Potrebbe non essere sufficiente per i democratici vincere le elezioni presidenziali di novembre per avere i numeri necessari ad approvare una legge federale che renda l’uso ricreativo della cannabis su tutto il territorio nazionale.
Nella corsa alle primarie democratiche, ha fatto molto scalpore la frase di uno dei due grandi candidati rimasti in gara, Bernie Sanders, che ha garantito che la prima cosa che farà, se dovesse riuscire a diventare presidente, sarà emanare un ordine esecutivo che legalizzi la marijuana a livello federale: “La guerra alla droga ha fallito”, va (giustamente) ripetendo da mesi Sanders.
Un annuncio che, per la verità, sembra più un legittimo tentativo di posizionamento su una questione che negli Usa (beati loro) è ormai ampiamente digerita sia dall’opinione pubblica che dalla classe politica. Tanto che anche l’altro candidato, il favorito Joe Biden, benché non ne faccia una bandiera come Sanders, non abbia nulla in contrario alla legalizzazione su scala nazionale.
Negli Stati Uniti, a differenza dell’Italia e di molti altri Paesi europei, lo scoglio più grande, quello ideologico e culturale, è stato superato da anni, come dimostrano le numerose esperienze degli Stati che hanno fatto diventare realtà i presupposti che fino a qualche anno fa erano solo dei sogni degli antiproibizionisti.
Non fosse altro perché almeno tutti i democratici (e anche una buona parte dei repubblicani) hanno capito quali siano le potenzialità economiche legate alla liberazione di un settore di queste dimensioni. Tanto che negli ultimi anni lo stesso Trump (non certo un liberale in tal senso) ha gradualmente abbassato il tiro verso gli Stati che legalizzavano, lasciandoli fare e non ingaggiando alcuna battaglia giuridica o istituzionale.
Per i “legalizzatori”, dunque, le prossime elezioni saranno importanti per portare la lotta al livello più alto. Ma in questo senso saranno decisive, più che le presidenziali, le elezioni legislative che determineranno le nuove maggioranze al Congresso. Se, in caso di vittoria democratica, è scontata una maggioranza democratica alla Camera, non è detto lo stesso per il Senato.
A novembre, infatti, si rinnovano i senatori espressione di 34 Stati americani, che non sono tutti, ed è possibile (vista anche la fallimentare battaglia per l’impeachment nei confronti di Trump, che ha avuto il controproducente esito di far risalire i repubblicani nei sondaggi) che gli equilibri – che oggi vedono il GOP avere la maggioranza – possano restare immutati.
Se i democratici non dovessero riuscire ad ottenere la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, dunque, sarebbe assai complicato riuscire a legiferare sulla cannabis a livello federale. Benché, come detto, molti esponenti (e governatori) repubblicani siano molto “laici”, altra cosa è immaginare un approccio bipartisan su un tema da sempre molto divisivo.
E’ per questo che il prossimo 3 novembre sarà importante verificare chi sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca, ma sarà altrettanto fondamentale capire quali saranno i nuovi equilibri a Capitol Hill.