Prosegue il mio racconto legato alle difficoltà, al dolore e alle speranze di persone che hanno deciso di inserire la cannabis nel loro piano terapeutico nonostante gli ostacoli nell’utilizzarla “legalmente” in Italia. La speranza è che testimonianze così dirette possano aiutare a fare chiarezza su una materia ancora controversa. In questa nuova puntata de “I volti della canapa” ho scelto di dare voce alle storie di Carmen e Walter.
CARMEN BELLUMIA
14 ANNI MALALBERGO (BO)
SINDROME DI DRAVET
Conosco Carmen e la sua famiglia quasi per caso, in un convegno a Bologna.
Le tappe del mio viaggio erano cambiate in corso d’opera, come ogni tanto accade, così il giorno successivo ero libera e chiedo ai genitori di incontrarli a casa per parlare di Carmen e conoscerla meglio.
Accettano ma ci capiamo male sugli orari, così, quando arrivo in autobus nel paesino dove vivono, in provincia di Bologna, a casa c’è solo Rosa, sua madre. Ma gli errori a volte donano belle opportunità, come in questo caso che ho avuto modo di andare a prendere Carmen a scuola e fare il viaggio di ritorno insieme, in macchina.
Io la incuriosivo molto, i suoi occhioni me lo lasciavano intuire da dietro gli occhiali rossi da cui mi guardava e sorrideva.
Le ore successive, trascorse prima di riprendere il treno per Roma, sono state intense, ricche di amore, quell’amore che traspare in ogni gesto e parola di una madre dedita completamente a sua figlia e alla sua patologia.
Carmen è affetta da sindrome di Dravet o epilessia mioclonica, una sindrome epilettica che insorge entro il primo anno di vita, caratterizzata da un ritardo psicomotorio ingravescente. I primi sintomi della malattia sono insorti all’età di sei mesi: sveniva, soprattutto la notte, cadeva, e aveva molte crisi. Son trascorsi tre anni di visite, ospedali, cure sperimentali prima di conoscere il nome di quel male e iniziare le cure appropriate.
Oggi Carmen ha 14 anni, 15 tra non molto, vive in una casa realizzata su misura per lei, non c’è niente che risulti pericoloso per i suoi movimenti, solo i suoi libri. Dorme con i genitori da sempre, non l’hanno mai lasciata, così da sentire costantemente il suo respiro, mi spiega Rosa. E sorride, sorride teneramente mentre ammette che Carmen è un po’ viziata, che inizia a copiare gli atteggiamenti da donna, che adora truccarsi e guardarsi allo specchio, ama gli stivali, le borse e gli zaini.
Ho avuto la fortuna di conoscere questa famiglia in un bel momento, un momento di gioia per loro, arrivato grazie alla scoperta della cannabis. Grazie alla sindaca di Malalbergo e a una paziente che la utilizzava già come cura, avevano scoperto che per la patologia di Carmen l’olio di cbd sta ottenendo ottimi risultati.
Lo provano, 60 gocce due volte al giorno e Carmen, effettivamente, reagisce molto bene: non fa più la pipì al letto, è più stabile nel camminare e soprattutto ha molte meno crisi. La famiglia di Carmen, dove lavora solo il papà, non può però permettersi a lungo questa cura perché troppo costosa. Un appello di solidarietà veicolato soprattutto su internet aiuta a raccogliere i soldi necessari e Carmen riesce a continuare la cura.
Ora che trascrivo la sua storia, a distanza di due mesi, Carmen è in cura all’Ospedale Sant’Orsola e curata con un farmaco sperimentale, l’Epidiolex. Per un anno continuerà la cura e i controlli in ospedale e riceverà il farmaco in forma compassionevole.
Tra un anno, poi, spero che qualcosa sia cambiato in meglio riguardo all’utilizzo e alla regolamentazione della cannabis terapeutica in Italia così che Carmen potrà continuare la terapia con i miglioramenti che giornalmente stanno donando un nuovo sorriso ai genitori.
WALTER DE BENEDETTO
47 ANNI – AREZZO
ARTRITE REUMATOIDE
Mentre trascrivo queste storie dagli appunti o le riascolto dai filmati, mi scopro a ricordare, per ognuna di esse, un particolare di quando ci si è conosciuti, un aneddoto o un’emozione.
La prima volta che ho visto Walter eravamo a Roma, al Canapa Mundi del 2014. Lo ricordo come un circense, sorrisetto furbo, occhi pimpanti e cappellino. Sulla sedia a rotelle dominava il gruppo di amici con battute e aneddoti del viaggio in camper da Arezzo a Roma, con un suo amico.
Piccoletto ma colmo di energia e una vita pazzesca alle spalle.
All’età di quindici anni, dopo tre mesi di febbre altissima e persistente, vomito e rigidità muscolare, gli diagnosticano una “probabile” artrite reumatoide, cioè un cancro della sinovia, quel liquido contenuto nelle cavità articolari che lubrifica le articolazioni. Una malattia rara per cui la cura, fino alla fine degli anni 90, era “empirica”: sali d’oro e potenti antimalarici che su Walter però, non avevano alcun effetto.
In 24 anni è entrato e uscito da diversi ospedali dove restava anche per 2-3 mesi. Ha provato diverse cure tra cui la chemioterapia e immunosoppressori come il Metotrexade e l’Endoxen, ma gli effetti collaterali erano tremendi: malessere generale, vomito, inappetenza, insonnia e pochissima energia. E poi c’era il cortisone, 6 mg al giorno per 24 anni, e molte operazioni per le protesi alle ginocchia e alle anche.
Walter stava morendo di cure più che di malattia.
Quando viene a conoscenza della possibilità di lenire i dolori con l’uso di cannabis, la prova clandestinamente e si accorge che, effettivamente i dolori diminuiscono notevolmente e finalmente riesce a dormire.
Inizia a studiare in maniera più seria il THC e il CBD, a leggere e tradurre testi scientifici in inglese e nel 2011 riesce ad avere la prescrizione di Bedrocan grazie al quale gradualmente scala la morfina fino a eliminarla totalmente. Ha la prescrizione per 1 grammo al mese e continua ad assumerla quotidianamente attraverso l’estrazione di olio che fa personalmente con alcol. Ci sono giorni in cui non assume nulla come giorni in cui ha bisogno anche di 3 grammi per affrontare i dolori.
Quando mi racconta tutto questo, ancora oggi, nelle lunghe chiacchierate telefoniche, arricchisce le storie con ironia e aneddoti di viaggi, esperienze incredibili vissute intorno al mondo, mi parla di musica e di arte, ricorda quei disegni che mi aveva mostrato appesi in casa, racconta di quando faceva judo e giocava a rugby a livello agonistico, prima della malattia. Ho la sensazione che la malattia sia un tutt’uno con la sua vita, è anch’essa la sua vita, sebbene ormai lo costringa al letto, a operazioni continue e a una sfiancante fisioterapia giornaliera.
Purtroppo però, in questi racconti, anche Walter torna spesso a ricordare le difficoltà incontrate nell’utilizzo della cannabis, sul rapporto difficile con alcuni medici e insiste con tristezza sulla situazione italiana ancora poco chiara: “dopo molti anni non è cambiato molto, se prima avevo la sensazione di fare l’elemosina per ottenere la cannabis, ancora oggi, nonostante in Toscana l’atteggiamento sia migliorato, mi sento come un animale raro perché molti medici non hanno chiaro il semplice concetto che la cannabis può migliorare la qualità di vita di chi soffre”.