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Cannabis terapeutica, una filiera italiana? Porterebbe (tante) risorse e posti di lavoro

Il processo ha un nome, si chiama new canapa economy, ed è una tendenza acclarata in atto in Italia. E’ la coltivazione di cannabis sativa, una pianta dagli utilizzi variegati e decisamente green, a partire dalla bioedilizia fino ad arrivare alla nutraceutica, alla cosmesi e al tessile. Nel giro di pochi anni, evidenzia Coldiretti, si è passati da 400 ettari coltivati nel 2013 a sfiorare i 4000 come previsto per il 2018.

Accanto alla produzione agricola di questa specie, ce n’è una altrettanto vantaggiosa e che riguarda la cannabis terapeutica, ottenuta dalle inflorescenze della pianta della varietà indica, simile dal punto di vista botanico alla sativa, la cui coltivazione aveva portato l’Italia negli anni Quaranta del secolo scorso ad assurgere al ruolo di secondo produttore mondiale con 100mila di ettari coltivati.

Cannabis terapeutica, la situazione in Italia e l’import dall’Olanda

E’ risaputo che in Italia i prodotti a base di cannabis terapeutica – che sono prescrivibili solo dal medico – trovano impiego, spiega il ministero della Salute, “nella terapia del dolore per gravi patologie quali la sclerosi multipla e le lesioni midollari, ma anche nella cura dei tumori per alleviare i sintomi causati dalla chemio e radioterapia”. I benefici sono tanti. Per questa ragione la richiesta è alta non può essere soddisfatta dalla produzione nazionale. L’import dai Paesi Bassi, principale produttore a livello europeo, è aumentato di oltre il 50%. Va ricordato che, in Italia, l’unico ente autorizzato alla produzione è l’Istituto Chimico Farmaceutico militare di Firenze.

Da qui lo stimolo di Coldiretti di incentivare la coltivazione in Italia. La Confederazione nazionale dei coltivatori diretti stima che il beneficio economico generato dalla produzione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti sarebbe in grado di garantire un business da 1,4 miliardi di euro e almeno 10mila posti di lavoro generati lungo tutta la filiera.

La richiesta di Coldiretti: pronti per la coltivazione in casa

“Posto che siamo ben consapevoli che rientra nelle sostanze psicotrope – spiega Stefano Masini, responsabile nazionale della Coldiretti – l’Italia ha una particolare conoscenza dal punto di vista agronomico: il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria ha sperimentato particolari azioni di selezione mirate. I presupposti per la sua coltivazione ci sono tutti: per questo è nostra intenzione presentare una richiesta al Governo per valutare le condizioni obiettive subordinate alle quali sia possibile coltivare, in ambiente protetto e in condizioni di sicurezza, la coltivazione del prodotto”.

Sia le infrastrutture che le competenze, in Italia, ci sarebbero tutte: “In Liguria – spiega Masini – esiste un allestimento di serre che potrebbero essere convertite e trasformate adeguatamente. Andrebbero stipulati dei protocolli di rischio specifici. Con la Pubblica amministrazione potremo definire appositi programmi di lavoro e di approfondimento per valutare forme di prevenzione e regole precauzionali. I vivaisti italiani in parte conoscono già la cannabis per uso alimentare e in ogni caso vantano una profonda conoscenza di floricoltura in serra”.

Davanti a tanta chiarezza, quale sarà la posizione del governo italiano?

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