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Ecuador: la storia dei narcos che tiene sotto scacco il Paese

L’Ecuador è in Stato di emergenza, e il proibizionismo c’entra più che mai. Il nuovo Presidente dell’Ecuador dichiarò in novembre, nel suo insediamento, di voler combattere il narcotraffico, diventato una piaga nel paese a causa del potente cartello dei Choneros, che ha relazioni strette con il cartello messicano di Sinaloa.

Questa dichiarazione ha posto sull’attenti i narcotrafficanti, visto l’importante aumento di produzione di cocaina di questo paese, che mantiene inevitabilmente numerose famiglie, in completa violazione dei diritti umani. In questi giorni sono arrivate notizie più precise sulla fuga dal carcere di Adolfo Macias, il più grande narcotrafficante dell’Ecuador, capo del cartello de Los Choneros.

Uomini armati hanno bloccato un programma televisivo, con l’inizio di un conflitto armato interno al paese, tanto da far dichiarare lo stato di emergenza nazionale per 60 giorni.

Ricordo che quest’estate il candidato Presidente Villavicencio veniva barbaramente ucciso dai narcos de Los Choneros, dopo aver promesso di combattere il narcotraffico.

Fernando Villavicencio era il candidato centrista alla Presidenza dell’Ecuador, e da subito il pensiero che si trattasse di un omicidio per mano dei narcos si è rivelato corretto, visto anche quello che è accaduto in questi giorni nel paese del continente Sud Americano.  Da giornalista ha dedicato la sua vita alla lotta alla corruzione e ai cartelli del narcotraffico, che in Sud America sono definibili, anche per potere economico, a un effettivo Stato parallelo.

La morte di Pablo Escobar all’inizio degli anni ’90 ha parcellizzato e modificato la geografia territoriale dei cartelli, con la conseguenza di un ampliamento degli attori che trafficano sostanze stupefacenti. Il continente latinoamericano è vittima delle politiche proibizioniste che minano le società e la stabilità degli Stati di quell’area.

Gli anni 2000, in particolare, hanno segnato il crescendo dell’utilizzo di cocaina, in particolare nei Paesi sviluppati: così ci racconta il ‘Global cocaine report’ dell’UNODC del 2023, dove si segnala anche un aumento del 35% della produzione nei Paesi produttori. Tra cui è presente anche l’Ecuador, in un modo estremamente più consistente rispetto al passato.

La lotta al narcotraffico passa anche dai movimenti geografici e politici che mutano nella storia, il primato dell’Ecuador è una novità che va attenzionata: l’uccisione di un candidato alle elezioni doveva già mettere in allarme rispetto al pericolo della tenuta democratica del Paese. Le inchieste e l’assassinio di Villavicencio dovevano, nell’immediato, portare a un cambio di approccio a partire dal dibattito a livello internazionale, cambio di approccio consigliato anche dalla ‘Commission on Drug Policy’ i cui membri optano per la riduzione del danno e un processo che porti alla legalizzazione. Un processo che deve vedere coinvolti i Paesi in sede ONU: una modifica dei trattati internazionali sulle sostanze stupefacenti è oggi più che mai necessaria.

Mettiamo infine una piccola postilla di riflessione, anche per il nostro Paese:

nella Relazione al Parlamento sulle Tossicodipendenze pubblicata nel giugno dello scorso anno, vediamo che l’Ecuador (per il 63%) rifornisce il nostro Paese di cocaina più di qualunque altro Paese sudamericano. Questa nuova fuga e l’assassinio di Villavicencio devono portare a un cambio di approccio a livello internazionale,  nella completa e necessaria revisione dei trattati internazionali sulle droghe, che dobbiamo iniziare con forza a dire che violano i Diritti Umani delle persone.

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