Che dall’altra parte dell’Oceano l’approccio alla questione cannabis sia svariati passi avanti rispetto alla situazione europea non è un mistero. Il caso del Canada, e prima ancora quello dell’Uruguay, sono sotto gli occhi di tutti. Ma anche negli Stati Uniti si corre ad ampie falcate verso la legalizzazione piena, nonostante le resistenze (sempre più fiacche, a dire il vero) del presidente Donald Trump.
La Marijuana medica è legale in 33 stati americani, Washington D.C., Portorico, Guam e Isole Vergini. A dicembre 2018 l’uso ricreativo risulta permesso in Alaska, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Michigan, Nevada, New Hampshire, Oregon e Vermont. Una serie di altri stati si sta adoperando per mettersi alla pari. Molti esponenti repubblicani stanno abbattendo le loro barriere ideologiche, i democratici sono compattamente antiproibizionisti. Secondo l’ultima indagine di Pew Research, il 62 per cento degli americani è favorevole alla legalizzazione, il doppio rispetto al 31 per cento del 2000.
Insomma, stiamo parlando di un trend ormai consolidato, che sembra davvero difficile da arrestare. E siccome ci riferiamo ad esperienze ormai pluriennali, è già tempo di tracciare i primi bilanci. A quelle che erano delle previsioni possono essere sostituiti dei dati empirici che ci dicono precisamente quali siano state le conseguenze pratiche della legalizzazione, quali i benefici e quali i punti ancora in sospeso.
E’ ciò che ha fatto Davide Fortin, economista all’Università Sorbona di Parigi e ricercatore associato al Marijuana Policy Group, un gruppo di ricerca specializzato nell’elaborazione di modelli di legalizzazione della cannabis ad uso terapeutico e adulto (o ricreativo). In particolare, il focus che abbiamo scelto di analizzare è quello sul Colorado, che fu il primo Stato ad elaborare un modello di distribuzione commerciale della cannabis medica (nel 2009) e ad aver legalizzato l’uso adulto della marijuana (nel 2014). Oggi qui si può acquistare cannabis in negozi per adulti (da 21 anni in su) o nei centri medici con prescrizione.
La ricerca si articola su vari livelli di analisi, dalla domanda di infiorescenze al consumo, dai prezzi ai benefici economici, dal turismo alla pubblica sicurezza.
“Il primo effetto riscontrabile – spiega Fortin – è la riduzione drastica del mercato nero. Secondo dati provenienti da vari report sul mercato americano, relativi all’anno 2016, meno del 25% della domanda viene soddisfatto in maniera illecita, mentre i tre quarti della domanda è soggetta alla tassazione dello stato. Calcolando che il dato è di quasi tre anni fa, pensiamo ragionevolmente che la percentuale sia oggi ancora più bassa”.
In generale, ciò che viene registrato, dove la legalizzazione è ormai un fatto assodato, è un dimezzamento delle persone arrestate, un aumento dei consumatori occasionali (mentre il numero di consumatori regolari è stabile o addirittura in netta diminuzione per quanto riguarda gli adolescenti) una riduzione dei prezzi dei prodotti, un deciso aumento della vendita di concentrati o estratti, un forte impatto dal punto di vista economico dovuto alla crescita esponenziale del mercato legale. Il gettito derivante dalla legalizzazione, in uno stato di 5 milioni di abitanti come il Colorado, a cinque anni dall’entrata in vigore della legge, è calcolabile intorno al miliardo di euro. Vale la pena ricorda che qui lo stato ha preso il controllo del mercato, introducendo un sistema ben definito di tassazione e licenze, implementando il sistema di tracciabilità del prodotto, in grado di registrare il ciclo di vita dell’infiorescenza.
“Il mercato medico – spiega ancora l’economista della Sorbona – dal punto di vista economico è aumentato di circa il 10 per cento nei primi 4 anni di legalizzazione, mentre quello adulto del 260 per cento ed ancora in crescita”. E’ interessante notare come il giro d’affari legato ad oli e concentrati di cannabis sia aumentato sia nel mercato medico che in quello ludico, in cui è cresciuta molto anche la fetta relativa all’uso alimentare. D’altronde, su 300 tonnellate di produzione annuale di infiorescenze di cannabis, il 61 per cento resta tale, mentre il 27 per cento viene trasformato in estratti, il 5 per cento in trinciati, un altro 5 per cento viene impiegato per uso alimentare e lo 0,3 per cento in cosmetica.
Anche in ambito imprenditoriale le conseguenze della legalizzazione sono chiare: in Colorado ci sono sette aziende che fatturano in media 14 milioni di euro all’anno, seguite da centinaia di altre realtà fino ad arrivare a 260 aziende che fatturano in media 150mila euro l’anno. “E’ un mercato molto competitivo – spiega Fortin – è fondamentale trovare la propria nicchia”.
Ma l’impatto economico può essere valutato su vari livelli. Il primo livello è sicuramente quello derivante dalla vendita al dettaglio e dalla coltivazione. Al tempo stesso c’è un impatto secondario importante in settori non direttamente coinvolti dalla legalizzazione, come la pubblica sicurezza, i trasporti, il mercato immobiliare, quello dei solventi industriali, i laboratori di analisi, le compagnie di assicurazione, il mercato alimentare. In totale si parla di un giro d’affari di 3,7 miliardi di euro e della creazione di 27mila posti di lavoro in tutto lo stato. Anche il turismo, negli ultimi due anni, è cresciuto, arrivando a rappresentare il 10-15 per cento del mercato. Parlando invece dei prezzi di vendita, si osserva come quello delle infiorescenze sia costantemente in calo, mentre sia stabile o in leggera crescita quello dei prodotti alimentari.
“Se paragonassimo tutto questo all’Italia, assumendo per semplicità domanda ed offerta identiche allo stato americano, con circa dieci volte gli abitanti del Colorado, avremmo un mercato di 10 miliardi di euro ad uso adulto, di 4 miliardi di euro per uso medico, 3.300 tonnellate di infiorescenze, quasi 300mila posti di lavoro. Se l’Italia decidesse di essere il primo Paese europeo a legalizzare pertanto ricaverebbe dei benefici economici sostanziali”, spiega Fortin.
C’è qualche speranza in questo senso? “Il Colorado – conclude l’economista – è uno degli stati americani dove il consumo di cannabis era più alto. Tutti gli stati che avevano consumi alti pre-legalizzazione, hanno poi deciso di regolamentare. Siccome l’Italia, insieme alla Francia, è il Paese europeo con i consumi più alti, la questione per me non è più se legalizzare, ma quando e come farlo”.