spot_img

Ultimi articoli

― Advertisement ―

spot_img

U.S.A, Biden a fine mandato riesce a riclassificare la cannabis

Il governo del Presidente Joe Biden si prepara e riclassificare la cannabis, un passo storico e ormai inaspettato vista la freddezza con cui è...
HomeCannabisUna legge per i Cannabis Cafè: la California procede

Una legge per i Cannabis Cafè: la California procede

In tema di sostanze stupefacenti la California è certamente crocevia di sperimentazioni, da quelle scientifiche (ricordate Esalen fin dagli anni ’50?) a quelle legislative del mondo contemporaneo, che vede la cannabis come elemento da governare e non da reprimere come accaduto con le convenzioni internazionali dal 1961 in poi.

Oggi la situazione è diversa: la California nel 2016 tramite un referendum ha legalizato la cannabis, e nel 2018 è arrivato il via libera alla vendita e al consumo di marijuana a scopo ricreativo. Una delle maggiori preoccupazioni rispetto all’apertura del mercato risiedeva nella possibilità che i giovani potessero consumare di più, ma ogni studio svolto fino ad ora ha detto il contrario. Nel 2020 fu somministrato un sondaggio finanziato dal governo federale, il ‘Monitoring the future’, dove è stato rilevato che il consumo di cannabis tra gli adolescenti “non è cambiato in modo significativo in nessuno dei tre gradi per l’uso una tantum: negli ultimi 12 mesi, negli ultimi 30 giorni e l’uso quotidiano dal 2019 al 2020.”

Se la paura di un aumento dei consumi è stata scongiurata secondo i dati, non si può dire che le difficoltà soprattutto dal lato fiscale siano mancate. Sono numerose le notizie che ci sono arrivate delle alte imposte che gravano sugli imprenditori, con la conseguenza di non essere riusciti a debellare il mercato illegale. Proprio per questo il Bureau of Cannabis Control sta valutando alcune modifiche all’impianto legislativo attuale: i luoghi del consumo di cannabis saranno un buon esperimento?

Certamente ci sono almeno tre motivi per cui dei luoghi del consumo decretano un impatto positivo, se mantenuti all’interno di regimi di sicurezza e salute. Il primo riguarda, secondo un approccio di prevenzione, la possibilità di avere un luogo dedicato ad una ‘droga leggera’ in cui si danno corrette informazioni circa la sostanza, in cui viene effettuato un controllo per l’età ed una sensibilizzazione anche per i più giovani. Mettere a disposizione dei minori le conoscenze rispetto le differenze di ‘danno’ della cannabis soprattutto se usata in età adolescenziale, è un altro impegno che questi luoghi possono prendersi nell’ottica però di una de-stigmatizzazione del consumatore. In questi anni nonostante le leggi sempre più restrittive, anche nel nostro paese, i consumi dei minorenni fino ai 18 anni sono aumentati. Questo significa che non si stanno cercando altre strade alla repressione penale: il carcere è tornato ad essere luogo predisposto a risolvere ogni tipo di problema. Il secondo motivo, che è comunque legato al primo, è che avere un luogo di scambio che sia anche sul modello di un ‘cafè’ aperto anche alla cultura e all’intrattenimento potrebbe ricucire quel senso di socialità che il Covid ha fermato, entrando in un circuito vitale da Hikikomori che nell’isolamento, soprattutto in occidente, può comportare anche un’assunzione solitaria di sostanze. Il terzo motivo riguarda l’impatto positivo che possono creare luoghi di aggregazione in città in cui c’è sicurezza ma de-stigmatizzazione, in cui c’è un controllo sanitario e psicologico. Le municipalità in cui questi luoghi sorgeranno dovranno avere contezza dell’importanza dei nuovi studi rispetto all’importanza dell’urbanistica, al modello di città, e a quello che è il consumo delle sostanze e come governarlo.

Duprez e Kokoreff nel 2000 riportavano che: “la questione sociale della droga è stata spesso assimilata a quella dell’esclusione dei quartieri poveri: tuttavia, i consumatori e spacciatori di droga non sono una categoria di attori «out», esclusi dalla società, ma alcune ricerche hanno mostrato come in determinati contesti sociali la partecipazione allo spaccio garantisca integrazione non solo comunitaria ma anche sociale”. La parola chiave è ‘integrazione’, negata per stigma e morale ai consumatori ed anche ai tossicodipendenti (soggetti visti come un problema, e non come persone da aiutare), ma che oggi cambiando approccio può essere una strada che si batte per arrivare a vedere l’altro. Il contributo di urbanisti e sociologi,  che conoscono le funzioni delle città (piccole e grandi) e ne sanno analizzare i fenomeno sarà importante.

Molti altri ovviamente sarebbe i motivi a favore dell’apertura di luoghi del consumo di cannabis, a cominciare da una produzione controllata della sostanza che viene messa in vendita, e quindi dalla possibilità che si da di evitare i prodotti nocivi del mercato nero, fino alla possibilità di monitorare i numeri dei consumi ed intervenire con campagne di informazione nel caso in cui si alzassero troppo i numeri.

Ma la questione delle città e di dove sorgeranno i luoghi diventa un punto di interesse innovativo. C’è oggi molta letteratura scientifica rispetto lo studio delle grandi città metropolitane, dove viene messa al centro l’importanza delle aree che la circondano, e che possono aiutare nella lettura dei fenomeni urbani nel loro complesso. Anche per comprendere le dinamiche dei consumi, non si può analizzare una città in quanto tale, ma anche la relazione con le sue aree limitrofe. 

Il governatore della California conta di licenziare la legge nelle prossime settimana, mentre i primi effetti di questo cambiamento economico-culturale si dovrebbero vedere all’inizio dell’anno prossimo. L’unica restrizione è rispetto all’acquisto congiunto di cannabis e alcol: in questi ‘coffe’ sarà vietato vendere alcolici.

spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img