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La lezione di SanPa

Questo inizio d’anno particolare, ricchissimo più che mai di buoni propositi e speranze per il futuro, si è aperto con una discussione che non ti aspetti. A scatenare una riflessione storica, ma anche sociologica, ci ha pensato la riuscita docu-serie prodotta da Netflix, SanPa, sulla nascita e il declino della comunità di San Patrignano. In molti – giornalisti, influencer e politici – si sono ritrovati a confrontarsi sull’approccio alle droghe nel nostro Paese.

Già solo per questo bisognerebbe gridare al miracolo. Perché, si sa, in Italia parlare di droghe in maniera laica e senza approcci ideologici e politici, è praticamente impossibile. Ovviamente l’interesse per il documentario su San Patrignano ha smosso i più per un semplice e banale istinto voyeuristico e di ricerca del torbido, ma è stato capace di far ragionare anche sulla capacità di uno Stato di saper affrontare un problema seriamente.

Perché negli anni ’80, nel nostro Paese, il problema della droga era davvero serio. Eroina e cocaina – probabilmente iniettata in maniera ‘scientifica’ per calmare gli animi troppo ribelli dei ragazzi degli anni ’70 – erano diffusissime da nord a sud. Ma lo Stato non aveva la volontà o gli strumenti per poterlo affrontare con convinzione. Anzi, con la solita rabbia con cui si affrontano gli emarginati in Italia, si è preferito far finta di niente, nascondendo la polvere sotto il tappeto. Si è arrivati ad accettare, anche di buon grado, che i ragazzi più fragili potessero essere reindirizzati sulla giusta strada con ogni mezzo, pur di non averli più fra i piedi. In quegli anni, i tossici aumentavano e davano fastidio, facevano disordine e mettevano paura. I più giovani non possono ricordare il senso di impotenza diffuso fra i genitori senza armi che non sapevano come proteggere i propri figli o quella pubblicità progresso che stigmatizzava i malati di Aids con quell’odioso contorno viola.

Ben venga quindi il metodo Muccioli per toglierci un problema che non sapevamo affrontare. Se non fosse che questo metodo e il suo fondatore, essendo l’unica alternativa possibile, sono diventati più famosi e influenti di quanto ci si potesse immaginare, tanto da riuscire ad indirizzare anche le leggi sulle droghe. Non è un segreto che la nascita della Iervolino – Vassalli, che ha inasprito le sanzioni e ha riempito le carceri (e la comunità di San Patrignano), fosse ispirata proprio da Muccioli. Il padre di Sanpa rappresentava un modo di affrontare le dipendenze e le proibizioni, ma non era il solo metodo esistente: rimangono nella storia gli scontri in tv con Pannella che aveva una visione diametralmente opposta, soprattutto riguardo alla cannabis (e che con i radicali è riuscito, col referendum del ’93, a cambiare in parte la legge in vigore). Ma in quel periodo, lo ripetiamo, sembrava non esserci un’alternativa: o ce la facevi da solo o entravi in comunità. E se ti rivolgevi al nostro Sistema sanitario ti ‘curavano’ con il metadone, col valium o con l’elettroshock.

Sono passati tanti anni, tante leggi pessime sono state superate, come la Fini-Giovanardi, e molti passi avanti sono stati fatti nella cura e nella prevenzione. E se un documentario contribuirà a far partorire una buona e nuova legge organica sulle droghe non potremo che esserne contenti, anche perché l’uso della cocaina e dell’eroina, oggi in Italia, non è affatto un ricordo. 

Altrove, nel mondo, le politiche sulle droghe si sono evolute e hanno mostrato scientificamente che il proibizionismo ha fallito ovunque. Nuovi approcci, quindi, devono e possono essere vagliati, soprattutto nel mondo, pieno di pregiudizi, della canapa. Se anche in un Paese come gli Stati Uniti, che per storia e mentalità sono lontanissime da ogni apertura, non c’è più timore a parlare esplicitamente in Parlamento di legalizzazione della cannabis a livello federale, c’è speranza davvero per tutti. 

Succederà anche nel vecchio Continente. Seppure molto in ritardo, l’Europa sarà inevitabilmente e fortemente condizionata dalle decisioni prese oltreoceano, e in parte già è successo. Lo abbiamo visto con le decisioni prese dall’Onu sulla cannabis terapeutica, in cui la politica ha dovuto far un passo indietro rispetto alla scienza che ha fornito studi, dati e certezze. Succederà ancora perché ormai un processo si è innescato; perché, forse, abbiamo imparato dai nostri errori passati. Perché è ora di andare avanti. Bisogna farlo senza rimanere imbrigliati in vecchi sistemi e mentalità superate e affidarci alla scienza, proprio come stiamo facendo per lasciarci alle spalle il Covid. Vogliamo credere, come ci ha detto Lorenza Romanese, direttore generale dell’EIHA, l’Associazione europea della canapa industriale, che il ‘2021 sarà l’anno della canapa’. Anche in Italia.

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