La fuga di cervelli dall’Italia è un problema del nuovo millennio, ma qualche anno fa, con la legge sulla produzione industriale di canapa, abbiamo assistito al ritorno a casa di alcuni di loro. Barcellona, Londra, Tenerife, Los Angeles, hanno perso menti brillanti, scommettitori della rinascita: il ritorno della cannabis come economia trascinante!
Lasciare il Regno Unito per scommettere sul “Made in Italy”
La canapa, coltura di eccellenza fino all’inizio del secolo scorso, è emblema della rivincita su un tabù che troppo spesso ha condizionato la libertà personale. Massimiliano e Nicolò sono amici, formatisi in campo agronomico e farmaceutico, che hanno scelto di lasciare il posto fisso per ridare vita a terreni incolti da più di un decennio in Sardegna, e creare una realtà produttiva e sostenibile in linea con le necessità della comunità sociale e dell’ambiente.
Si prevede che il valore del mercato globale della cannabis medicinale raggiungerà i 62,7 miliardi di dollari entro il 2024, di cui 22 miliardi di dollari dall’Europa e 2,6 miliardi dal Regno Unito. La monarchia anglosassone sta investendo risorse nel promettente settore, eppure il Dr. Massimiliano Quai è un ex farmacista che ha scelto di lasciare il posto sicuro e ben pagato da farmacista in UK e fondare l’azienda agricola Orti Castello in Sardegna. “Non è stata una scelta facile – ci racconta – ma ho voluto dare un segnale a tutti quelli come me che sono andati a cercare fortuna all’estero: torniamo a casa e aiutiamo il nostro Paese a crescere e ad evolversi con la nostra esperienza e professionalità, costi quel che costi”. Una scelta coraggiosa anche perché “gli ostacoli sono stati tanti, e lo sono tuttora! Basti pensare che solo per ottenere un documento per via telematica dalla Camera di Commercio qui da noi bisogna attendere mesi, mentre in Inghilterra dopo 3 ore dall’invio della pratica si è formalmente e ufficialmente attivi a 360 gradi”.
Il canapicoltore è un mestiere ma anche un’azione politica ed è per questo che “abbiamo scelto di iscriverci sia a Canapa Sativa Italia che a Sardinia Cannabis le due maggiori associazioni di categoria in Italia – spiega il rappresentante di Orti Castello – perché siamo fermamente convinti che per ottenere la giusta considerazione e valorizzazione da parte della società civile e della politica serve una fortissima unione e coerenza con l’etica del mestiere”. I sardi sono da sempre noti guerrieri, primi produttori di canapa nel 2021 e operatori nella regione che ha subito il maggior numero di sequestri nella medesima stagione. La cannabis, al contempo, è anche e soprattutto green economy, “il Made in Italy è rinomato in ogni settore ma è nell’agroalimentare che trova il più alto tasso di gradimento e rispetto a livello mondiale, per questo ogni produttore dovrebbe porsi come primo principio guida il rispettare l’ambiente partendo dalla presenza di residui nel terreno, acque, nutrienti.” La qualità del prodotto finito in questo settore non è però così scontata infatti, specialmente poiché in Italia non vi è una destinazione d’uso alimentare per le infiorescenze, la porzione sicuramente più pregiata e di valore della pianta, che sono la materia prima per l’estrazione del CBD e di tantissimi altri sottoprodotti alimentari e cosmetici.
L’olio di CBD è più pratico da assumere e rispetto all’infiorescenza ha una “titolazione” e, quindi, è assumibile in modo controllato, eppure esistono dei vincoli normativi e dei limiti pratici che inficiano sulla qualità del prodotto. “Per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza degli oli CBD bisognerebbe aprire un capitolo a parte” – sottolinea l’ex farmacista – “Non esistono regole precise sulla produzione e destinazione d’uso di prodotti derivati da fiore di canapa, di conseguenza non possono essere effettuati i controlli necessari dalle autorità competenti.”
Olio di CBD: la scienza lo studia e le FFOO lo sequestrano
L’olio di CBD è tanto richiesto nel mondo quanto poco approfondito dalla scienza, i ricercatori ne osservano gli effetti sui sintomi dei pazienti mentre le forze dell’ordine procedono ai sequestri nei negozi ai danni della filiera. Il consumo di questo prodotto è in crescita costante nonostante la contraddizione normativa: “Noi produciamo oli CBD full spectrum di categoria superiore, che sono molto richiesti da persone di tutte le età e di ambo i sessi. – spiega il Dr. Quai – Chi conosce questi prodotti sa quanto siano importanti la qualità e la sicurezza, per questo preferiscono affidarsi a produttori di fiducia in grado di garantirle, nonostante purtroppo debbano essere venduti come “prodotto da collezione”.
