concordate e i vari Di Maio, Di Battista, Fico, Ferraresi stanno alla finestra in attesa di capire cosa succede. Oppure quelle dei senatori sono delle boutade personali ed estemporanee. In entrambi i casi sarebbe ora di fare chiarezza, perché l’ultima cosa che si può accettare, in questo contesto, è che la cannabis e le aspettative di milioni di cittadini possano essere utilizzate come arma di ricatto politico. C’è un limite anche al cinismo.
Riguardo alla altre forze politiche, data per assodata la disponibilità ad andare fino in fondo di +Europa e Leu, e la contrarietà di Forza Italia e Fdi, i fari sono puntati sul Partito Democratico. In questo caso vale, all’inverso, il discorso fatto per i Cinque Stelle. Se la legge arriverà in Parlamento, i dem come si comporteranno? Lasceranno libera scelta ai propri parlamentari oppure, in nome dei pop corn di renziana memoria, eviteranno di scendere a patti con il nemico? In questo senso, ci sentiamo di sposare le parole di Tommaso Cerno, senatore dem, che ha firmato la proposta di Matteo Mantero: “Il tema c’è e io, che ho fatto tante battaglie su questo, non ho cambiato idea. Se il Pd esiste ancora deve appoggiare questa iniziativa”.
Come verificare chi sta facendo calcoli politici e chi, invece, vuole davvero legalizzare la cannabis, abbattere il proibizionismo fallimentare, regolarizzare un’intera filiera e tirare un colpo letale alle organizzazioni criminali? C’è un solo modo: portare la legge in Parlamento e vedere, una volta per tutte, chi ci sta e chi no.
Quel che ci sentiamo di consigliare è di pensarci bene: la portata storica di questa battaglia va ben oltre le sorti di un governo che, probabilmente, ha già i mesi contati.