Mentre la maggioranza sembra bloccata e non riesce per il momento a fare passi in avanti per aiutare il settore – vedi emendamento di Mantero ritirato qualche giorno fa – dall’altra parte della barricata, la Lega continua tristemente a remare nel verso contrario, con lo sguardo conservatore e sempre più rivolto al passato.
Matteo Salvini ha dichiarato a Porta a Porta che oggi sarebbe iniziato “il percorso in commissione Giustizia del progetto Droga Zero”. Un suo “pallino”, lo ha definito parlando con Bruno Vespa.
Ma in cosa consiste esattamente il suo paleolitico progetto?
Si tratterebbe in sostanza di eliminare la distinzione tra sostanze di lieve entità e il resto, equiparando così chi possiede anche solo una manciata di grammi di cannabis a uno spacciatore. Inasprendo peraltro le pene, che passerebbero da 6 mesi a 3 anni anche per modica quantità. Tradotto: un magistrato si troverà quasi costretto a punire il possesso di lieve entità di Cannabis con il carcere.
Una mossa spudorata che la Lega ha pensato di mettere in pratica con un progetto di legge presentato già lo scorso 9 ottobre e che in questi giorni vuole discutere in Commissione Giustizia.
La proposta intende inasprire le pene per le ipotesi di lieve entità del delitto di produzione, traffico e detenzione di stupefacenti, modificando così il comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. n. 309/1990. Un chiaro ritorno al Medioevo.
Addirittura, parlando orgogliosamente del suo progetto nel salotto di Porta a Porta, Salvini ha tirato in ballo le comunità di recupero dei tossicodipendenti, da San Patrignano a Saman fino alla Comunità Incontro, sostenendo di avere il loro appoggio. Peccato però che non sia esattamente così visto che almeno una delle tre associazioni citate da Salvini, la Saman, scrivendo sul Fatto quotidiano ha preso nettamente le distanze dal disegno di legge della Lega, negando il loro “supporto” all’iniziativa legislativa cavalcata dal leader del Carroccio.
Ma soprattutto, ci si chiede in questo particolare momento di incertezza per le infiorescenze, cosa succederà ai tanti canapicoltori che hanno puntato sulla produzione della light? Pensiamo al vuoto normativo che non delimita in maniera definita quando una sostanza rientra o meno nella 309. E dunque perché invece di inasprire le pene non si pensa piuttosto a modificare quella legge esistente ripristinando le tabelle presenti fino a qualche tempo fa, che definivano una sostanza drogante se sopra lo 0,5% di TCH. Sarebbe un modo per liberare migliaia di giovani imprenditori dalle tenaglie del penale, un passaggio di semplice buonsenso.
Non un passo in avanti verso la tanto sperata legalizzazione tout court, ma almeno metterebbe al riparo lavoratori che oggi vivono nella più completa incertezza. E invece si rimane con lo sguardo rivolto al passato. Peccato.