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La repressione torna al centro: taglio UE alla Riduzione del Danno

La società civile europea denuncia la deriva verso il law enforcement delle politiche sulle droghe della Commissione Europea, anche nelle linee di finanziamento dell’UE. Le 158 organizzazioni della società civile che fanno parte della rete Correlation hanno inviato nelle scorse settimane una lettera aperta alla Commissione europea per criticare il nuovo bando di finanziamento per la politica sulle droghe, che si concentra quasi esclusivamente sull’applicazione delle leggi penali ed esclude di fatto la riduzione dei danni.

Peter Sarosi, della ONG ungherese Rights Reporter Foundation, ha messo in evidenza come “da quando l’Unità antidroga della Commissione europea è stata trasferita al Dipartimento per la Sicurezza interna, la società civile è preoccupata per il continuo spostamento del suo approccio verso una direzione più repressiva e di ordine pubblico rispetto a un modello equilibrato e integrato di politiche sulle droghe”.

Peter Sarosi anche la nuova politica sui bandi europei è un altro passo in questa direzione: “a differenza dei precedenti, questo meccanismo di finanziamento si concentra quasi esclusivamente sulla riduzione dell’offerta. Dei suoi quattro obiettivi, tre si concentrano sul miglioramento della riduzione dell’offerta, mentre solo uno riguarda la prevenzione. E la riduzione del danno è completamente assente.”

Susanna Ronconi, Presidente del Comitato Scientifico di Forum Droghe, sottolinea invece come i nuovi indirizzi nei bandi “mettono le organizzazioni della società civile europea in una situazione di maggiore difficoltà nel promuovere progetti innovativi. I bandi dei programmi Justice – continua Ronconi – hanno per anni consentito di fare ricerca, supportare innovazione, aprire nuove strade in molti ambiti, a cominciare da quelli della riduzione del danno, dello studio dei modelli di consumo, dei diritti umani, dello sviluppo della partecipazione sociale ai processi decisionali.” 

Le risorse europee, infatti, sono spesso l’unica fonte di finanziamento capace di avviare ricerche che si allontanano dall’approccio farmacocentrico, e che intendono indagare su stili, motivazioni e salute delle persone che usano sostanze. Questo accade soprattutto nei paesi dell’Est europeo, ma purtroppo anche in Italia, dove la ricerca qualitativa rimane quasi sempre al palo

Da quest’anno, i bandi formalmente accessibili, ovvero Sicurezza Interna e Salute – incalza Susanna Ronconi – restringono molto le opzioni: il primo a causa di una forte impostazione di law enforcement in ambito di riduzione dell’offerta, con la riproposizione di un approccio che relega la salute di chi usa in secondo piano, lasciando fuori del tutto gli effetti negativi dovuti alle politiche e lo studio di alternative. Il bando Salute, che pure formalmente lascia spazio ad alcune delle priorità da sempre individuate dalla Riduzione del Danno e dalla società civile, presenta un approccio sanitario che rischia di espellere progetti improntati alla complessità delle variabili in gioco”.

La Commissione ha risposto alla lettera aperta in un modo che ha lasciato perplesse le ONG, che proprio in queste settimane si stanno scontrando con vincoli, criteri e paletti del bando europeo sulla Sicurezza Interna, con il suo approccio e i suoi obiettivi.

La situazione è preoccupante, soprattutto se si mette in fila questa vicenda con quanto successo lo scorso anno, quando l’allora presidenza tedesca era dovuta intervenire per correggere la Strategia sulle droghe varata dalla Commissione, centrata anch’essa pesantemente sulla repressione. Del resto, tutto il mondo è paese: quando, anche in Europa, per troppo tempo la politica è stata incapace di sottrarsi al dogma securitario e punizionista, lasciando nel migliore dei casi campo libero alla burocrazia. Le cose però, Visegrád permettendo, potrebbero cambiare a breve grazie ai movimenti in corso in Germania, Lussemburgo e non solo.

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