Il noto giornalista, scrittore e sceneggiatore è il presidente della sezione italiana di GreenPeace: “I giovani hanno preso coscienza del dramma dell’ambiente da un po’ di tempo. Il problema sono i governanti che difendono altri interessi e scatenano reazioni violente. Chi è che si scaglia contro Greta? Uno come Trump che si fa sette riporti per fingere di avere ancora i capelli?”. E sulla cannabis ci dice che il proibizionismo è “ridicolo”
Andrea Purgatori, giornalista, scrittore e sceneggiatore, vanta nel suo curriculum anche un forte impegno ambientalista, che l’ha portato a diventare, nel 2014, presidente della sezione italiana di Greenpeace. E quanto ritenga importante questo incarico glielo si legge nella voce, quando ricorda che “abbiamo tre navi che girano il mondo e che fanno importanti azioni in difesa dell’ambiente anche in posti difficili, come è successo con la Arctic Sunrise che nel 2013 venne sequestrata dai russi”. Lo sentiamo per una chiacchierata a tutto campo sull’ambiente mentre si trova a Berlino, dove sta girando la nuova edizione di Atlantide, la trasmissione di approfondimento giornalistico che conduce con successo su La7.
Partiamo dall’attualità e dunque dal fenomeno Greta, una ragazzina che sta cambiando l’agenda dei grandi della terra e che con il suo messaggio è riuscita a trascinare in piazza giovani di tutto il mondo.
“Secondo me i giovani hanno preso coscienza del problema drammatico dell’ambiente e dei cambiamenti climatici già da un po’. Certo Greta ha fatto da detonatore ed è riuscita a far esplodere un movimento che era nell’aria, perché senza essere dei tecnici, bastava guardarsi attorno per capire che tra i più giovani stava crescendo un’attenzione a cose anche minute, come l’uso della plastica o la pulizia delle spiagge, che prima non c’era.
Greta ha fatto un’operazione eccezionale ed è arrivata nel posto giusto al momento giusto. Voglio però riconoscere anche a Carola Rackete di avere avuto un ruolo importante e determinante, da donna e da capitano, in un momento in cui vivevamo un clima di forte ostilità nei confronti delle organizzazioni umanitarie. Forse non è un caso che abbia cominciato a comandare le navi quando stava in Greenpeace, dove abbiamo dei comandanti che non si spaventano di nulla anche di fronte allo schieramento di flotte. Ricordo l’episodio di un nostro comandante, che alla flotta spagnola schierata di fronte alla nave che gli intimava: ‘Lei se ne deve andare’, rispose: ‘Se ne vada lei per tutelare la sua incolumità’”.
Eppure l’impegno di Greta non cessa di suscitare ondate di reazioni negative, fino all’insulto. È forse la prova che in realtà con il movimento Global Climate Strike sta colpendo nel segno?
“Be’ bisogna tenere presente che quando si parla di clima e degli interessi che si muovono in quel campo parliamo di poteri non forti, fortissimi: immaginiamo cosa voglia dire per le compagnie petrolifere una battaglia contro i combustibili fossili. L’idea di instillare odio nei confronti di una ragazzina, che tra l’altro soffre della sindrome di Asperger e che dunque viene presa di mira anche sull’aspetto fisico, fa parte delle reazioni possibile da parte di questi poteri e va messo nel conto. Chi è che si scaglia contro Greta? Uno come Trump che si fa sette riporti per fingere di avere ancora i capelli? Del resto quando si toccano questi interessi la risposta è sempre violenta, ricordiamo che ai tempi di Mattei lui ci rimise la pelle per essersi messo contro le industrie petrolifere americane”.
Parliamo invece dei risultati concreti raggiunti finora. Al vertice Onu sul clima si è preso l’impegno di arrivare a emissioni zero entro il 2050, ma senza l’appoggio di colossi come gli Stati Uniti e il Brasile non rischiano di rimanere solo belle parole scritte sulla carta?
“Ma guardiamo da chi sono governati Brasile e Usa: Bolsonaro è un fascista quasi inconsapevole, come lo possono essere gli stupidi, cioè quelli capaci di fare una cosa senza sapere davvero quello che fanno, e questo è un disastro. Trump non è capace di distinguere tra l’interesse bieco delle multinazionali e il futuro del pianeta. È gente da mordi e fuggi, incapace di ragionare sul lungo periodo”.
