Un materia prima preziosa, usata e venerata sin dall’antichità. La canapa viaggia nella storia dell’uomo e descrive gli usi e i costumi di popolazioni agli albori della civiltà. Andiamo alla scoperta dell’archeologia della canapa, narrata da Erodoto e testimoniata dalla ricerche sul campo. Un percorso affascinante che attraversa le polveri del tempo descrivendo le proprietà e la simbologia di una pianta utilizzata nella vita di tutti i giorni, anche nel ricordo, come attestano numerosi ritrovamenti delle sepolture sciite. Riportiamo un estratto dal blog di Giorgio Samorini (samorini.it) per scoprire l’uso della canapa nella popolazione degli Sciti.
Al nome “Sciti” (Skythai) utilizzato dagli antichi Greci corrisponde un insieme di tribù nomadiche che vissero fra il VII secolo a.C. e il III secolo d.C. attorno al Mar Nero. A queste popolazioni viene oggi dato il nome di Sciti europei o del Ponto. I Greci incontrarono gli Sciti del Ponto a partire dal VII secolo a.C. nel corso della loro colonizzazione del Mar Nero. Erodoto, che scrisse le sue Storie attorno al 500 a.C., descrisse ampiamente la storia e i costumi di queste popolazioni scitiche. In un suo famoso passo riportò l’uso della Cannabis da parte degli Sciti, internamente a una cerimonia di purificazione eseguita dopo la sepoltura di un re:
“Compiuta una sepoltura, gli Sciti si purificano nel seguente modo. dopo essersi unto e deterso il capo, al corpo fanno questo: piantati tre pali inclinati l’uno verso l’altro, vi stendono sopra tutt’intorno coperte di lana e, stringendole il più possibile, gettano pietre arroventate in una conca posta in mezzo ai pali e alle coperte.
Nasce presso di loro una pianta di canapa, assai simile al lino fuorché per spessore e grandezza: da questo punto di vista la canapa supera di molto il lino. Essa nasce sia spontanea sia seminata, e i Traci ne fanno anche vesti assai somiglianti a quelle di lino, e chi non fosse assai esperto non potrebbe distinguere se sono di lino o di canapa; chi poi non conosce ancora la canapa, riterrà senz’altro che la veste sia di lino.
Gli Sciti dunque, dopo aver preso semi di questa canapa, si introducono sotto quelle coperte, e poi gettano i semi sopra le pietre roventi. Il seme gettato fa fumo ed emana un vapore tale che nessun bagno a vapore greco potrebbe vincerlo. Gli Sciti mandano urla di gioia soddisfatti da questo bagno, perché non si lavano il corpo con acqua” .
(Erodoto, Historiae, IV, 73(2)-75, nella traduzione di Augusta Izzo D’Accini, 1984, Mondadori, Milano, vol. 2, pp. 253-5).
Anche le ricerche archeologiche parrebbero aver confermato questa particolare pratica di uso della canapa. Nel sito archeologico della valle del fiume Pazyryk, nelle montagne dell’Altai orientale e a un’altitudine di 1600 metri sul livello del mare, sono state portate alla luce alcune decine di tombe a tumulo (kurgan), risalenti al 500-300 a.C. Fra queste pietre sono stati ritrovati semi di canapa, alcuni dei quali erano carbonizzati. Sono stati ritrovati inoltre sei pali che erano legati insieme nella parte superiore per formare una specie di struttura per una tenda a cui era probabilmente sospeso il calderone. Accanto al calderone sono state ritrovate rimanenze di una coperta di cuoio decorata con motivi animali e che era forse servita per coprire la struttura in modo da completare la tenda per permettere l’inalazione dei vapori dei semi di canapa. Per Hančar (1952, p. 182) l’uomo di Pazyryk 2 era uno sciamano. Anche in una seconda inumazione di questo sito sono stati ritrovati semi di canapa internamente a una bottiglia, determinati come la var. ruderalis, probabilmente selvatica. In un altro angolo dell’inumazione è stata ritrovata un’ulteriore struttura a sei pali coperta con corteccia di betulla, sotto alla quale v’era un braciere rettangolare a quattro gambe e il cui interno era riempito di pietre e di altri semi di canapa (Rudenko, 1970).
Un altro ritrovamento eccezionale riguarda la cosiddetta “principessa di Ukok”, una mummia scito-siberiana di una donna ritrovata nell’Altai e appartenente anch’essa alla cultura Pazyryk, con datazione attorno al 500 a.C. Mediante analisi con tomografia a risonanza magnetica è stato scoperto che questa donna soffrì di osteomielite sin dall’adolescenza, e che soffrì di un cancro alla mammella destra con processo di metastasi. Inoltre, parrebbe che la donna sia caduta da una certa altezza, ipoteticamente da cavallo, poiché evidenzia slogature e fratture al cranio. Nella tomba, accanto al corpo della donna fu trovato un contenitore con della canapa, e ciò ha fatto pensare che fosse stata impiegata per lenire i dolori cronici di cui certamente la donna soffriva. Per via dello status speciale riservato alla sua sepoltura – in una zona isolata e con ben tre cavalli sacrificati – è stato suggerito che piuttosto che una principessa, in vita questa donna fosse stata una sciamana (Liesowska, 2014).
Nel passo sopra riportato Erodoto parla dei soli semi di canapa che venivano bruciati per produrre le esalazioni purificatrici, e nei resti archeologici sono effettivamente stati ritrovati solamente i semi di canapa. Non sono note proprietà inebrianti dei semi di questa pianta, e il rito scita descritto da Erodoto e confermato dagli scavi archeologici poteva aver avuto solamente scopi purificatori e non inebrianti. Tuttavia, la pratica di inalare i fumi dei semi bruciati di canapa comporta molto probabilmente la conoscenza degli effetti inebrianti dei fumi del resto della pianta e della sua resina.
Fonte: samorini.ita
Pubblicato originalmente in BeLeaf 4, luglio 2017
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