Consentire agli operatori italiani di valorizzare al meglio le potenzialità della canapa. Competere sul mercato internazionale e diventare pionieri in Europa. Chiarire alcuni aspetti legislativi che ostacolano gli investimenti e la crescita del settore. Sono alcune delle proposte illustrate dai rappresentanti di Federcanapa, Canapa sativa Italia e La Canapa ci unisce, sentiti in commissione Agricoltura al Senato sui ddl recanti disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa.
Di seguito l’intervento di Raffaele Desiante, vicepresidente dell’associazione nazionale #lacanapaciunisce.
Buongiorno a tutti,
sono Raffaele Desiante vicepresidente dell’associazione nazionale #lacanapaciunisce. Ringrazio la commissione per l’invito ad esprimere il nostro parere sulle modifiche alla legge 242.
Abbiamo attentamente valutato i ddl al vaglio in questa sede e senza alcun dubbio pensiamo che il ddl 2128 sia la modifica di buon senso necessaria per incentivare e promuovere davvero questo settore in linea con l’obiettivo della 242 del 2016.
Le modifiche che il ddl sopracitato propone colmerebbero tutte le lacune che l’attuale legge presenta risolvendo diverse problematiche che affliggono gli operatori di settore. All’articolo 2 comma 1 è data possibilità di coltivare canapa in forma agamica, questo consentirebbe l’ottimizzazione della produzione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Qualitativo in merito alla stabilità dei valori dei principi attivi contenuti, evitando così che il coltivatore possa incorrere nello sforamento dei valori consentiti per legge. Quantitativo, in quanto è possibile ottimizzare le aree di coltivazione sulla base dell’omogeneità delle piante.
L’aggiunta della lettera g-bis al comma 2 inserisce, finalmente, le parole commercializzazione e infiorescenze, non credo sia normale poter produrre ma non poter commercializzare il frutto del proprio lavoro, oltre ad esprimere un valore massimo di principio attivo, nello specifico il thc allo 0,5%. Questo valore è ricavabile da tutta la letteratura scientifica di tossicologia forense che parla appunto della non efficacia drogante del prodotto canapa qualora abbia un contenuto di thc inferiore allo 0,5%. Altra discriminante che conferma la non efficacia drogante del prodotto canapa industriale, è la grande concentrazione di cbd presente nella stessa, che va a compensare l’effetto stupefacente del thc (presente comunque in maniera non rilevante). Facendo così propendere anche i vari periti dei tribunali (a noi ben noti per le tante perizie tossicologiche commissionate dalle varie Procure, durante gli innumerevoli procedimenti giudiziari che travolgono gli operatori di settore) a distinguere e far distinguere questo tipo di varietà, da altre potenzialmente pericolose.
Le modifiche all’articolo 4 comma 1 e comma 3 consentono esplicitamente le coltivazioni
in strutture protette dando la possibilità alle aziende agricole di coltivare più volte nello stesso anno solare utilizzando strutture ed attrezzature dall’alto valore tecnologico ed innovativo, in linea con la transizione ecologica ed il Green New Deal promosso a livello mondiale.
Il comma 7 disciplina i controlli, sia per le aziende produttrici, che per le altre parti della
filiera, in quanto riconosce nello 0,5 % il limite di thc nei prodotti commercializzabili affinché sia tutelato l’utente finale su un’eventuale efficacia drogante del prodotto.