Così la formazione professionale di Massimiliano vive in Orti Castello, il quale sostiene che senza dubbio “la qualità dell’olio CBD è determinata da diversi fattori, primo dei quali la materia prima, che deve essere priva di contaminanti sintetici e organici, oltre a possedere ovviamente dei buoni valori organolettici. Poi entra in gioco il metodo di lavorazione delle infiorescenze, la quale dovrebbe essere eseguita in locali puliti, a norma, e svolta da personale competente.”
Un lavoro preciso nella tutela del consumatore che implica vari passaggi: “In ultimo, ma non per importanza, è fondamentale utilizzare un metodo estrattivo che assicuri la totale assenza di sostanze pericolose per gli esseri umani e animali come cloroformio, acetone, esano, pentano, metanolo, etere ecc, solventi utilizzati per purificare il CBD e ridurlo alla forma cristallina che è praticamente impossibile eliminare al 100%. – Massimiliano chiarisce – anche utilizzando macchinari industriali molto costosi. Per questo motivo quando qualcuno ci chiede consigli suggeriamo di evitare prodotti ottenuti con CBD isolato e di optare per un vero “full spectrum”. I nostri oli infatti vengono creati esattamente con l’obiettivo di garantire la presenza dell’intero fitocomplesso, e al contempo la totale assenza di solventi tossici”.
Il cannabidiolo è un noto cannabinoide dall’alto potenziale terapeutico. Presente nelle farmacie sotto forma di cristalli isolati o in full spectrum, è molto richiesto dai consumatori alle aziende private per risparmiare in autocura. Questo fenomeno è il frutto di un evidente gap normativo ed è confermato dalle statistiche sui consumi.
Nel 2020, infatti, sul Journal of Health Economics è stato pubblicato “Medicina fai da te? L’impatto della liberalizzazione della cannabis light sui farmaci da prescrizione”, che rileva come “tra gennaio 2016 e febbraio 2018, la disponibilità locale di cannabis light ha portato a una significativa e ampia riduzione di ansiolitici e sedativi, pari a circa al 10%. Questi farmaci di solito trattano sintomi per i quali il CBD è spesso efficace e di cui si possono rilevare i sintomi senza essere specialisti.” Il libero mercato di cannabis light ha anche ridotto il numero di prescrizioni di antiepilettici, antidepressivi, oppioidi e anti-emicrania del 1-1,5% e di antipsicotici del 4-5%.”
Olio di CBD: laboratori galenici e prodotti titolati
“Oppioidi, benzodiazepine e antidepressivi sono presenti nell’armadietto dei medicinali di ogni abitazione. – commenta Massimiliano – Nella mia carriera professionale, ma anche nella vita quotidiana, ho avuto modo di scoprire che chi soffre di certe patologie preferirebbe di gran lunga avere un approccio più naturale alle cure”. In Italia da oltre un decennio è possibile prescrivere cannabinoidi come terapia acquistabile in farmacia. “Il problema dell’efficacia però riguarda anche in parte i laboratori galenici, i quali al momento sono le uniche attività in grado di produrre e vendere cannabis e oli di cannabis ad uso terapeutico. Capita non di rado infatti che tra i diversi metodi estrattivi a disposizione presenti nella Farmacopea Italiana ed Europea, venga preferito quello più semplice e pratico.” Come spesso accade si risparmia a danno della qualità.
Alla luce della situazione attuale in Italia, normativa e pratica “risulta davvero incomprensibile come non si sia trovata ancora una via, a livello italiano e a livello europeo, per regolamentare un settore in così forte ascesa nonostante la crisi economica globale. Specialmente sapendo che basterebbe inquadrare la canapa come ingrediente alimentare per la produzione di cibi e bevande, vista e considerata l’assenza di tossicità, essendo il THC sotto i valori soglia riconosciuti”. Un braccio di ferro tra operatori del settore e istituzioni che ha come unico risultato sicuro il dispendio di energie e denaro in modo inutile: “Praticamente tutte le azioni repressive delle procure terminano con assoluzioni e dissequestri, con l’unico vero risultato di intasare i tribunali e di occupare intere squadre di forze dell’ordine che potrebbero orientare i propri sforzi verso problematiche più importanti che affliggono la nostra società e la nostra vita” conclude Massimiliano.