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La cannabis provoca psicosi? Solo nei proibizionisti

Ci risiamo. Periodicamente sui nostri giornali assistiamo a campagne di vera e propria demonizzazione della cannabis. Il motivo? Alimentare i pregiudizi e rinforzare politiche di proibizione.

Non si può non leggere che in questo modo gli articoli usciti in serie su molti giornali on line italiani in cui si cita uno studio che certificherebbe la pericolosità della cannabis. La ricerca, a cui hanno partecipato 10 istituti europei (fra i quali i centri di psichiatria e di neurologia delle Università di Palermo e di Bologna) e il dipartimento di medicina preventiva dell’Università di San Paulo in Brasile, guidato da Marta Di Forti dell’Istituto neurologico del King’s College di Londra, dimostrerebbe quanto grande sia l’influsso di cannabis sulla frequenza delle psicosi nei giovani: ovviamente i numeri riportati sono allarmanti. Per questo, si legge ad esempio su Il sole 24 Ore, si conferma “quanto sia irrazionale e pericolosa la liberazione del consumo di cannabis”. Cosa c’è di vero? Non c’è dato saperlo visto che di questo studio sappiamo poco o niente. Ma tanto basta per farci i titoloni e avallare la strategia della tensione del governo su questo settore.

Sia chiaro, non siamo a favore neanche di quei titoloni che incensano la cannabis come la panacea per tutti i mali del mondo, ma è chiedere tanto se si pretende una sana, corretta e obiettiva informazione? Come può il cittadino comune farsi un’opinione se viene travolto da messaggi contrastanti e sensazionalistici spesso senza fondamento?

Il web ne è pieno. Ecco un altro esempio: sul il Sussidiario.net, si legge che legalizzazione della cannabis porterebbe addirittura al suicidio di una nazione. “Uno Stato moderno e prudente – scrive nero su bianco il giornale on line filo cattolico- sa che i giovani hanno bisogno di assecondare la loro creatività, di trovare aggregazioni, motivazioni, lavoro, affetti; non può lasciar vivere le persone in un’infanzia protratta fino ai 40 anni, in cui fanno solo i “consumatori” di divertimenti (chi può permetterseli) e in una giovinezza protratta per motivi di mancanza di lavoro. Pensi lo Stato a creare opportunità serie e vere per i giovani, non limitandosi a essere uno Stato-azienda che offre o toglie secondo il mero principio mercantile di offerta/richiesta. Senza questo passo, deve stare attento che ogni apertura a fonti di possibile dipendenza sarà solo un’apertura al suo suicidio come nazione”.

Una lettura fuori dal tempo e dal contesto: quanto ancora dovremo sopportare prima di parlare di cannabis serenamente?

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