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Il re è nudo

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Il re è nudo

“Adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all’eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell’uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza”.

Sembra il programma del movimento antiproibizionista mondiale, invece è la prima delle 22 raccomandazioni contenute nell’ultimo rapporto dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR), dedicato all’intreccio fra politiche sulle droghe e i diritti fondamentali delle persone garantiti dalle convenzioni internazionali.

 Si tratta del documento più avanzato sul tema prodotto a livello ONU, conseguenza naturale di un lento processo iniziato nel 2008, quando a Vienna fu approvata dalla Commission on Narcotic Drugs (CND) la prima risoluzione sui diritti umani. Fino ad allora il regime di controllo sulle sostanze stupefacenti, incardinato sulle tre convenzioni del 1961, 1971 e 1988, aveva sempre viaggiato su binari paralleli e impermeabili ai vincoli internazionali in materia di diritti dell’uomo.

Col passare del tempo, e anche grazie allo stimolo della Società Civile, numerosi organismi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani hanno considerato le politiche sulle droghe come rientranti nel loro mandato. Tra questi il Consiglio per i Diritti Umani (CHR), che ad aprile scorso – con l’appoggio anche dell’Italia – ha dato mandato proprio all’OHCHR di partecipare con un contributo alla revisione intermedia della Dichiarazione ministeriale del 2019 in occasione della 67a sessione della CND, che si terrà a Vienna il prossimo marzo.

Fra le altre cose l’OHCR ha anche identificato la militarizzazione delle politiche sulle droghe come ulteriore motore della violenza di Stato, e posto l’attenzione su come esse siano usate nel mondo per colpire le popolazioni indigene, le persone di origine africana e le donne e i migranti, riconoscendo poi l’importanza della promozione dei diritti umani delle persone che usano droghe. 

Il rapporto non piacerà a tanti. A partire dal Governo Meloni, che non vedrà certo di buon occhio il riconoscimento della riduzione del danno (RdD) come elemento centrale del diritto alla salute, visto che il Dipartimento Antidroga guidato dal sottosegretario Mantovano l’ha espunta dal vocabolario della Relazione annuale sulle droghe ed ha affossato il nuovo Piano di Azione Nazionale sulle Dipendenze, colpevole di averla come uno dei pilastri. Quella che per il sottosegretario Mantovano è “gestione del Male” per le Nazioni Unite è un diritto umano. E poi c’è la questione criminalizzazione: mentre il Governo Meloni ha aumentato le pene per i fatti di lieve entità per droghe, l’OHCHR ne chiede la depenalizzazione e denuncia il pesante contributo all’incarcerazione di massa a livello globale di leggi sulle droghe, che in Italia arriva al 34% (il doppio della media europea). Su questi due punti anche il Comitato dell’ONU per i Diritti Economici, Sociali e culturali (CESCR) ha richiamato l’anno scorso l’Italia chiedendo al Governo di rivedere le leggi sulle droghe per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e migliorare disponibilità, accessibilità e qualità degli interventi di riduzione del danno.

L’appuntamento del 14-22 marzo 2024 a Vienna, si preannuncia come uno spartiacque. Nel recente passato ci sono stati altri tentativi di introdurre il tema e rompere l’ipocrisia che impedisce ai Governi di vedere l’elefante nella stanza. Proprio nel 2019, al precedente segmento ministeriale ad alto livello, il rapporto della task force delle agenzie ONU che si occupano di droghe fu reso pubblico solo alla sua fine, quasi a voler esser certi che non entrasse nel dibattito governativo. Due anni dopo fu impedito dalla Presidenza della CND al gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie dell’OHCHR di intervenire in plenaria per presentare il proprio rapporto, che denunciava l’eccessiva criminalizzazione sulle droghe.

Questa volta, anche grazie alle oltre 130 ONG che hanno firmato l’appello lanciato dall’International Drug Policy Consortium, non si potranno silenziare le voci di chi chiede un nuovo approccio alle politiche sulle droghe. Certo, i governi che vorranno indossare il paraocchi lo potranno sempre fare, ma politica e società civile potranno finalmente gridare che il Re è nudo.

 

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