Zara Snapp è bella, intelligente e combattiva. Un prototipo di Donna Cannabica che riscontriamo in varie culture indipendentemente dalla latitudine del globo. Queste donne sembrano avere una missione: la liberalizzazione dai divieti ancestrali, hanno un legame forte con il primordiale e una prospettiva consapevole sul progresso dell’umanità.
La Cannabis è la loro pianta perché la storia proibizionista ha coinvolto tanto la libertà di espressione della donna, quanto il radicamento della pianta infestante.

Zara Snapp, è un’attivista per i diritti umani, scrive e rilascia interviste dando un peso alla legalizzazione in Messico. Lei è l’emblema della legalizzazione: nel 2015 pubblica “Drugs Dictionary”, dal 2014 al 2017 fa parte del Segretariato della Commissione Globale per la politica antidroga, co-fondatrice dell’Istituto RIA, per fare ricerca finalizzata alla giustizia sociale, membro del Collettivo ReVerdeser (associazione antiproibizionista in Messico) e membro dell’organizzazione internazionale ATS per le politiche anti-droga.
Abbiamo deciso di iniziare il nostro colloquio dalla sua visione del mondo e della società.
Sei una madre e un amante della natura, hai una visione femminile (olistica) e hai scelto la liberazione della cannabis come forza trainante per le tue lotte, cos’è che ami di questa pianta e della lotta per la legalizzazione?
“Lavoro nel campo della politica delle droghe in generale, sostenendo la regolamentazione di tutte le sostanze psicoattive per garantire i diritti umani delle persone che usano droghe.
Questi ultimi anni ci siamo concentrati sulla cannabis perché siamo sempre più vicini al processo politico e legislativo sulla legalizzazione, e senza dubbio è la sostanza che uso di più nella mia vita quotidiana.La cosa che più mi affascina di questa pianta è la capacità che ha di unire le persone!
Mio padre era un consumatore abituale che non ci nascose mai le sue abitudini, quando ero piccola uscì dall’ “armadio psicoattivo” aiutandoci a non stigmatizzarla in famiglia, al contrario ci dimostrò che era un ausilio utile.
È da poco scomparso e mi sento fortunata per l’istruzione che mi ha dato. Posso affermare con sicurezza che fare uso di cannabis mi ha aiutato molto come madre e compagna, a non stressarmi troppo con i problemi della vita e quindi a concentrarmi di più su mio figlio e passare più tempo con lui”.
Zara Snapp, fin dall’adolescenza, è attivista per i diritti umani, spiega di essere partita dalle lotte per la donna e la riproduzione, dove ha capito quale sia il peso dei tabù e delle stigmatizzazioni, senza temerli mai. “Credo che sia importante che la nostra generazione lotti per abbattere i miti – ci racconta – così i nostri figli ne potranno abbatterne altri e poter vivere in una società più giusta e più aperta”.

La sottrazione della marijuana ai cartelli messicani è iniziata vent’anni fa: nel 2009 quando è stato depenalizzato il possesso a uso personale, negli ultimi anni è stato riconosciuto l’uso medico della pianta e la possibilità di autoprodurla per patologie riconosciute e nel 2017 hanno legalizzato il THC fino all’1% nei prodotti regolarmente commercializzati. Però COPREFIS non rilascia autorizzazioni ai pazienti, mentre la Corte Suprema ha accolto i ricorsi degli stessi finché nel 2019 i Parlamentari si sono impegnati nella stesura di un testo di legge per la legalizzazione totale della pianta, con permessi di autoproduzione sino a 6 piante e possesso da 28 a 200gr a seconda delle autorizzazioni rilasciate dal suddetto istituto una volta valutato lo scopo di utilizzo.
Il Covid19 ci ha messo del suo, mentre i cartelli messicani hanno ripreso piede, il Parlamento ha rimandato la votazione a fine anno.
Snapp ha assistito i pazienti in questo percorso legale e ha vissuto da vicino il processo normativo di liberalizzazione, per questo le abbiamo chiesto come la società vive questa situazione.
Come vive un “Marijuano”, in Messico, la sua decisione di curarsi con la cannabis? Quanti stanno percorrendo il percorso terapeutico? Quanti optano per l’autoproduzione e quanti si rivolgono al mercato nero?
“Solitamente non mi piace distinguere i “tipi” di usi. Per esempio, nel mio caso, il mio uso può cambiare a seconda del contesto: se sto in un gruppo di amici e di amiche (uso ricreativo, anche se non amo usare questa parola) o se la uso per aiutarmi a rilassare la sera (uso terapeutico) oppure se la uso per le mie coliche (uso medico). Quindi sì, è importante che ci siano prodotti medicinali per le malattie, ma è altresì importante assicurarne l’accesso a tutte le persone. Le piante devono essere la prima risorsa per curare la nostra salute, non l’ultima! Sfortunatamente, dato che è ancora un mercato illegale, non abbiamo dati su quante persone usano le differenti vie di accesso”.
Per quanto riguarda il reperimento del farmaco, Zara ci fa notare come i pazienti con patologie a lungo termine preferiscano l’autoproduzione per la continuità terapeutica e il controllo del prodotto, mentre al contrario, chi ne ha bisogno per periodi limitati prediliga invece il mercato nero. Il possesso è stato depenalizzato, mentre la pena per la produzione è più alta delle sanzioni per la vendita. Una contraddizione normativa che riscontriamo anche in Italia, un favoreggiamento implicito al mercato nero.
“In Messico – continua Zara – il mercato illegale offre qualsiasi cosa tu abbia bisogno, dalla cannabis di buona qualità, però cara, alla cannabis commerciale molto economica.

