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Padagri, una cooperativa bio per una filiera della canapa

Con un sorriso Augusto Cibotto, presidente della Coop. Padagri, ci riceve presso la sua sede, assieme ai tre membri del suo consiglio direttivo.

Ci racconta che Padagri è una società cooperativa con sede in Monselice, la cui storia è ventennale, ma che solo di recente si è avventurata nel mondo del biologico, conservando sempre i seri principi operativi che la collocano in vetta alla classifica delle cooperative che sperimentano e promuovono l’innovazione nel mondo dell’agricoltura.

85 soci, una superficie distribuita tra le provincie di Padova, Rovigo, Venezia, Verona, Vicenza, Ferrara, Mantova, con un complessivo ettarato di ca. 800 ettari di colture cerealicole, industriali e orticole, Padagri nel 2018, a seguito della pubblicazione della L.S. 242/2016, ha attuato un programma di produzione sperimentale di canapa, con un gruppo di aziende agricole prevalentemente nel territorio padano veneto.

Contemporaneamente a tale attività la società è risultata aggiudicataria da parte della Regione Veneto di un progetto di ricerca nell’ambito della misura 16 del PSL del Gal Patavino, rivolto alla verifica dei metodi di femminilizzazione della canapa, e volto a definire un protocollo di produzione di semi femminili delle varietà dioiche.

Presidente, come considera l’esperienza di Padagri nel settore della canapa?

E’ stata un’annata impegnativa! Il contesto di riferimento, soprattutto di mercato, ha presentato una grande variabilità ed instabilità. L’imprenditore agricolo che ha intrapreso questo percorso aveva inizialmente a disposizione uno scenario che si presentava piuttosto roseo ma alla fine dei conti ha tradito le aspettative. Di fatto il nostro prodotto nazionale è compresso tra opportunità e limitazioni, risente fortemente della concorrenza del prodotto proveniente dai mercati dell’Est ed extracomunitari, che hanno assetti molto diversi e godono di vantaggi economici derivanti da minori costi e da incidenza molto limitata della manodopera, dando luogo a fenomeni di dumping commerciale che non consentono di generare una concorrenza leale. Il 2018 è servito come prima opportunità per capire il mercato, ci stiamo organizzando per una nuova annata di produzione.

Quali sono i numeri della vostra cooperativa?

I nostri produttori sono costituiti da piccole, medie e grandi aziende, e quindi possiamo puntare su metodi di produzione che possono andare dal biologico al convenzionale e dalle produzioni indoor alle outdoor, dando così luogo a sbocchi di mercato molto differenziati, secondo quanto prevede la L.S. 242. Nel 2018 abbiamo dato luogo ad una serie di esperienze che hanno interessato ca. 10 ettari di produzione, distribuiti su 4 province. I nostri produttori hanno normalmente coltivato da 3.000 a 20.000 m2 ciascuno di canapa, con risultati che possono essere sintetizzati nella seguente tabella: le prime fasi di coltivazione sono state realizzate partendo da  una ricerca bibliografica approfondita e dalla consultazione diretta di un consistente numero di growers, oltre che da affiancamento e stretta collaborazione con l’Università di Padova, in particolare con il Prof. Stefano Bona, che assieme alla società di consulenza che ci ha affiancato, T.E.R.R.A. consulting srl, ed il nostro gruppo di tecnici interni della cooperativa, ha orientato le scelte e attuato un sistema di monitoraggio sui principali parametri colturali, e sulla qualità del prodotto finale in particolare le concentrazioni di THC e CBD, per poter verificare i fenomeni di accrescimento e sintesi, la loro dinamica e verificare l’efficacia della tecnica agronomica adottata.

L’assenza di linee guida certe ha portato ad una applicazione di scelte empiriche e dettate da esperienza in indoor non sempre si sono rivelate opportune. La stessa esperienza di coltivazione oggi esistente sul nostro territorio, derivata prevalentemente da esperienze su piccolissime partite e non sempre ricavate da esperienze produttive agricole, ha evidenziato delle notevoli lacune, che richiedono fasi di approfondimento e di valutazione che a mio parere saranno complesse e di lungo periodo, perché è una coltura difficile, con risposte a stati di stress multiple e molto differenziate. Inoltre il materiale genetico oggi disponibile non sempre rispecchia standard ben definiti e caratteri varietali inequivocabili.

Quali sono le tecniche agronomiche adottate e le destinazioni principali del vostro prodotto?

In linea di massima i produttori che si sono organizzati per produrre seme, con una tecnica diversa da quella sopra indicata, utilizzando ca. 16 – 20 kg di seme per ettaro, semina a file continue distanti 8 – 12 cm, hanno prodotto ca. 400 – 600 kg di seme essiccato, destinato a macinazione e/o spremitura.

