A scrivere è Mattia Cusani, uno dei tanti che hanno investito nel mondo della canapa, tra i primi a sacrificarsi per dare una forma e uno spazio a questo settore. Si tratta della lettera aperta di un socio CSI-Canapa Sativa Italia. Un documento che è stato presentato al tavolo tecnico che si è tenuto la scorsa settimana (il 7 novembre) nelle stanze del Senato, tra l’associazione Lacanapaciunisce e una rappresentanza parlamentare.
Con l’obiettivo di dare seguito alle audizioni del 15 ottobre 2019.
Tutto questo lavoro perché da oggi non si possa più dire che le forze politiche non siano a conoscenza di quello che sta succedendo.
Di seguito, la lettera:
Sono Mattia Cusani, UN IMPRENDITORE CALABRESE che opera a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, NEL CUORE DELL’ALTOPIANO DELLA SILA, e sono UNO STUDENTE, laureando in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna, socio dell’associazione Canapa Sativa Italia e attivista in diversi progetti di questo settore.
Sono qui perché faccio parte di un gruppo di giovani che, grazie alla L 242/2016, ha deciso di dedicarsi alla coltivazione dell’infiorescenza di Canapa, in un contesto con forti criticità ma con enormi POTENZIALITÀ.
Insieme, abbiamo avviato coraggiosamente un’impresa nuova: JURE SRL, di cui sono anche amministratore.
Il nome della nostra azienda definisce la nostra identità: infatti JURE significa “FIORE” nel dialetto locale, ma vuol dire anche “PER LA LEGALITÀ”, dall’ablativo latino di “JUS”.
Con un “fiore” per la legalità, decidiamo di lanciare la sfida provando, non senza fatica, a costruirci un futuro lavorativo che possa consentirci di vivere in Calabria nel rispetto delle regole.
Il territorio nel quale operiamo è sede del Parco Nazionale della Sila, ed è privo di fabbriche di alcun tipo.
Vi operano imprese boschive, essenzialmente dedicate al taglio dei boschi, con poche aziende agricole, di piccole dimensioni, e tutte in difficoltà.
Sono stanco di vedere i nostri amici costretti ad ABBANDONARE le proprie famiglie e LE PROPRIE TERRE – martoriate eppur tanto ricche di risorse disponibili – per emigrare, ancora una volta, all’estero – pur di trovare un qualsiasi lavoro e, con esso, la dignità di cittadini che loro spetta.
Il paradosso è che, nonostante i principi dell’ECONOMIA CIRCOLARE traggano spunto dal comportamento della natura, è proprio nel settore primario che tali principi vengano ignorati.
L’agricoltura infatti è uno dei settori dove gli effetti devastanti delle esternalità negative vengono sottovalutati. Le colture intensive e l’agricoltura di oggi sono caratterizzate spesso dall’uso diffuso di pesticidi e concimi chimici che danneggiano l’ambiente. Siamo nel mondo in cui Le “gdo”(grandi distribuzioni organizzate) impongono da contratto l’utilizzo di ormoni per controllare la dimensione degli ortaggi, così da poterli confezionare in serie molto più velocemente. Questo è vergognoso!
Crediamo che ogni Regione abbia la responsabilità di compiere i passi necessari per una trasformazione e uno sviluppo virtuoso di tutta la filiera agroindustriale. Utilizzando le opportunità che offre la coltivazione della canapa, molti microimprenditori potrebbero iniziare questo lavoro dando vita ad un piccolo, prezioso, ingranaggio all’interno di un enorme sistema produttivo.
In questa dinamica si inserisce Il fiore che non è il più importante dei prodotti della canapa, ma è quello che ha consentito a noi come a tante altre realtà imprenditoriali di diventare un’azienda innovativa, sana e produttiva, sottraendo una bella fetta di mercato alle narcomafie.
Negli altri Paesi, sia Europei che extraeuropei, è consentito riprodurre semi e piante con maggiore facilità. Le MIGLIORI CARATTERISTICHE GENETICHE hanno potuto “sfondare” nel mercato italiano e avere una diffusione molto maggiore.
E così, l’Italia corre in bicicletta, mentre i Competitors stranieri corrono in Formula 1.
Dal 6° censimento dell’agricoltura in Calabria, risultano dati significativi: gli ettari di seminativo non coltivati sono circa 150.000, su una superficie agricola totale di 700.000 ettari. É una realtà costituita da migliaia di piccole aziende, il cui numero, dal 1990 in poi, si è dimezzato, in favore di quelle sempre più grandi.
Ancora oggi il 66% delle aziende agricole che operano in Calabria hanno a disposizione in media 2 ettari e, se non si favorisce la sinergia delle forze in campo, il piccolo agricoltore soccombe, dovendo competere con aziende multimilionarie. Senza contare che, negli ultimi 20 anni, la Calabria ha perso ben 200.000 ettari coltivabili, i quali, a causa del mancato uso agricolo, sono stati convertiti ad altri scopi, a scapito del patrimonio naturalistico della regione.