Prima in Messico c’erano pochi autocoltivatori, però negli ultimi anni abbiamo avviato un processo di tutela legale sino la Corte Suprema di Giustizia Nazionale e c’è stato il boom dell’autoproduzione a uso personale. In quarantena ho notato che molte persone hanno postato sui social le loro piante. Stare a casa può avere alcuni benefici come quello di dare maggiori attenzioni alle nostre piante. Anch’io sono molto grata per aver ottenuto un permesso legale che mi permetta di tenere a casa le piante che voglio io per il mio uso personale. Ad ogni raccolto noto un miglioramento sostanziale come grower”.
Dopo l’approvazione della commercializzazione di derivati come il CBD nel 2017, il Messico ha avanzato un disegno di legge per la legalizzazione, o meglio, per la liberalizzazione del THC, nuovamente slittata. Secondo lei come e quando avverrà e quali sono i punti dove le fazioni politiche non sono d’accordo?
“La legge sulla cannabis medica è stata approvata nel 2017 e ha permesso solo l’importazione di prodotti con meno dell’1% di THC. Successivamente, nell’ottobre 2018, abbiamo raggiunto giurisprudenza della Corte Suprema di Giustizia della Nazione, dove hanno inviato un mandato diretto al Senato e alla Camera dei Deputati per legiferare in materia tra un anno. Il termine per legiferare è stato rinviato due volte e ora hanno tempo fino al 15 dicembre 2020 per approvare una legge. Questa è una data fissata, che non può essere rimandata ulteriormente. Il processo legislativo è andato avanti prima della pandemia: le Commissioni Giustizia, Salute e Studi Legislativi del Senato hanno approvato un progetto di legge il 4 marzo 2020. Quindi stiamo lavorando su questo documento avanzando suggerimenti per le modifiche. Possiamo credere che passata la proposta di legge al Senato sarà approvata anche dal Congresso. Quando il parere è stato votato solo il PAN, il partito più conservatore, ha votato contro”.
In diversi sondaggi gli italiani si sono dichiarati favorevoli alla legalizzazione. Qual è l’opinione pubblica su questo argomento in Messico?
“L’opinione pubblica è cambiata sostanzialmente negli ultimi cinque. L’accordo dei cittadini si rileva dai sondaggi dove l’86,6% degli intervistati è favorevole alla legalizzazione. Ma l’uso da parte degli adulti è più complesso, le indagini indicano solo il tra il 58 e il 37% di favorevoli. Il risultato dipende dai termini delle domande somministrate.
Il Messico sta intraprendendo una nuova strada verso la regolamentazione della cannabis, noi saremo il terzo paese del mondo normale per l’uso da parte degli adulti (dopo Uruguay e Canada), ma potremmo essere il primo paese a regolamentare con un approccio di giustizia sociale e di riparazione. Invece di pensare nella creazione di un nuovo mercato legale parallelo al mercato illegale, vogliamo far transitare le persone e le comunità che sono state nell’illegalità alla legalità. Per questo il parere prevede che il 40% delle licenze di coltivazione siano messe a disposizione alle comunità a cui sono state “sradicate”.
Questa legge avrà impatti positivi sul Messico. Il mio lavoro è di fare in modo che ciò avvenga. La mia organizzazione, RIA Institute, e la coalizione che abbiamo formato, #RegulationForPeace, ci permettono di lavorare sodo affinché questo paradigma passi dal proibizionismo alla regolamentazione, contribuendo alla costruzione della pace in Messico”.
In conclusione possiamo dire che si può soltanto imparare molto dal confronto con gli altri Paesi, fino ad accorgerci che realmente “tutto il mondo è paese” e la nostra città è il Mondo! Da persone cosi carismatiche e determinanti si può apprendere innanzitutto il coraggio di vivere e la forza per non vergognarsi mai delle proprie scelte.