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Il voto dell’Onu ha rotto il muro dell’ipocrisia. Ora va archiviato il proibizionismo

Quella del 2 dicembre 2020 è stata una giornata lunga, molto lunga. Ma, possiamo dirlo con certezza, è una giornata che verrà ricordata per molto tempo. Il voto della Commission on Narcotic Drugs dell’ONU (CND), atteso da anni, ha posto una pietra miliare nella battaglia di emancipazione della cannabis e di superamento dei tanti pregiudizi politici, sociali e culturali ancora esistenti su di essa.

L’organo esecutivo per la politica sulle droghe delle Nazioni Unite, ha ricollocato la cannabis all’interno delle quattro tabelle che dal 1961 classificano piante e derivati psicoattivi a seconda della loro pericolosità. La cannabis è stata rimossa dalla tabella IV, quella più restrittiva, che contiene le sostanze ritenute più dannose come l’eroina. L’ONU ha dunque riconosciuto ufficialmente le proprietà medicinali della cannabis.

Sui 53 stati membri della CND, 27 hanno votato a favore (compresa l’Italia), 25 contro e 1 si è astenuto. Tra i paesi dell’Unione Europea, hanno espresso un voto contrario solamente la Repubblica Ceca e l’Ungheria. L’Italia ha votato a favore, e non è poco. Ci sarebbe molto da dire sul fatto che i Paesi del blocco di Visegrad non perdano occasione per mettere in cattiva luce il Vecchio Continente, ma non è questa l’occasione.

Ciò che invece secondo noi vale la pena sottolineare è la posizione finalmente consapevole e avanzata dell’Europa sul tema cannabis, che la avvicina alle “eccellenze” nordamericane e anglosassoni, e amplia il divario con le posizioni medievali di Russia, Cina, Brasile e le relative sfere di influenza. Anche Paesi storicamente partner degli Stati Uniti nell’ormai archiviata (da loro) war on drugs – come i nordici, Svezia in particolare – hanno votato per la riclassificazione della cannabis e questa è una buona notizia per tutti.

Un po’ di amarezza per la bocciatura delle altre raccomandazioni – in particolare la quasi unanimità con cui è stata “freddata” quella sul CBD – c’è, ed è inutile negarlo. Ma più passano le ore, più si percepisce la dimensione epocale della decisione presa dall’Onu. Benché le raccomandazioni dell’Oms vengano normalmente accolte come prassi, in questo caso nulla era scontato, come dimostrano i tanti rinvii degli ultimi anni e il fatto che l’unica altra volta in cui l’Oms ha trattato il tema cannabis, la questione era stata riposta in un cassetto e all’Onu non era neanche arrivata.

E’ la prima volta che una sostanza esce dalla tabella IV dal 1961 e non è secondario che questa sostanza sia la cannabis, cioè quella più consumata al mondo. E’ un passaggio storico: non si torna indietro. Intendiamoci, non c’è nulla di vincolante in questo, i singoli stati hanno ancora potere decisionale su tutto ciò che riguarda la legislazione in materia e molti stati – tra cui l’Italia – avevano già messo nero su bianco che la cannabis fosse un medicinale, riconoscendone le proprietà terapeutiche.

Ma il voto del 2 dicembre è una barriera che viene abbattuta, un muro che si è definitivamente rotto. Il muro dell’ignoranza e dell’ipocrisia. 

Ora, è chiaro che a tutto questo bisogna far seguire i fatti. In Italia, in particolare, va aumentata e ampliata la produzione di cannabis a scopo medico, va consentita l’autocoltivazione di varietà certificate e ad uso personale per chi ne ha bisogno, va migliorata e incrementata la copertura sanitaria, va affrontato di petto il tema della formazione di medici e farmacisti. Va esteso il discorso all’uso ricreativo, come hanno fatto in Canada, Uruguay, in molti stati americani e in tanti altri si stanno preparando a fare. Insomma, vanno fatte un sacco di cose.

I cittadini italiani sono pronti, l’hanno dimostrato più volte. Ora tocca alla politica rompere il muro del proibizionismo, non ci sono più scuse.

 

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