A Settimo Torinese esiste l’Ecomuseo del Freidano, dista 17 chilometri da Torino, ed ospita al suo interno un’area dedicata all’attività della canapicoltura.
Quel che segue è l’intervista che feci nel 2012 a Vito Antonio Lupo, ricercatore e progettista, per redigere la mia prima tesi di laurea e fu lui a raccontarmi per filo e per segno di questa interessante realtà museale.
“L’ecomuseo è nato agli inizi degli anni ’80 – spiega Lupo – quando c’erano dei giovani disoccupati che l’amministrazione comunale aveva aggregato in un nucleo che si chiamava Protezione ambientale e ha chiesto la mia consulenza. Già all’epoca ero un esperto di ricerca in archeologia industriale e con la collaborazione di questi ragazzi ed altre persone abbiamo fatto un’indagine sul territorio di Settimo, sui corsi d’acqua, questo (che scorre qui vicino al museo) in particolare rispetto agli altri è stato il principale dispensatore di forza motrice. Si chiama rio Freidano, molto probabilmente perché in piemontese il termine “freid” sta ad indicare corso d’acqua a scorrimento lento. È un’ipotesi. In effetti però è molto lento. La sua lentezza è data dal fatto che è stato ricavato da una serie di alvei gradatamente abbandonati dal fiume Po, per cui la sua pendenza è la stessa della piana alluvionale con poca incidenza.
Malgrado la sua lentezza è riuscito, nel giro di alcuni secoli, diciamo dalla metà del‘400, a far muovere una serie di opifici idraulici da San Mauro fino a Brandizzo. È lungo circa 12 km, nasce a San Mauro e poi con un andamento parallelo a quello del Po raggiunge Brandizzo e si scarica nel fiume Po; in questi 12 km sono nati tutta una serie di opifici idraulici: dai mulini per la macinazione del grano e poi dall’800 concerie, cartiere e i mulini all’americana. Scopo del nostro museo è portare a conoscenza questo back-ground storico che i mulini hanno alle spalle”.
Riprendendo le fila del discorso.
“Il museo, come dicevo, è nato nel 1985 in quanto, avevo presentato all’amministrazione di Settimo un progetto con i ragazzi in cerca di prima occupazione o disoccupati, mettendo su un’equipe di studi sui corsi d’acqua. Lungo i quali abbiamo scoperto tutta una serie di opifici idraulici. Abbiamo praticamente studiato il rapporto fra opifici e corsi d’acqua e analizzato tutte le infrastrutture. Era nato come progetto di tutela ambientale”.
Perché c’è uno spazio dedicato alla canapa?
“Perché la canapa è stata una delle vecchie attività proto-industriali settimesi, in quanto Settimo aveva la caratteristica d’avere i terreni molto paludosi, c’erano prati e molti maceratoi anche nella zona dove sorge il museo. Se si guardassero le mappe catastali del periodo napoleonico del 1800 si vedrebbero le aree destinate alla coltivazione e alla macerazione della canapa. Non ci sono notizie a riguardo, ma si pensa che si procedesse anche alla fabbricazione delle corde, non ci sono notizie perché le informazioni catastali si limitano ad indicare le aree e il tipo di coltivazione”.
Entrando nello specifico il visitatore al primo piano del museo vede una serie di strumenti per la lavorazione della canapa come i pettini, un piccolo filatoio, canapuli, tovaglie e lenzuola di canapa. Ma non solo, infatti, accanto sono anche rappresentati altri tipici mestieri del luogo. Quali esattamente?
“I fornaciai – spiega Lupo – perché a Settimo c’erano delle fornaci per la lavorazione del laterizio. Fornaci di tipo romano all’inizio, cioè monocamerale, mentre dal 1880-1890 sono cambiati. Poi ci sono i lavandai, attività introdotta fra il 1845 e il 1847 perché una parte dei terreni paludosi fu bonificata; i terreni non si prestavano per la coltivazione di specie locali per la durezza dell’acqua, che però era ottimale per la lavanderia. Uno dei successi fu la vicinanza con Torino, prima della perdita del ruolo di capitale c’erano persone benestanti che lavoravano a corte e nei ministeri e utilizzavano i lavandai di Bertolla, Settimo e Borgaro per lavare la biancheria. Con la perdita del ruolo di capitale nel 1864 e la riconversione da città amministrativa a città industriale, i nuovi clienti dei lavandai sono passati dall’aristocrazia alla nuova borghesia industriale. Dal 1845-1852 l’attività è durata per un secolo circa. Una parte è ancora in funzione. Le lavanderie erano molto diffuse, ma con l’introduzione dei primi elettrodomestici tutti gli spazi liberi si sono prestati per le nuove lavorazioni: quella della penna per scrivere, per esempio. La fabbricazione ha due origini: la prima è questa legata ai lavandai. La seconda è la lavorazione dell’osso a cui è dedicata una sezione del museo accanto a quella della canapa. Introdotta all’inizio del 1800 dalla famiglia Pagliero, appresa forse in Spagna, serviva per fare bottoni a mano. Nel 1840 usavano, invece, le macchine idrauliche, i primi edifici si chiamavano i “ciabòt delle anime”. Ciabòt significa casetta e l’anima era l’interno del bottone. In passato l’osso era rivestito di stoffa, per essere solido ci voleva un corpo esterno e l’osso animale era l’ideale. Accanto al museo c’è una casa dipinta di bianco, oggi abitata, sorta proprio sulle fondamenta di un antico “ciabòt delle anime” che si chiamava tornitura Filippone, uno dei primi laboratori”.
Sempre nell’allestimento al primo piano c’è una sezione dedicata alla pesca, questa attività venne praticata per molto tempo nel fiume Po e nel rio Freidano. Ci sono reti da pesca di varie dimensioni appese alle pareti e gigantografie che ne illustrano le varietà ittiche.
L’ecomuseo del Freidano è stato riconosciuto a livello regionale nel 1999 ed oggi fa parte della rete ecomuseale della Regione Piemonte. Organizza laboratori didattici, giornate a tema per bambini e adulti, ha anche allestito l’area dell’apprendimento, dove le scolaresche possono lavorare l’argilla, giocare con l’acqua, e mettersi alla prova con diverse attività manuali come preparare cartelloni o colorare disegni con le tempere, ritagliare origami, ascoltare letture animate divertenti e coinvolgenti.
Orari di apertura: venerdì - sabato - domenica dalle 15 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30). Biglietti d’ingresso: 5 euro intero, 3 euro ridotto, 10 euro famiglia (2 adulti + 2 minorenni). Gratuito per minori di anni 6, disabili, accompagnatori, guide turistiche e giornalisti. Per info: 347.662.50.10 (solo whatsapp).