Quanto appena accaduto dimostra purtroppo che la caccia alle streghe nei confronti della cannabis continua. La presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati ha espunto (questo il termine tecnico) l’emendamento sulla canapa dalla legge di Bilancio, invalidandolo.
Lei era l’unica figura in grado di eliminare quel testo approvato democraticamente in Commissione Bilancio del Senato. E lo ha fatto, cedendo alle forti pressioni proibizioniste e conservatrici del centrodestra. Dalla Lega di Salvini, che ha parlato di “Stato Spacciatore”, passando per Giorgia Meloni; fino al fronte unito di Forza Italia, guidato dal duo Giovanardi–Gasparri, rispuntato fuori non si sa bene da dove.
Non è bastato dunque il tentativo di moral suasion del senatore Matteo Mantero e dei Cinque stelle nei confronti della Casellati. Con il PD non pervenuto: non si è letta una sola dichiarazione dem a favore di quel testo.

Il punto è che quella di oggi sembra soprattutto una forzatura istituzionale, che somiglia molto a una decisione politica per nulla guidata dalla terzietà che dovrebbe avere la seconda carica dello Stato. Il suo operato dovrebbe essere infatti slegato da qualsiasi orientamento politico. In questo caso lo è stato davvero?
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Oltretutto dietro quell’emendamento si nascondevano diversi aspetti positivi che riguardano tutti i cittadini: la difesa dei diritti dell’individuo, incentivi allo sviluppo economico, la garanzia di avere prodotti di qualità, un occhio più attento all’ambiente e alla green economy. Cose concrete, insomma, che si contrappongono alla propaganda proibizionista: numeri economici da una parte, ideologia conservatrice dall’altra.
Ma tant’è.