E’ ripreso in Commissione Giustizia della Camera il dibattito sulla proposta di legge per la depenalizzazione della coltivazione domestica di cannabis.
Nei mesi scorsi c’era stato uno stallo politico che ha fermato tutto. E ora ci ritroviamo con tre le proposte di modifica dell’articolo riguardante il Testo Unico sugli Stupefacenti. Da una parte l’introduzione di pene di più lieve entità e per decriminalizzare la condotta della coltivazione domestica a prima firma Riccardo Magi (+Europa/Radicali), dall’altra – di segno opposto – quella della Lega a prima firma Riccardo Molinari che propone tutta un’altra direzione, una terza proposta è firmata da Caterina Licatini (M5S) e si basa sul pronunciamento, del dicembre del 2019, delle Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno stabilito come non costituisca reato la coltivazione domestica di uno scarso numero di piante di cannabis coltivate con metodi rudimentali.
Già nel mese di marzo 2021, su iniziativa di Meglio Legale, oltre 15.000 cittadini hanno sottoscritto l’appello a tutti i membri della Commissione Giustizia, ma soprattutto al Presidente, per chiedergli di fare tutto ciò che è nelle sue possibilità affinché si acceleri l’iter. A tre mesi di distanza, la campagna, coordinata da Antonella Soldo, non si ferma: “Chiediamo al Presidente di assumere egli stesso il ruolo di relatore, presentando un testo base che possa essere approvato in Commissione Giustizia al più presto per poi essere discusso e votato alla Camera dei Deputati”.
La modifica del testo Unico sugli Stupefacenti, soprattutto sul tema della cannabis è sempre più centrale: si tratta di un settore che riguarda l’economia, la salute, la possibilità di impresa, la giustizia e la lotta alle mafie.
Sulla carta i numeri per rivedere le pene per consumi minimi sembrerebbero favorevoli, come favorevole è il contesto internazionale. Non solo: nella patria del proibizionismo un terzo degli Stati ha legalizzato la marijuana, ma dal dicembre 2020 la pianta (anche medica) è stata cancellata dalla IV tabella delle sostanze che la Convenzione Onu del 1961 ritiene pericolose.
L’Italia cosa aspetta?