Alla scoperta dei molteplici usi della canapa

La prima parte del Convegno Nazionale sulla Cannabis Terapeutica si è concentrata prevalentemente sugli aspetti medico/farmaceutici, la seconda parte, oltre a ritrovare questo tema, né ha introdotto altri come quello legislativo, bioedilizio, alimentare e tessile.

Farmacisti e preparazioni galeniche

La prima sessione è stata dedicata alle preparazioni galeniche e al rapporto tra il medico e il farmacista. Ad aprire questa giornata è stato il Dott. Marco Ternelli, farmacista galenico, che ha spiegato in maniera esaustiva quali sono le tipologie di ricetta che vengono usate per la prescrizione della cannabis terapeutica e quali sono le principali differenze, una tra tutte è che vi è la prescrizione a pagamento (la classica ricetta bianca) che è valida in ogni regione di Italia, e la Prescrizione SSN (ricetta rossa) che non è a pagamento, ma il rimborso varia da regione a regione anche in base alla patologia. Successivamente il Dott. Lorenzo Calvi ha sottolineato quanto sia importante la personalizzazione della ricetta, è fondamentale che il medico identifichi prima possibile la patologia, la gravità, la sintomatologia, la giusta via di somministrazione, in quanto, per esempio, non tutte sono permesse dalla normativa galenica, la posologia e, se necessario, consigli un test genetico, perché come abbiamo già visto, gli effetti dei farmaci variano in base alla variabilità genetica di ogni individuo. Non dimentichiamo che la cannabis terapeutica può essere somministrata anche agli animali che, hanno da sempre avuto benefici sorprendenti da questa terapia, grazie al fatto che non sono condizionati da pensieri o giudizi negativi verso questa sostanza e dunque non sono soggetti a quello che è conosciuto come effetto placebo.

Cosmetica e bellezza della pelle

La seconda sessione si è concentrata sul ruolo che la cannabis ha nella cosmesi e in generale nell’estetica. Il giovane ricercatore, Dott. Enrico Sangiovanni ha illustrato i suoi studi sull’uso della cannabis per la cura delle infiammazioni della cute. È noto che il processo infiammatorio è alla base di numerose patologie cutanee (come acne, psoriasi, e dermatiti), è quindi di fondamentale importanza trovare preparati o molecole in grado di ridurre l’infiammazione in questo tessuto. Gli studi su colture di cheratinociti e fibroblasti umani, hanno dimostrato che estratti di Cannabis Sativa L. a basso contenuto di THC ma ad alto contenuto di CBD sono in grado di ridurre il rilascio di alcuni mediatori coinvolti nelle infiammazioni cutanee e di ridurre l’espressione genica di diversi geni pro-infiammatori.

L’ultima parte di questa sessione è stata affidata alla Dott.ssa Antonella Casiraghi che ha parlato dei cerotti dermici contenenti CBD. La somministrazione transdermica di CBD è risultata vantaggiosa rispetto a quella orale che ha mostrato una minore biodisponibilità a causa della scarsa solubilità nei fluidi gastrointestinali e del meccanismo di primo passaggio. Gli studi al riguardo non sono molti ma, hanno dimostrato, che, nel caso dei cerotti al CBD è molto importante utilizzare un veicolo corretto che aiuti il più possibile l’assorbimento cutaneo. In particolare si è osservato che un gel idrofilo, costituito principalmente da glicole propilenico potrebbe essere una scelta ottimale per la somministrazione topica di CBD. Lo scopo di allestire questa preparazione farmaceutica è che i cerotti non sono invasivi per il paziente, hanno di solito una lunga durata d’azione, raggiungono il circolo sistemico solo in concentrazioni molto basse, riducendo notevolmente gli eventi avversi gastrointestinali, renali e cardiovascolari e, infine, non manifestano interazioni tra farmaci.

Nuovi cannabinoidi del futuro

La presentazione successiva è stata quella del Prof. Giuseppe Cannazza che ha illustrato un suo importante studio, ovvero, la scoperta di due nuovi cannabinoidi il THCP e il CBCP. La particolarità di questi nuovi composti è la presenza di una catena laterale a 7 atomi di carbonio (THC e CBD hanno una catena con 5 atomi di carbonio). Test si sono concentrati sul THCP è hanno evidenziato come, nonostante sia presente in quantità molto piccole, abbia una potenza di circa 18 volte superiore al suo “cugino” THC a livello dei CB2 è un’alta affinità sui CB1, probabilmente, grazie alla presenza della catena che massimizza le interazioni idrofobiche. Questa scoperta dovrebbe farci riflettere, in quanto quando un medico prescrive un estratto di cannabis, in realtà, somministra oltre al CBD e al THC anche una serie di altri composti come i fitocannabinoidi minori, di cui è ancora ignota sia la composizione qualitativa che quantitativa. Per questo motivo la ricerca ha un ruolo fondamentale, una conoscenza più completa di questa pianta potrebbe evitare l’insorgenza di effetti indesiderati e donare anche nuovi farmaci, utili in diverse patologie.