Dalla bonifica dei terreni alla produzione di cannabidiolo, fino agli alimenti e fibra, sono tutte attività che vengono sostenute anche dalla produzione del fiore e possono diventare economicamente praticabili e sostenibili grazie a tale specifica produzione. Tali attività è chiaro che possono tradursi in posti di lavoro per i disoccupati di tutta Europa.
Occorre una normativa solida che tuteli le piccole realtà imprenditoriali, dando nuova speranza alla nostra economia.
Le grandi multinazionali, al contrario, stanno lavorando per sfruttare i latifondisti e ridurre i margini delle aziende, praticando uno sfruttamento intensivo delle risorse e delle persone, senza attenzione verso la qualità e il rispetto dei principi di economia circolare e di agricoltura biodinamica.
Per poter credere in un futuro eco-sostenibile è necessario non guardare soltanto ai numeri e ai semplici profitti ma scegliere correttamente le strade da intraprendere.
È responsabilità di quest’aula incidere sull’opinione pubblica per ridare dignità ad un prodotto ingiustamente demonizzato.
Se tutti ci prendessimo la responsabilità di SEGUIRE LE INDICAZIONI DEGLI ESPERTI SUL TEMA – moltissimi presenti qui in sala – lo sviluppo derivante da una seria e concreta politica nel settore consentirebbe, in pochi anni, non solo di DOMINARE IL MERCATO INTERNO ma anche di APRIRCI AL MERCATO DI ESPORTAZIONE in tutta Europa con un prodotto d’eccellenza, capace di creare un indotto tutto basato sulla green economy e nel rispetto dell’ambiente.
Lavorare per la produzione di fiori, significa avere un enorme rispetto per questa pianta che viene prodotta con estrema cura, attraverso metodi naturali e biologici. Tali operazioni sono giustificate dal semplice fatto che solo un prodotto coltivato con tale cura produce un’enorme redditività senza dover utilizzare metodi di sfruttamento intensivo, fitofarmaci, minerali che impoveriscono i terreni, sistemi che uccidono il nostro ecosistema.
Per questi motivi è importante lavorare insieme e TUTELARE LA PRODUZIONE E IL COMMERCIO DELLE INFIORESCENZE, trainanti di tutta la filiera.
Ai diversi problemi sono già state date diverse risposte, vorrei ribadire che
Per offrire garanzie sulla stabilità dei principi attivi é necessario impegnarsi ed adottare iniziative volte a consentire, semplificando i sistemi attuali e consentendo la libera ricerca, la registrazione e la commercializzazione di varietà a propagazione agamica.
Questo è un aspetto cruciale, da chiarire in quanto non solo permetterebbe di facilitare i lavori di controllo delle forze dell’ordine, ma aumenterebbe la competitività mondiale del prodotto made in italy.
A questo punto sarebbe sufficiente ribadire, sotto forma di decreto, che:
La produzione e la commercializzazione di infiorescenze, fresche ed essiccate, per scopo floreale non è soggetta ad autorizzazioni e rientra anche nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali produzioni derivino da varietà prive di efficacia drogante attestata appunto dalla tossicologia forense nello 0.5%.
Ancora più importante, per salvare realmente le potenzialità di questo mercato, è non assoggettare all’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato la produzione di biomassa o infiorescenze di canapa industriale. Non serve un magazzino fiscale, non servono nuove tasse che finirebbero per deprimere ulteriormente un mercato, già al collasso a causa di tante incertezze.
Con le azioni opportune questo settore ha le potenzialità per generare un fatturato centinaia di volte superiore a quello attuale.
Non sono certo i 0,40 cent a confezione quelli in grado di risollevare le sorti dell’economia! Al contrario, questo sarebbe un grave errore, perché le conseguenze di tale imposta, si riverserebbero sulle centinaia di piccole realtà che sostengono realmente l’economia di questo paese.
Non si tratta di realtà speculative fatte di azioni, di bond e di spread.
Si tratta di persone che pagano le tasse scolastiche dei loro figli, spendono per il servizio sanitario, versano contributi per le pensioni dei nostri nonni, fanno la spesa nel loro paese, scegliendo prodotti locali.
Questa è l’economia di cui l’italia ha bisogno.
Per concludere: VOGLIAMO E CHIEDIAMO DELLE REGOLE, che siano anche severe. Enormi Multinazionali e grossissime lobby stanno corteggiando questo mercato ormai da tempo. Noi riteniamo che l’italia non possa sostenere una economia da Contoterzista. Non può essere che una o poche aziende milionarie portino fuori da questo paese le risorse, non quando abbiamo una struttura composta e mantenuta dalle Micro, piccole e medie imprese. Unico mercato, quello di nicchia, per il quale rimaniamo ai primi posti del mondo. Realtà che investono integralmente sul loro territorio, quello in cui vivono, generando sempre nuova ricchezza diffusa.
Non è necessario tassare la canapa, bisogna favorirne il mercato e la crescita.
Dovete proteggerci dalle speculazioni straniere