Eppure, con tutti i limiti, sono stati eletti nei rispettivi Paesi. Non sembra quasi autolesionistico?
“Pensiamo all’Italia. Quanto ci abbiamo messo ad avere piena consapevolezza di quello che stavano combinando le mafie sullo smaltimento dei rifiuti? Decenni, e adesso siamo un Paese con una coscienza ambientale molto diversa. Il Brasile è cresciuto in pochi anni per poi precipitare in una forte crisi economica, e dunque la consapevolezza al proprio interno deve crescere, ma ricordo che già vent’anni fa parlavo con chi lavorava con gli indios della foresta amazzonica minacciati dalla Monsanto, che strappava loro la terra pretendendo di mettere il brevetto su piante che crescevano solo lì, e già allora venivano ammazzati missionari e indigeni. Per fare un altro esempio di come il problema sia più complesso, ricordiamo cosa fu la grande scommessa del progetto Genoma: una volta mappato il Dna, le grandi case farmaceutiche hanno fatto i conti stabilendo che il numero di persone che potevano portare profitto erano molto poche, e dunque decidendo di concentrare Genoma su cose secondarie come la cura della pelle o la crescita dei capelli, invece di salvare le persone da malattie gravissime e incurabili. È questo il vero punto su cui è necessario fare una riflessione, ci ritroveremo con la pianta di basilico sul nostro balcone che è proprietà di qualche multinazionale. Ma su questo vedo che le nuove generazioni cominciano ad essere consapevoli, il problema del clima può essere l’elemento che torna a portare la gente in piazza e questo non può che essere positivo”.
Veniamo all’Italia. Mentre a sinistra il tema dell’ambiente è finalmente entrato a pieno titolo nell’agenda, da destra continuano gli attacchi fino quasi alle prese in giro. Ma l’ambiente non dovrebbe riguardare il futuro di tutti, a prescindere dagli schieramenti?
“Io penso che la posizione delle destre sia una posizione bugiarda e strumentale, un po’ come quando dicono che non esiste il razzismo, dopo averlo alimentato. In realtà se siamo razzisti è perché c’è qualcuno che su questo ha spinto, e la stessa cosa è per l’ambiente. D’altra parte un’industria petrolifera da che parte si deve schierare, se non da quella che difende i suoi interessi? E se vuoi raccattare voti, finisci con l’andarteli a prendere anche nel peggio della società”.
Una domanda sulla cannabis. Mentre in tutto il mondo, Europa compresa, si fanno passi in avanti verso la legalizzazione, vista finalmente come uno strumento non solo per colpire le mafie, ma anche per valorizzare un’industria potenzialmente fiorente, in Italia si torna ad aprire una polemica contro i negozi che vendono prodotti alla canapa. Non rischiamo di essere fuori dalla storia?
“Rischiamo di essere ridicoli. È come se facessimo finta di non vedere che esiste un mercato su cui lucrano le organizzazioni criminali e che con la legalizzazione si potrebbe ridurre o eliminare. E poi siamo realisti, la cannabis non è l’eroina, e già se ne fa un uso terapeutico riconosciuto. Dunque mi pare che su questo tema si attui un atteggiamento molto ipocrita, perché tutti sanno benissimo che un mercato esiste già. E mi viene da chiedere: se dobbiamo riempire le nostre carceri di chi fa uso di cannabis, perché non fare lo stesso anche con chi fa abuso di alcol?”.
Chiudiamo sul suo lavoro. Di recente è uscito un suo romanzo, la spy story Quattro piccole ostriche, edito da HarperCollins, che sta andando molto bene e per cui è stato paragonato a John Le Carrè. Lei è stato sceneggiatore di importanti film, anche il suo libro potrebbe diventare oggetto di una trasposizione cinematografica?
“Sì, il libro sta andando bene, di recente è stato acquistato anche in Giappone per cui ne uscirà un’edizione anche in giapponese. È una storia di spionaggio ma è anche un romanzo molto femminile, perché ho voluto provare a uscire da una scrittura di genere. E sì, molto probabilmente ne verrà tratta una serie Tv”.