La modifica più importante è senza dubbio l’inserimento del comma 7 bis all’articolo 4 che libera finalmente gli operatori del settore dal rischio di procedimenti penali come previsto dal testo unico degli stupefacenti. Va da sé che anche questo è un paradosso che un legislatore di buon senso avrebbe risolto in pochissimo tempo. Non è pensabile che imprenditori che investono, creano posti di lavoro e pagano regolarmente le tasse debbano essere esposti a tale rischio. Gli imprenditori investono tempo, lavoro, fatica e denaro e non è concepibile che in uno stato civile sia messa a rischio anche la fedina penale pur lavorando nel pieno rispetto della legge che promuove questo settore. Su questo punto si riterrebbe più che mai utile la comunicazione delle coltivazioni alle forze dell’ordine, perché come in tutti i settori lavorativi, questo tipo di adempimenti serve a stabilire una sorta di conoscenza e collaborazione con le autorità e a scremare il comparto da quegli operatori che approfittano della mancanza di regole chiare, creando un danno a tutti noi altri che lavoriamo a norma di legge, autoregolamentaci laddove necessario e con cognizione di causa.
A tutela dell’utente finale è anche l’aggiunta all’articolo 9 del comma 1 bis che obbliga le varie parti della filiera, ad effettuare tutte le analisi necessarie a garantire la qualità dei prodotti immessi nel mercato e a creare la giusta tracciabilità per poter risalire a eventuali lotti non conformi in tempi celeri. Proprio a tale proposito, la nostra associazione ha redatto un disciplinare interno di produzione e commercializzazione, che mira a creare una tracciabilità tale da favorire le forze dell’ordine in caso di controlli e a tutelare gli utenti qualora ci fosse un problema con un determinato lotto in commercio.
Ci sia consentito dire che è impensabile che il legislatore non possa/voglia tener conto del
fatto che la pianta della Canapa sativa L. porti con sé un frutto molto prezioso quale l’infiorescenza. Prezioso perché? Perché ha un bacino di utenti a livello mondiale che supera ampiamente ogni vostra immaginazione. Noi siamo fortunati, siamo italiani e abbiamo il miglior microclima al mondo per la produzione di canapa e più nello specifico delle infiorescenze. Qualsiasi stato di buon senso coglierebbe questa opportunità per accompagnare le proprie aziende verso la vetta del mercato di riferimento, come ha fatto in maniera lungimirante il vicino Stato svizzero nel lontano 2019, pur non avendo le nostre caratteristiche climatiche. Fortunatamente il mercato europeo delle infiorescenze di canapa industriale a basso contenuto di thc è in forte espansione e tante aziende italiane, che lavorano a norma di legge, sono le uniche capaci di soddisfare questa enorme domanda, a beneficio di tutto il sistema Italia attualmente in una grave situazione economica e sociale dovuta alla pandemia.
Per concludere, vorremmo segnalare che nella giornata di ieri abbiamo appreso dal presidente della commissione agricoltura della camera, che il ministero della Salute ha emanato la procedura autorizzativa per le aziende agricole che intendono produrre foglie ed infiorescenze di canapa sativa L., da semenze certificate, per l’industria farmaceutica.
Quello che riusciamo a capire noi operatori da tale circostanza, è che questa non può essere altro che l’individuazione di un’ulteriore destinazione d’uso per il fiore di canapa industriale, che dà la possibilità alle aziende che vorranno intraprendere questo iter, di avere anche una check list chiara ed accessibile a tutti. E che, diversamente, non può diventare una preclusione per le centinaia di aziende che già coltivano, non a fini farmaceutici.
Certo, risulta un po’ strano che già due aziende abbiano avuto questo tipo di autorizzazioni, quando l’iter, fino a ieri, per la canapa industriale almeno, non era ancora noto e “pubblico”. Ma restiamo fiduciosi del fatto che questo non sia l’ennesimo regalo alle case farmaceutiche, che alla luce del modulo di autorizzazione, potrebbero controllare il mercato ancora una volta a discapito dei giovani coltivatori italiani e dell’utente finale.
Anche perché sarebbe bene ricordare che parliamo sempre di canapa industriale priva di
efficacia drogante e destinata a diversi altri usi, per questo già esclusa dal dpr 309/90 –
all’art.26-. Ringrazio la commissione per l’ascolto e spero che ci sia la volontà di tutte le forze politiche di assistere e tutelare un settore produttivo in salute e dall’enorme potenziale.