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Un Rave di stigma sociali

La cronaca che forma la legge, i governi che inseguono i fatti di cronaca, la campagna elettorale che non termina una volta che il governo si è formato ma prosegue a botte di tweet e comunicati stampa. Il pericolo democratico si è palesato e l’occasione è stata data dal Rave Party di Modena, sgomberato lentamente con la collaborazione dei partecipanti che hanno ripulito tutto prima di lasciare il capannone.

La macchina del fango della destra è partita contro quelle che loro considerano categorie facilmente attaccabili, perché mostrate all’opinione pubblica come ‘deviate’, mentre deviata è solamente l’idea di avere un mondo in cui l’unico svago possa essere il Twiga o altri luoghi similmente asettici.

Vediamo allora Matteo Salvini che twitta ‘la pacchia è finita’, Maurizio Lupi che definisce i Rave ‘vergognosi’ e pericolosi per l’incolumità personale: che siano vergognosi è una sua opinione personale, che ci sia rischio per l’incolumità personale è anche questa una supposizione, visto che con questa destra diventa pericoloso anche amare, se non è un amore eterobasico.

C’è anche qualche giornalista, come Annalisa Chirico che fa i complimenti al governo per aver ripristinato il principio di ‘ordine e sicurezza’, tutto questo mentre siamo alla 74esima morte in carcere e 677 morti bianche sul lavoro. Questi dati ci fanno capire come il termine ‘sicurezza’ sia abusato, distorto e manipolato: anche perché all’interno dei Rave Party/Free Party la comunità si organizza con l’assistenza degli operatori di Riduzione del Danno, pronti ad intervenire sulla salute delle persone in qualsiasi momento.

Sono già state fatte numerose analisi rispetto al decreto legge deciso dal governo lunedì, la più lucida è quella del giurista Giovanni Fiandaca sul giornale ‘Il Foglio’ di ieri dove inquadra i problemi costituzionali rispetto ai principi di ragionevolezza e proporzionalità della pena a cui ci si dovrebbe rifare. Così non è stato tanto che lo stesso esecutivo porterà degli emendamenti di modifica in aula.

Insomma, vista anche la velocità con cui ci si è resi conto della problematicità di questo decreto, è facile tornare al principio dell’articolo: i fatti di cronaca, quelli esistenti o quelli creati ad hoc, che diventano un buon motivo per porre dei paletti ideologici e morali, attaccando specifiche categorie di persone. In questo caso i giovani, criminalizzati per essere in quel luogo, per ballare quella musica, per il pregiudizio che siano anche dei drogati visto il facile parallelismo con il Rave Party. Ecco, bisogna ricordare che per essere ‘drogati’ bisogna avere una dipendenza, se no si è consumatori.

Nella società della standardizzazione neoliberista che vede oggi gli spazi delle città e delle province come luoghi di scambio e merci, gli spazi liberi autogestiti fanno ancora paura per la diversità contro cui ci fanno scontrare, diversità che parte dai moti collaborativi e d’insieme che si instaurano all’interno dei free party ed in altri contesti simili. Forse, al posto di pensare che un luogo abbandonato venga ‘invaso’, si potrebbe pensare a come far gestire gli spazi in disuso per far vivere la socialità, ognuno a proprio modo.

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