“Siamo cannabis: per questo dobbiamo regolamentarla”. Intervista a Marco Martinelli

Scienziato, biotecnologo, conduttore tv, ricercatore, star dei social (su Tik Tok ha 140k di follower): Marco Martinelli, 28 anni, è davvero una persona dalle mille sfaccettature. Avrebbe potuto continuare a stare nella sua ‘confort zone’ e invece ha scelto di votarsi alla battaglia per combattere i pregiudizi sulla cannabis (su cui ha scritto anche due tesi di laurea).

Lo fa con il suo primo libro “Io sono la cannabis“, in uscita il 22 ottobre (editore Lupetti): “Non volevo fare un libro scomodo per sollazzarmi o provocare, ma perché sento necessario irradiare un po’ di luce su questo argomento”. Il punto di vista di questo libro, e anche la sua peculiarità più interessante, è il suo approccio totalmente scientifico; perché i pregiudizi, che da anni accompagnano questa pianta, si nutrono di ignoranza. Per questo non bisogna stupirsi se il libro ospita, come prefazione, il contributo dell’ex Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Coordinatore del laboratorio Plantlab, il Prof. Pierdomenico Perata: “Non c’è stato bisogno di convincerlo ad aiutarmi. Nel libro abbiamo semplicemente seguito un ragionamento scientifico e nella scienza non ci sono pregiudizi. Ciò che ho scritto in questo testo non è una mia opinione personale ma espone una procedimento scientifico che si basa su causa ed effetto. Al di fuori di questo ci sono le posizioni demagogiche che fanno leva sulle emozioni delle persone. Ma queste non ci interessano”.

Perché noi “siamo” cannabis. Il giovane scienziato non solo lo ha scritto nel titolo ma ne è profondamente convinto: “La cannabis è una pianta molto umana, nel senso che è molto connessa con l’uomo, attraverso il nostro sistema endocannabinoide. E può essere, anche visibilmente, proprio come noi, maschio o femmina. Sicuramente ci assomiglia: spesso incompresa e soggetta a pregiudizi può subire vessazioni e censura”. Di chi è colpa? “Della classe dirigente che sembra continui a non capirci proprio niente, soprattutto quando sceglie di proseguire con inconcepibili divieti sulla diffusione della canapa industriale”. Marco è convinto che ci sia bisogno di regolamentare seriamente il settore con regole che potrebbero portare molto benefici sia dal punto di vista dei controlli che della qualità del prodotto. Ma devono valere per tutti e devono essere finalmente chiare: “Per esempio noi, con il nostro spin off di Sant’Anna, i Canapisti, ci limitiamo a vendere piante. Abbiamo fatto una scelta furba per non creare danni, anche d’immagine, a una Scuola di eccellenza come quella in cui faccio ricerca. Ma non è giusto. Pensiamo al processo che vede implicato Luca Marola con Easy Joint, è una follia che spero venga presto archiviata e che crei un precedente positivo per tutto il settore”.

Un segnale potrebbe venire anche dall’estero: dall’Onu si aspetta con ansia una riclassificazione della cannabis nelle tabelle internazionali. Ma intanto sono i nostri governanti a dover chiarire cosa possiamo o non possiamo fare. “E’ necessario che vengano esplicitate le destinazioni d’uso: Cosa possiamo fare con i fiori? Possiamo usarli per gli olii essenziali? Per gli insaporitori di cibi? Prendiamo una posizione ma smettiamo di tenere la canapa in un limbo”.