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Cannabis ed Epilessia: a che punto siamo?

L’epilessia è una malattia caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche ovvero da episodi caratterizzati dall’iperattività di alcuni neuroni. Tali manifestazioni includono un insieme di manifestazioni come la perdita di coscienza, alterazioni sensitive e motorie come le convulsioni che, possono essere anche molto violente. Le cause dell’epilessia sono ancora nella maggior parte sconosciute, possono essere causate da traumi cerebrali o ictus, alterazioni indotte da malattie infettive, malattie congenite che generalmente originano già durante lo sviluppo del feto, alterazioni genetiche ecc. In Italia, sono affette da epilessia circa 500.000 persone, la terapia di solito mira a prevenire l’insorgenza delle crisi minimizzando di conseguenza i danni che queste causano, il problema è che, una sostanziale percentuale dei pazienti, circa il 30% non risponde ai farmaci tradizionali.

Tra le malattie epilettiche di maggiore interesse ricordiamo la Sindrome di Lennox-Gastaut che è un’encefalopatia epilettica età-dipendente, ad esordio infantile, caratterizzata dalla presenza di crisi polimorfe, farmacoresistenti, associate anche a deterioramento cognitivo e la Sindrome di Dravet che è una forma di epilessia, associata a disturbi dello sviluppo neurologico, che insorge nel primo anno di vita nei lattanti.

La ricerca negli ultimi anni ha dimostrato che uno dei principi attivi della cannabis, il CBD è in grado di ridurre la frequenza delle crisi convulsive nei soggetti affetti da sindromi epilettiche resistenti al trattamento, come la sindrome di Lennox-Gastaut (LGS) e la sindrome di Dravet (DS). 

L’efficacia di questo principio attivo è stata dimostrata già alcuni anni fa da diversi studi internazionali come quello randomizzato, in doppio cieco, con placebo condotto su 120 pazienti affetti da DS in età compresa tra i 2 e i 18 anni. Ai pazienti è stata somministrata una soluzione oleosa per via orale di CBD è si è riscontrata una riduzione della frequenza mensile delle crisi convulsive del 38,9 % rispetto al 13% del gruppo di controllo e, un miglioramento delle condizioni generali del 62 % rispetto al gruppo di controllo.

Tutte queste evidenze scientifiche hanno portato nel 2018 all’approvazione negli USA e nel 2019 anche in Europa del primo farmaco a base di CBD contro le forme resistenti di epilessia infantile come la LGS e la DS, farmaco che può essere utilizzato in altre forme di epilessia e anche al di fuori delle indicazioni terapeutiche autorizzate se ne ricorrono le condizioni.

Si è parlato dell’uso del CBD nell’epilessia anche nel 43° Congresso delle Lega Italiana Contro l’Epilessia, in cui sono stati illustrati i risultati relativi agli effetti del Cannabidiolo nell’ambito dell’uso compassionevole autorizzato da Aifa: i dati sono stati raccolti dal Gruppo di Studio Cannabis terapeutica Lice. Il Cannabidiolo nei pazienti affetti da Sindrome di Dravet o di Lennox-Gastaut riduce sensibilmente la frequenza delle crisi,  è ben tollerato e non mostra gravi effetti collaterali.

Poiché stabilire le cause dell’epilessia non è semplice anche stabilire il meccanismo d’azione del CBD è molto complicato. Tuttavia, evidenze scientifiche hanno mostrato che il CBD è in grado di modulare l’azione di diversi recettori localizzati nel cervello, tra cui il TRPV1 (Transient Receptor Potential Vanilloid), coinvolto nella modulazione delle crisi convulsive e dell’epilessia; e il GPR55 (localizzato negli assoni terminali e responsabile del rilascio del glutammato), la cui inibizione determina un effetto anticonvulsivo.

Comprendere più a fondo i meccanismi molecolari e i bersagli nei quali agisce il CBD, potrebbe essere utile per aprire nuove strade e ulteriori applicazioni cliniche

Tutto ciò non è nient’altro che una conferma delle capacità anticonvulsivanti della cannabis e del CBD in particolare. Attualmente sono diversi gli istituti di ricerca che stanno studiando i cannabinoidi, non solo il CBD, per cercare di dimostrare una volta per tutte che la cannabis può migliorare significativamente la qualità della vita di questi pazienti.

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