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Ci mancava solo il fuoco “amico”. E’ bufera per le gravissime accuse dell’Asacc ai growshop

Mancava un po’ di “fuoco amico” per rendere la discussione sulla cannabis light e sulla sua commercializzazione ancora più surreale. Oggi, a quanto pare, abbiamo anche quello, giusto per non farsi mancare niente. Non bastavano gli scomposti attacchi ideologici di certa parte politica.

L’ultima trovata porta la firma dell’A.S.A.C.C. (Associazione Sindacale Autonoma Coltivatori, Lavoratori e Lavorazione Canapa), si chiama “Soluzione Cannabis” e sta già scatenando una bufera. Già, perché, nella sua missiva inviata al ministero dell’Interno per presentare la sua proposta per superare l’empasse normativa, il signor Andrea Rossi, che si definisce uno dei padri fondatori dell’Asaac, suggerisce di fare una netta “distinzione tra i negozietti growshop che sono attività non regolate a dovere e il resto della filiera della canapa”.

Verrebbe fin troppo facile dire che evidentemente è il signor Rossi a conoscere poco la materia e a non fare le dovute distinzioni. I growshop sono negozi che negli ultimi vent’anni, in Italia, hanno creato migliaia di posti di lavoro, milioni di fatturato e contribuito alle casse dello Stato con milioni di euro di tasse. Già da molto prima dell’avvento dell’avvento della cannabis light.

Nella lettera, inviata all’indirizzo segreteriatecnica.ministro@interno.it il 10 maggio 2019, Rossi parla di idee per sanare i conflitti sulla canapa: “Ho deciso di scrivervi di persona al fine di potervi essere di aiuto nella soluzione di un problema che realmente esiste” e “per controbattere al liberazionismo proposto da Di Maio ed il suo gruppo”.

Questo il passaggio cruciale della mail: “Dobbiamo in primis fare una distinzione tra i negozietti growshop che sono attività non regolate a dovere e il resto della filiera della canapa. Nei growshop è usanza vendere infiorescenze che vengono poi fumate, sulla confezione viene riportata la dicitura biomassa ma il prezzo di vendita non è idoneo pertanto sarebbe interessante imporre la vendita di infiorescenze al prezzo reale della biomassa che al momento è intorno ai 40€tonnellata contro il prezzo di vendita delle infiorescenze che si aggira intorno a prezzi che variano dai 5€grammo fino ai 10€grammo questo potrebbe essere il primo passo per scoraggiare questo tipo di negozi”.

Le accuse di Rossi si fanno sempre più gravi: “Molti di questi negozi importano canapa indiana abbassata chimicamente nei valori THC e la mettono in vendita sfruttando l’aspetto visivo ed olfattivo del prodotto, ci tengo a precisare che la legge 309 del codice penale condanna la coltivazione, detenzione e vendita di canapa indiana. Questi sono solo due punti su cui sarebbe interessante discutere per controbattere al liberazionismo proposto da Di Maio ed il suo gruppo“.

La reazione di realtà associative di settore si è fatta subito sentire non appena questa lettera è venuta fuori. A prendere posizione dura sono l’Associazione Canapa Sativa Italia, Federcanapa, Consorzio Nazionale Tutela Canapa, Associazione Culturale Gli Amici di Nonna Canapa. Di seguito la nota scritta con il contributo dell’avvocata Giacomo Bulleri, uno dei maggiori esperti giuridici d’Italia nel settore della canapa.

La presa di posizione delle associazioniE

“Prendiamo atto, con enorme stupore, dell’iniziativa intrapresa dal signor Andrea Rossi a nome dell’A.S.A.C.C. ossia l’Associazione Sindacale Autonoma Coltivatori, Lavoratori e Lavorazioni Canapa, il quale ha trasmesso al Ministero dell’Interno lo scorso 10.05 una nota dal titolo – già di per sé assai pretenzioso – “soluzione cannabis”.

In tale nota vengono fatte alcune affermazioni estremamente generiche e semplicistiche che denotano una scarsa conoscenza del fenomeno “cannabis light”.

In particolare non può essere condivisibile una “criminalizzazione” indistinta di tutti i growshop, definiti “negozietti”, i quali, pongono in essere una condotta che la parte maggioritaria della giurisprudenza ha ritenuto del tutto lecita. Del resto se la canapa industriale con valori di THC inferiori alla soglia di legge non produce effetti psicoattivi perché dovrebbe essere vietata?

Riteniamo comunque che la determinazione della liceità o meno di un comportamento all’interno del quadro normativo vigente non spetti né al signor Rossi né a singoli politici, bensì spetti soltanto alla magistratura nell’esercizio della funzione precipua di garante dell’osservanza delle leggi.

Ma al di là delle considerazioni esposte nella lettera – che tutto al più – hanno una valenza a titolo personale e dell’associazione menzionata, ciò che appare quantomeno “singolare” è che un Ministero abbia diffuso una nota di un singolo soggetto al Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed al Dipartimento  per le libertà civili e l’immigrazione (e conseguentemente alle singole stazioni di polizia) prendendo per buone affermazioni gratuite, generiche e prive di alcun pregio giuridico e sostegno probatorio.

Riteniamo che la condotta in questione abbia il solo fine di creare ulteriore confusione ed equivoci in un settore già fortemente penalizzato da retaggi e pregiudizi culturali che di certo non necessita di associazioni di categoria (o pseudo tali) che ritengono, in maniera del tutto arbitraria, di detenere  “soluzioni cannabis” senza tener conto della complessità del fenomeno. In tale prospettiva l’unico risultato concreto è quello di individuare un unico soggetto “colpevole” della filiera (i negozianti) che paghi sulla propria pelle le storture interpretative ed il clima politico che si è creato. Il tutto senza contare come i negozi non rappresentano il male da combattere, ma rappresentano la vetrina di un settore e che tra l’altro sono aperti in tutta Italia da moltissimi anni e non si limitano a vendere soltanto cannabis light né tantomeno possono essere considerati degli “spacciatori” come qualcuno vorrebbe sostenere.

Singolare poi che tali istanze limitative della libertà individuale e di iniziativa economica provengano addirittura da chi si definisce “Associazione Sindacale” del settore canapa.

Ed ancora più grave la condotta di un Ministero che prende per buone le affermazioni del primo venuto senza eseguire un’accurata istruttoria e presa di coscienza del fenomeno sul quale le associazioni di categoria (quelle veramente rappresentative del settore) hanno chiesto una regolamentazione certa a tutela della legalità e delle imprese ed hanno avviato percorsi di autoregolamentazione con disciplinari e sistemi di certificazione della qualità.

Roma, 22.05.2019

Associazione Canapa Sativa Italia
Federcanapa
Consorzio Nazionale Tutela Canapa
Associazione Culturale Gli Amici di Nonna Canapa

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