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Comunicazione e pubblicità in materia di cannabis – Pt. II

Linee guida giuridiche su comunicazione e pubblicità in materia di cannabis – Seconda parte

L’istigazione all’uso di sostanze stupefacenti – punito come detto dall’art. 82 T.U.S. – deve essere distinta dall’istigazione a coltivare sostanza stupefacente.

Sul punto la Suprema Corte ha stabilito che non è possibile equiparare la nozione di stupefacente a quella di pianta dalla quale, con determinati procedimenti chimici neppure menzionati nella pubblicità, è ricavabile una sostanza drogante che, allo stato naturale, è compresa nelle tabelle. Ricomprendere il termine “pianta” nell’espressione “sostanza stupefacente” significherebbe, infatti, procedere ad un’interpretazione analogica del vocabolo, non consentita nella materia penale.

Ecco il motivo per cui l’istigazione a coltivare sostanza stupefacente integra il reato di “istigazione a delinquere” previsto dall’art. 414 c.p.

È tale, ad esempio, la pubblicità rivolta in via diretta o indiretta a promuovere la coltivazione di sostanza stupefacente mediante consigli pratici, ovvero la predisposizione di link con l’indicazione di “Libri & Manuali” dove è possibile consultare e leggere numerose pubblicazioni (ad es. “Il Canapaio Indoor”, “Il Canapaio Outdoor”, “Manuale del Coltivatore”, “Effetti del THC”, “Manuale del rollatore”, ecc.).

Se, dunque, si vogliono pubblicizzare prodotti fertilizzanti – che di per sé, certamente, non possono essere considerati illeciti – occorre star attenti a non “istigare” alla coltivazione, fornendo, ad esempio, consigli sulle modalità coltivative per una miglior resa della pianta.

In conclusione, una pubblicità del prodotto fertilizzante che non abbia alcun riferimento al processo di coltivazione della pianta della cannabis non costituisce reato ai sensi dell’art. 414 c.p.

2.2 Art. 84 d.P.R. 309/1990 (Divieto della propaganda pubblicitaria):

La propaganda pubblicitaria di sostanze stupefacenti anche se è effettuata in modo indiretto è vietata. Il contravventore è punito con una sanzione amministrativa da Euro 5.164 a Euro 25.822,00 sempre che non ricorra l’ipotesi di cui all’art. 82”.

Questa seconda fattispecie, anche se prevede soltanto una sanzione amministrativa, è la più insidiosa.

A differenza dell’istigazione, la norma sanziona la semplice “propaganda pubblicitaria”, dovendosi intendere per essa la diffusione e divulgazione, anche in modo indiretto, di sostanza stupefacente in maniera neutra ed asettica.

È chiaro, infatti, che se non fosse “neutra ed asettica”, la propaganda diverrebbe istigazione, con applicazione dunque del reato previsto dall’art. 82 T.U.S.

In altre parole, risponde della sanzione amministrativa chi propaganda simili sostanze o preparazioni senza indurre i destinatari della propaganda all’acquisto e all’uso del prodotto stesso.

Differentemente, per l’integrazione del reato ai sensi dell’art. 82 sarebbe necessario “qualcosa di più” ovvero porre in essere tutte quelle attività di coinvolgimento attivo dell’uditorio per esortarli al consumo.

Pertanto, al fine di non incorrere neppure nella sanzione amministrativa in rassegna, è necessario che i messaggi pubblicitari dei prodotti fertilizzanti non vengano associati – anche in modo indiretto – ad una destinazione vietata, come la coltivazione di marijuana.

Torna utile richiamare quella giurisprudenza che si è già pronunciata per la vendita di semi, secondo la quale, la mera offerta in vendita di semi dalla cui pianta sono ricavabili sostanze stupefacenti di per sé non è vietata configurandosi come atto preparatorio non punibile perché non idoneo in modo inequivoco alla consumazione di un determinato reato, per la considerazione che non è dato dedurre la effettiva destinazione dei semi.

Come a dire che il seme può avere diverse destinazioni, e se la destinazione illecita non viene ricollegata direttamente, o anche solo per simboli o immagini, allora la loro vendita non costituisce attività vietata.

In conclusione, possiamo affermare come i fertilizzanti, la terra e tutti gli altri prodotti normalmente pubblicizzati non rientrano nella nozione di “sostanze” e “preparazioni” indicate nell’art. 84. Ciò considerato, vi suggeriamo di non inserire riferimenti alla parola “cannabis” ovvero a qualsivoglia altra parola e/o simbolo che possa – anche indirettamente – ricondurre la pubblicità al mondo del consumo ovvero della coltivazione di cannabis.

Articolo a cura di Tutela Legale Stupefacenti

Pubblicato originalmente in BeLeaf 8, marzo 2018

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