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Così la cannabis sostituirà la caffeina

Ci potrebbe essere una conseguenza inattesa nell’avvento dei robot. Non riguarda tanto i posti di lavoro persi, o quelli creati, ma il consumo della...
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Così la cannabis sostituirà la caffeina

Ci potrebbe essere una conseguenza inattesa nell’avvento dei robot. Non riguarda tanto i posti di lavoro persi, o quelli creati, ma il consumo della bevanda più diffusa al mondo. Il caffè.

Un report della società di consulenza finanziaria RBC pubblicato qualche settimana fa da Business Insider spiega in che modo entro il 2025 robot e intelligenza artificiale ridurranno al minimo il numero di lavori legati al mondo della manifattura, della produzione di beni, quello dei camionisti e degli autisti, e lavori legati al mondo dei media. Ma questo, si dirà, è un dato che oramai sentiamo ripetere spesso, a cui un po’ ci siamo abituati.

Più interessante però è notare che uno degli effetti indiretti di questo fenomeno sarà la riduzione del consumo della sostanza ad oggi più consumata da queste categorie di lavoratori. La caffeina, che potrebbe diventare obsoleta entro qualche anno (7, prevede il report) come conseguenza della graduale scomparsa di questi lavoratori.

Ma c’è un rovescio della medaglia. Se molti lavoratori non avranno bisogno più di caffeina, gli analisti di RCB teorizzano il rafforzamento di un altro trend. Sono convinti infatti che le persone cominceranno ad usare sempre più sostanze che inducono alla riflessione, al pensiero, insomma che ‘promettono’ di renderci più creativi. E l’ipotesi è che la regina di queste sostanze diventerà presto la CBD.

Il CBD potrebbe diventare il sostituto della caffeina”, spiega il report, “perché aiuta i consumatori a rilassarsi. Noi vediamo elementi che ci portano a pensare che sostanze come il CBD diventeranno più popolari della caffeina e degli altri stimolanti”. Il motivo non è solo legato al lavoro, o alla tipologia di lavoro effettuato, ma il CBD nel report è descritta come sostanza in grado di attenuare senza effetti psicoattivi forti il senso di ansia e di stress dato dai lavori legati alle nuove tecnologie, e dai social media.

Il CBD è una delle sostanze che si trovano nella cannabis. È quella ritenuta accettabile dai governi occidentali, che ne hanno liberalizzato la vendita dopo aver messo un limite come in Italia alla percentuale di THC (sostanza psicoattiva) presente.

Va detto che il suggerimento di RCB Capital Markets arriva nell’anno boom degli investimenti in cannabis e prodotti legati al CBD. Solo negli Stati Uniti si tratta di un mercato da un miliardo di dollari con investimenti che sfiorano il giro d’affari del settore. Ricalca, forse incoraggia, gli investitori in questo mercato che ha già visto grossi player come Coca Cola investirci pesantemente.

Dietro le ragioni di mercato, che è la cosa che interessa a questi report che generalmente si rivolgono agli investitori, però ci sarebbero anche ragioni sociologiche. Per capirlo abbiamo provato a chiedere ad una società che lavora con questi prodotti. Just Hemp è una società italiana che consegna prodotti legati alla cannabis a domicilio: “Mediamente i nostri clienti sono 30-35enni. Spesso sono professionisti come medici, avvocati, imprenditori. Consegnamo spesso in ufficio anche perché uno dei nostri punti di forza è l’anomimato nel servizio”, spiega Giorgio De Angelis che ad aprile 2018 ha lanciato sul mercato Just Hemp, un servizio di consegne a domicilio di prodotti a base di CBD.

“Comprano CBD liquido o simili per assumerlo senza fumare, quello che è certo è che nessuno dei nostri clienti usano cannabis light come alternativa a quella del mercato nero. Più che lo sballo vogliono il rilassamento”. Che poi è l’effetto che secondo il report di RCB sarà più ricercato nei prossimi anni. E il motivo sembra essere, un po’ paradossalmente, una reazione all’ascesa delle tecnologie di cui proprio non riusciamo a fare a meno.

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