Un mese fa si chiudevano le liste e iniziavamo seriamente a pensare quale partito poter votare, per frenare l’ondata sovranista, nell’amara consapevolezza che il progressismo, quello che guarda oltre le elezioni, deve forse ancora fiorire. I semi gettati negli anni passati però, da individui che hanno lottato per la libertà e i diritti, sono certamente cresciuti, almeno fuori dal nostro parlamento: le mobilitazioni di questi anni, a partire dal lavoro fatto da Meglio Legale insieme alle rete delle associazioni antiproibizioniste, ci ha portato un anno fa a raccogliere più di 500.000 firme in una settimana sul referendum cannabis. Perchè parto dal fuori palazzo? Perchè servirà, se i risultati lunedì non smentiranno i sondaggi che vedono avanti la destra, la voglia di resistere con ogni mezzo, in particolare i mezzi della democrazia partecipativa messi a disposizione dalla nostra costituzione.
Questa campagna elettorale non è stata particolarmente emozionante, il passo avanti della parte sinistra dei partiti c’è stato perchè la cannabis è stata inserita in molti programmi, peccato solo che siano le elezioni sbagliate per sperare di poter governare la materia.
Facciamo una sintesi dello scacchiere politico rispetto alla cannabis:
La coalizione di centro sinistra è composta da Partito Democratico, Verdi-Sinistra Italiana, +Europa con Emma Bonino e Impegno Civico di Di Maio. Nell’ordine, il Partito Democratico non si è mai espresso nella figura del suo segretario Enrico Letta, ma all’interno del programma presenta l’auto coltivazione di cannabis per uso personale. Alcuni esponenti del primo partito di sinistra in questi mesi hanno partecipato alle manifestazioni pubbliche sul tema, ma bisogna fare ancora un passo di consapevolezza. Verdi-Sinistra Italiana hanno inserito nel programma la regolamentazione della produzione, distribuzione e vendita per gli adulti con un modello di creazione di filiera produttiva di piccole imprese locali. +Europa con Emma Bonino vista la parte radical-liberale che c’è all’interno del partito è la forza politica che inserisce con maggior sicurezza la regolamentazione della cannabis e la riduzione del danno nel programma, a partire dalla necessità di avere una legge sull’auto coltivazione. Non pervenute invece le posizioni del nuovo partito di Di Maio.
Il Movimento 5 Stelle inserisce la regolamentazione della cannabis nel programma, parlando di lotta alle mafie e salute, anche se il leader Giuseppe Conte non ha mai toccato l’argomento in questa campagna elettorale, mentre nel 2018 era un tema spinto maggiormente.
Azione, e quindi Carlo Calenda, si augurano una ‘depenalizzazione con multa a 100 euro’, per riprendere le parole dell’ex Ministro dello Sviluppo Economico intervistato qualche giorno fa a LaZanzara, da Cruciani e Parenzo. In passato il leader di Azione si era dimostrato aperturista, ma al momento c’è uno stallo sul tema, o una preferenza a non trattarlo. Lo stesso possiamo dire per Matteo Renzi e Italia Viva, che non toccano minimamente il tema all’interno del loro programma.
La coalizione di centro destra la conosciamo: su questa tema sono uniti e compatti, così come su tutti i temi identitari che riguardano da vicino la vita delle persone. La Lega è rappresentata da Matteo Salvini che durante questa campagna elettorale sta contrapponendo il servizio militare alla legalizzazione della cannabis, reputando quest’obbligo sicuramente migliore perchè formativo. La solita retorica dell’obbligo contro la libertà, dell’essere schiavi preferito all’essere responsabili. Segue Fratelli d’Italia che non ne vuole sentire parlare di legalizzazione, e che considera spacciatori di droga qualsiasi tipo di persona utilizzabile per i loro fini ideologici. Forza Italia all’interno del suo programma ci offre nostalgie Reaganiane con lo slogan del: “combattere spaccio e droghe con ogni mezzo”, senza ricordare che è già stato fatto in questi ultimi 60 anni, senza successo.
Se i sondaggi saranno confermati però, sarà meglio prepararsi alla resistenza.