Per le altre produzioni, stiamo notando un interesse crescente verso i prodotti destinati alla cosmesi e al settore erboristico, ma queste filiere possono partire solamente se in presenza di impianti di trasformazione industriali per l’estrazione in purezza del CBD. Questa risulta essere una  alternativa di mercato che si sta evidenziando in modo inequivocabile, anche se ancora in fase iniziale. In questo settore emerge in modo evidente la necessità di proteggere le produzioni nazionali, più controllate dal punto di vista fitosanitario e dove gli agricoltori sono inclini ad una scarsa utilizzazione di fitofarmaci,  dalle produzioni dei paesi confinanti. Le infiorescenze prodotte in queste ultime, risultano avere migliore qualità estetica e di sanità in generale, ma perché normalmente associabile all’uso di molecole di sintesi che in Italia non sono ancora registrate sulla Canapa e quindi sono vietate. Consideri che, anche gli agricoltori della nostra cooperativa che aderiscono al regime di produzione biologica, hanno evitato di utilizzare alcuni prodotti quali il rame, perché volevano evitare la presenza di residui di alcun genere nel prodotto finito.      

Il mercato è sicuro?

Il mercato nel 2018 si è connotato per una incertezza rilevante e per prezzi molto altalenanti ed influenzati da richieste internazionali che si approvvigionano in stati (Slovenia, Romania, Ungheria) in cui il costo di produzione è di gran lunga inferiore rispetto a quello italiano. Sull’altro piatto della bilancia va invece messa la sicurezza fitosanitaria che il nostro prodotto presenta assenza di residui chimici, esistenza di un percorso di tracciabilità ed un  sistema di controllo molto efficace che i nostri organi di vigilanza stanno compiendo. Questi aspetti devono emergere e devono dare luogo ad un differenziale di valore, dato che non si può continuare a confrontare produzioni totalmente diverse facendole convogliare in un unico mercato. Le differenze devono pagare gli sforzi attraverso la trasparenza completa dell’intera filiera di produzione.

Esperienza positiva quindi?

In linea di massima possiamo dire che l’esperienza sia stata positiva per il momento, anche se molti sono gli aspetti su cui dobbiamo ancora lavorare. Identità genetica e qualità delle sementi,  messa a punto della agronomica su grandi superfici di coltivazione, definizione degli standard di essiccazione (curve di essiccazione), definizione dei metodi e delle attrezzature per l’essiccazione di grandi quantità di prodotto, scelta dei prodotti fertilizzanti e  fitosanitari volti a limitare gli stati di stress delle piante, costruzione di curve evolutive dei valori di THC per singole varietà, identificazione e disponibilità di protocolli per la produzione standardizzata e industriale di seme femminilizzato sono solo alcune delle linee di ricerca e indagine su cui bisognerà  concentrarsi nel prossimo futuro. Contiamo che alla fine del nostro progetto di ricerca sulla femminilizzazione dei semi di varietà dioiche, denominato Hempyric female, attesa per fine 2019, avremo a disposizione del materiale genetico interessante per limitare le fasi colturali più impegnative, quali l’eliminazione dei maschi nelle dioiche, ottenendo da una parte un notevole risparmio di manodopera e dall’altro  un incremento delle concentrazioni di CBD, e quindi dell’indicatore in grado di elevare il valore della biomassa prodotta. Il lavoro è lungo, duro, ma entusiasmante e contiamo in un miglioramento progressivo della nostra specializzazione, per dare valide e durature alternative in un momento in cui il sistema agricolo ha poche certezze e subisce concorrenza e pratiche sleali.

varietà utilizzateDioiche: Finola, Kompolti, Carmagnola cs, tizirbollasi, AntalMonoioche: Futura 75modalità di seminaSeminatrice/pacciamatrice pneumaticaSeminatrice pneumatica
Epoca di semina I° RAprile/MaggioDensità di semina7 – 11 semi/m2
Epoca di semina II° RGiugno/LuglioDensità di coltivazione1 – 4 piante /m2
Epoca di raccolta I° RAgosto/settembreirrigazioneAspersione, manichetta
Epoca di semina II° ROttobre/novembreDistanza tra le file45 – 75 cm
Quantità di seme utilizzato alla semina1,5 – 4 kg/haDistanza di semina sulla fila13 – 26  cm
Prodotto raccolto (parte verde, foglie e infiorescenze essiccate)150 – 600 kg/haModalità di essiccazioneCamera oscura, T°C 20 – 23 °C, ricambi d’aria ca. 30/h, umidità 55 – 60 %

Intervista a cura di Andrea Salvagnini, Augusto Cibotti, Stefano Bona

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