Spesso si confondono i concetti. Si parla di Cannabis Terapeutica “legale” in Italia solo riferendosi alla cosiddetta cannabis di Stato, esclusivamente prodotta e distribuita dal Sistema Nazionale Pubblico.
Non si parla realmente di “cannabis con valore terapeutico”, di cui sappiamo bene tutti essere una proprietà intrinseca di tutta la cannabis (ovviamente a vari livelli, di cui il migliore è il fitocomplesso classico con presenza rilevante di THC), ma solamente di un prodotto esclusivo distribuito dallo Stato. Qualcuno potrebbe dire: “Benissimo, almeno gestisce lo Stato la situazione, ed è giusto”. Certo, diremmo noi, se però venisse almeno applicata la vera libertà di scelta della propria cura, quantomeno dando al paziente la possibilità di accedere (ossia di poter usufruire legalmente) alla cura, o per lo meno poterla reperire qualora autorizzata (perché in Italia devi essere autorizzato per poterti curare con la cannabis, concetto che annienta la definizione sociale di libertà di cura).
Bisogna considerare – è importante sottolinearlo sempre – che non esistono controindicazioni sociali all’uso di cannabis (e nemmeno mediche, tranne rari casi dove il prodotto deve essere controllato per presenze di batteri). Sarebbe il minimo riuscire a mantenere almeno l’apparenza del desiderio di assecondare le reali esigenze dei cittadini, perchè pazienti potremmo essere tutti. Invece è sotto gli occhi di tutti, purtroppo, come la libertà di scelta non sia rispettata (difficoltà di prescrizione) e come non sia reperibile quasi mai il prodotto ad uso medico (si notino gli appelli delle varie regioni).
Probabilmente in un mondo equo e giusto ci si sarebbe messi insieme a
riflettere su come risolvere il problema alla radice o quantomeno andare incontro alle esigenze dei cittadini. E in questo fantomatico mondo si sarebbe arrivati perlomeno
alla proposta di libera coltivazione personale per coloro che per esigenze mediche vorrebbero usufruire della cannabis. Nella realtà di questo macabro sistema di mercanzia sociale sanitaria, il diritto di cura e la libertà di scelta della cura sono divenute un facile
strumento per richiedere esclusivamente l’ingresso delle aziende private nel redditizio mercato medico della cannabis, da noi già da tempo definito “farmacoligopolio”, senza nemmeno menzionare la possibilità di coltivazione personale (almeno per i pazienti).
Ecco svelato il gioco al massacro sociale economico che si vuole creare in Italia sulla pelle dei pazienti, oggi valutati come termometro azionario in milioni di euro di possibili incassi. Come se non bastasse l’eventuale beffa, ecco il danno: ogni anno centinaia di persone vengono arrestate per coltivazione personale innocua (che al massimo contrasta le narcomafie), siano esse pazienti o meno non importa al sistema. Senza contare le segnalazioni e le sanzioni amministrative accessorie.
Si scrive Libertà, si legge Business.
Noi non ci stiamo.
STEFANO ARMANASCO – ASSOCIAZIONE FREEWEED