La canapa che si mangia

La sessione successiva si è incentrata sull’uso alimentare della canapa. Il Prof. Ferranti Pasquale ha parlato di quelli che sono gli scarti alimentari della canapa e del loro possibile utilizzo. Dai semi di canapa si ottengono l’olio e uno scarto solido, che, può essere macinato per ottenere una farina ricca di proteine che viene successivamente separata dalla parte fibrosa. Dalla separazione si ottengono gli isolati proteici di canapa, ed il processo come abbiamo visto è molto semplice e non comporta l’utilizzo di solventi. L’isolato proteico può essere utilizzato per la preparazione di prodotti alimentari come biscotti, muffin, per la produzione di latte di canapa e di un prodotto simile al tofu. Un altro scarto della lavorazione è quello che si ottiene dal processo di filtrazione, che è ricco in proteine e, se lavorato, come succede con la farina, può dare un ulteriore isolato proteico che può essere utilizzato in campo alimentare e che ha dimostrato ottime proprietà tecnologiche come quella schiumogena e stabilizzante.

Unica nota dolente, se così vogliamo chiamarla è che alcuni soggetti hanno mostrato qualche piccolo problema di digeribilità e lievi reazioni allergiche a questi composti, nulla di grave, ma è importante tenerlo a mente, soprattutto la prima volta che si entra a contatto con questo tipo di alimenti.

Se dai semi si ottiene l’olio per uso alimentare, dai fiori si ottiene l’olio essenziale, molto profumato poiché ricco di sostanze volatili note come terpeni. Questo è stato l’argomento di cui ha parlato la Dott.ssa Roberta Ascrizzi, sottolineando che, ogni varietà di cannabis, ha una composizione terpenica diversa, e di conseguenza, aromi e sapori diversi. I terpeni inoltre hanno anche attività benefiche e insieme ai cannabinoidi e a tutte le sostanze presenti nella pianta concorrono a quello che è l’effetto entourage, ovvero, ogni sostanza presenta maggiori effetti benefici in associazione con le altre sostanze più di quanto questa non farebbe se fosse da sola. Per quanto riguarda gli utilizzi consentiti, per ora sono quelli per profumazione di ambienti e prodotti cosmetici, mentre non vi è ancora una legge chiara per quanto riguarda la classificazione e destinazione d’uso, rientrano per ora nella normativa dei novel food.

Costruire e indossare la canapa

Le ultime due sessioni di questa giornata sono state dedicate alla canapa in edilizia e nel settore tessile. Il Geom. Olver Zaccanti ha evidenziato che la canapa è una grande risorsa non solo per il campo medico/farmaceutico ma anche per l’ambiente, l’agricoltura e l’architettura. La canapa in edilizia potrebbe apportare diversi benefici poiché può essere prodotta Km 0, non comporta emissioni di , utilizza meno acqua e non produce rifiuti in quanto tutte le sue parti possono essere riutilizzate. Diversi studi hanno dimostrato come le abitazioni costruite con la canapa siano in grado di mantenere una temperatura interna costante, senza nessun tipo di riscaldamento, anche nei mesi più freddi di circa 15 °C e come queste siano in grado di riscaldarsi molto facilmente e in tempi brevi. In generale tutte le parti della pianta possono essere utilizzate in questo campo, la fibra infatti serve per la costruzione di pannelli per isolamento termico/acustico, gli scarti dell’olio per trattare superfici, le polveri per la produzione di fili per stampanti 3D e il canapulo unito alla calce per la costruzione di mattoni resistenti e compatti.

L’ultimo intervento della giornata è stato affidato alla giovane Dott.ssa Agata Gulisaro. Attualmente nel mercato tessile, le fibre più usate sono quelle sintetiche, anche sé, per fortuna, rimangono ancora molto utilizzate alcune piante come il cotone, la juta e la canapa. La canapa in particolare, rispetto al cotone, che è quello più usato, rappresenta un’alternativa molto più sostenibile in quanto comporta un minor utilizzo di fertilizzanti e di acqua. Ogni fibra altro non è che un fascio di cellule, e ognuna di queste è composta da uno spazio centrale vuoto e dalla parete cellulare, composta da una matrice di polisaccaridi come emicellulosa, pectine, cellulosa e lignina. Al momento gli studi si concentrano su come rendere più competitiva questa fibra andando a migliorare alcuni processi e a modificare la concentrazione dei vari componenti polisaccaridici al suo interno.

Questa è stata in sostanza la seconda giornata di questo interessante evento, moderato sempre dal Prof Beniamino Palmieri, fondatore del Network SECONDO PARERE ed organizzata dall’Associazione Sophis.

Ci auguriamo che giornate come queste possano ripetersi con più frequenza in futuro e che gli studi sulla Cannabis vadano avanti in modo da dare il giusto merito a questa pianta dalle mille risorse.